Titolo originale | L'avocat |
Anno | 2010 |
Genere | Thriller |
Produzione | Francia |
Durata | 101 minuti |
Regia di | Cédric Anger |
Attori | Samir Guesmi, Olivier Loustau, Aïssa Maïga, Barbet Schroeder, Gilbert Melki Gilles Matheron, Benoît Magimel, Jean-Claude Dumas, Vincent Demoury, Jeanne Corporon, Éric Caravaca. |
MYmonetro | 2,00 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 2 agosto 2010
CONSIGLIATO NÌ
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In quel preciso periodo della vita, dove l'illusione di aver conquistato il successo annacqua i valori etici di onestà e moralità, il rischio di perdere di vista le 'buone intenzioni' è sempre lì ad aspettarci. Quando il giovane avvocato Leo, fresco dell'entrata in uno studio legale prestigioso, comincia ad intraprendere il suo personale percorso professionale, si imbatte in un cliente difficile, Paul Vanoni, malavitoso dal passato poco edificante. Inizialmente titubante ma voglioso di denaro e popolarità, Leo si lascia sedurre dai luccichii del mondo edonista di Vanoni e decide di difenderlo in una causa. Ottiene la vittoria del processo, ma piano piano scopre i retroscena inquietanti del personaggio e, quando decide di rivolgersi alla polizia, sembra essere ormai troppo tardi.
Ci sono storie di ordinaria schizofrenia in molte vite di giovani avvocati. Da un lato la perfezione di un marito amorevole e di un professionista incorruttibile, dall'altro la contaminazione con un mondo estraneo alla legalità. Fatti di cronaca quotidiana ci raccontano come ciò che sembra nasconda spesso un risvolto inquietante. Il film di Cédric Anger sta in equilibrio su quel filo sottile che unisce gli opposti, rappresentate dalle due vite diverse di Leo; due mondi che prima rimangono separati tenendo tesa quella corda, poi si avvicinano fino ad unirsi, tenuti insieme da un legame poco sicuro, che potrebbe spezzarsi da un momento all'altro. Vecchi racconti cinematografici del passato - Carlito's Way e Il padrino - hanno scelto di farci scoprire il mondo dei clan criminali attraverso la figura di un personaggio tormentato, indeciso se sottostare completamente a quelle regole o continuare a fare la propria vita 'normale', meno adrenalinica ma più vicina alle regole del buon vivere in società. Per negare una divisione manichea tra bene e male, e scavare in quel confine, il regista, anche autore della sceneggiatura, sceglie uno stile semplice, privo di fronzoli: la macchina da presa segue i personaggi con un certo distacco, documentando azioni e pensieri (a volte chiariti dal monologo interiore del protagonista) senza dare giudizi morali. Il codice del genere thriller viene rispettato e onorato. A supportare lo smarrimento interiore di Leo, si aggiunge la forza dei dialoghi, parole su parole che confondono e incatenano in una stretta senza via d'uscita. "Mai diventare amici dei clienti" è la regola numero uno dell'avvocatura. Non rispettarla significa, irrimediabilmente, mettersi nei guai.