Titolo originale | Duch, le maître des forges de l'enfer |
Anno | 2011 |
Genere | Documentario |
Produzione | Francia |
Durata | 103 minuti |
Regia di | Rithy Panh |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 3,00 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento martedì 29 gennaio 2013
Il documentario di Rithy Panh è stato presentato al Festival di Cannes 2011 fuori concorso. Il film ha ottenuto 1 candidatura a Cesar,
CONSIGLIATO SÌ
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Tra il 1975 e il 1979 il regime dei Khmer Rossi causò in Cambogia la morte di circa un milione e ottocentomila persone, cioè un quarto dell'intera popolazione. Kaing Guek Eav; più conosciuto come Duch era a capo della prigione M13 in cui vennero torturate e uccise almeno 12.380 persone senza che in questo calcolo rientrino coloro i cui corpi furono fatti scomparire senza lasciare traccia. Nel 2009 Duch è stato il primo leader dei Khmer Rossi a comparire dinanzi alla Corte Straordinaria istituita in Cambogia.
La forza dei documentari di valore sta non tanto nella scelta delle immagini con cui sostenere una tesi o un'intervista quanto piuttosto nella capacità di far emergere più dal non detto che da quanto viene esplicitamente affermato le verità più profonde e sostanziali. È quanto riesce a fare Rithy Panh in questa lunga intervista a uno dei maestri del massacro strutturato e portato a termine sotto la guida di Pol Pot.
Quest'uomo apparentemente esile e dall'eloquio pacato e dai modi gentili è colui che si è macchiato di crimini aberranti ed è proprio dall' apparente mitezza che emerge con forza dirompente la morbosità del Male. Duch, come tanti altri perpetratori di crimini prima di lui nella storia, afferma la sua fede assoluta nella dottrina Khmer così come il suo culto per la disciplina e la gerarchia. Quando però scende nel dettaglio della sua attività quotidiana (non senza aver rivendicato la sua professionalità di insegnante) si aprono quegli squarci di orrore che solo un documentarista esperto può riuscire a far emergere.
Duch afferma con la massima tranquillità di aver sempre dato disposizione ai suoi uomini di torturare senza però far morire le vittime prima che avessero confessato e nega di aver mai assistito ad atti di violenza e, comunque, di aver costruito una sorta di isolamento psicologico nei confronti del dolore altrui. A un certo punto però emerge una sua rivendicazione che lo fa sembrare orrendamente simile a un impiegato zelante. Ricorda cioè di aver ricevuto l'ordine di riesumare un cadavere perché i superiori volevano constatare l'effettiva morte di un avversario politico. Duch manifesta tutta la sua riprovazione per questa disposizione: come si permettevano i capi di mettere in dubbio la scrupolosità del suo operato e la veridicità dei suoi rapporti? In quel momento nei suoi occhi di funzionario della morte si accende una luce che Panh sa cogliere.