Titolo internazionale | Sentimental Education |
Anno | 2013 |
Genere | Drammatico, |
Produzione | Brasile |
Durata | 84 minuti |
Regia di | Júlio Bressane |
Attori | Josie Antello, Bernardo Marinho, Débora Olivieri . |
Uscita | giovedì 10 marzo 2016 |
Tag | Da vedere 2013 |
Distribuzione | Zomia Cinema |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 3,25 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento mercoledì 9 marzo 2016
Áurea, un'insegnante solitaria, avvia una singolare relazione con un giovane che ha conosciuto per caso.
CONSIGLIATO SÌ
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Come nel mito di Endimione, la capacità di soffermarsi a contemplare la manifestazione divina è ancora la capacità di preservare la sensualità ingenua dell'essere umano. La luna come essere androgino - femminile in relazione al sole, maschile con la terra - si staglia luminosa e fragile in un cielo terso. Dea e donna, è il tramite silenzioso degli uomini con gli dei.
Un uomo incontra per caso la sua ninfa/maestra che parla e ricorda, in un flusso mnemonico di richiami ancestrali, di come col tempo gli uomini abbiano smarrito la sensualità per rimpiazzare il desiderio con la pornografia emozionale. La conversazione e la struttura narrativa si presentano come i frammenti di un testo, "un organismo intellettuale e artistico che attraversa varie discipline". Dove non arriva l'immagine filmica di Bressane ci pensano le parole e i manoscritti di autori, filosofi e pensatori, che hanno lasciato in eredità riflessioni sulla natura più intima dell'essere umano. Quella stessa profondità scoperta da Endimione con Selene, e subito persa quando Zeus scopre la natura proibita degli amanti.
Leitmotiv del film è il risveglio dal torpore in cui è inesorabilmente piombato lo spettatore, apatico nel percepire il mondo. Aurea e Aureo sono i protagonisti di una discesa agli inferi consapevole, due metà distanti una lettera. Il gioco di parole a rimettere (per principio di somiglianza) al parallelo con l'Aura benjaminiana, svilita e svanita dietro la perdita del processo creativo. Il simulacro di una porcellana come mezzo che traghetta alle origini e alla commistione tra le arti, induce alla riflessione sull'uomo e sulla sua opera, che sia essa cinematografica, teatrale o pittorica. Sarà quindi nell'unicità di un gesto, nella traduzione del canto di un usignolo, che l'uomo potrà riemergere dal voyeurismo autoreferenziale in cui è piombato nell'epoca della riproducibilità.
La macchina da presa ora immobile in mezzo alla stanza, ora nascosta dietro un drappeggio o un mascherino, è come uno spettatore indesiderato in un gioco di velati riferimenti al teatro e alla pittura - Frida Kahlo sovrasta la scena con sguardo severo sugli amanti. Ed è sulla luce che si gioca il parallelismo con un cinema ritrovato: l'evocazione di un "Tabu" (Murnau) avviene col gesto della pellicola che scorre tra le dita come una reliquia trasparente, simbolo di un cinema che non c'è più, sparito "dietro l'opacità del digitale". A scardinare ancor di più il mero citazionismo, un boom entra in campo a sottolineare l'importanza del canto degli uccelli in questo giardino dell'eden inviolato, auspicio di una nuova vicinanza con l'altro, anelato, toccato o appena sfiorato.
Tuttavia, l'arrivo a questo grado di sensibilità conduce Aura a sentire la fisicità come un peso, con la stessa esasperata coscienza che, dolorosa, si ripercuote ne gesti convulsi di una danza ipnotica, un "contact" gutturale. La metafora racchiusa nel dialogo porta l'irrequietezza del corpo, obbligato a liberarsi dal peso della propria consapevolezza con un ballo che si fa man mano più spasmodico e carnale. Auro sarà costretto a partecipare al movimento della musa per salvarla da un ciclo altrimenti destinato a perdersi. Il continuo richiamo alla morte - "Non mi sentii mai così bene come quando credetti di morire" - sottintende la totale mancanza di poesia laddove non ci sia accettazione della caducità del proprio essere. Un idillio in cui l'unica minaccia - anch'essa donna - giunge in veste di madre dell'uomo. Una persona pragmatica nei gesti e risoluta a spezzare la magia del giardino incantato con la sua pornografia verbale. Invitata poi dalla "Dea" Aura a recarsi altrove, la Madre lascerà dietro di se due amanti trasfigurati in automi, persi dietro gesti ora vuoti. Infine gli sguardi fuggevoli s'incontreranno di nuovo, a sfatare la maledizione del voyeur compulsivo nascosto dietro il buco della serratura.