The Arch

La lettura di Viaggio intorno alla mia camera di Xavier de Maistre ispira l’architetto italiano Davide “Dada" Brambilla a riflettere sui concetti di spazio, tempo, libertà. Parte quindi per l’Australia, prima tappa di un giro del mondo in cui fa visita a diversi colleghi. In ogni città scopre gli edifici all’avanguardia e discute del futuro dell’architettura e del suo ruolo nella creazione di stili di vita più sostenibili.

Scritto da Alessandra Stefani, Riccardo Romani e Roberto Farneti, The Arch. (abbreviazione di “architetto” ma anche di “arco”, come struttura originaria, fondativa) utilizza il noto espediente del protagonista, qui anche voce narrante, che fa da guida per lo spettatore attraverso i temi e i luoghi della sua ricerca, estesa a tutti i continenti.

Alla voce e al corpo di Dada, definito sin dalle prime scene da una ricercata affettazione, è interamente affidata questa esplorazione tra alcuni avanguardisti della progettazione. In smoking d’ordinanza questo viaggiatore cosmopolita passeggia per il centro delle città, sulle spiagge, fino alla Muraglia cinese o sulla piramide Maya di Kukulkan, incontrando suoi omologhi eccellenti.

Tra un appuntamento e l’altro “legge” le metropoli con un approccio estetico, sensoriale, privo di pregiudizi, in cerca dello spirito dei luoghi e dell’apporto delle recenti costruzioni sul contesto preesistente. Intervista Glenn Scott dello studio Hassell + Populous di Sydney e Sue Carr del Carr Design Group sul quartiere portuale Darling Harbour e sulla nuova università cittadina; Wu Ren Wang, presidente del Citic Group che possiede la Citic Tower, edificio più alto di Pechino progettato dallo studio statunitense KPF.

A Seoul osserva Centropolis, grattacielo costruito da Dae-Hong Minn (SMPD) di Chicago. A Berlino dialoga con Sven Fuchs dello studio Graft. In Georgia con Alexander Mezhevidze, tra gli autori delle Axis Towers, simbolo della moderna Tbilisi. A Toronto, Dermot Sweeney dello studio omonimo, Andrés Cajiga dello studio SMA di Città del Messico, infine Mario Cucinella sulla concezione del Polo chirurgico dell’Ospedale San Raffaele a Milano.

The Arch. sperimenta una forma che ibrida il documentario d’inchiesta, il servizio di moda e il road movie indie, in uno sforzo produttivo non comune, nell’ambito italiano (riprese in quattro continenti, con innegabile perizia tecnica). La macchina da presa indugia sui movimenti e sull’abbigliamento del suo Virgilio pavonesco, ma in particolar modo ai testi che “interpreta”, molto aulici, filosofici, di cui si avverte eccessivamente il carattere di scrittura.

Mentre le riprese delle città e degli edifici comunicano efficacemente le loro funzioni, su un’obiettiva ricezione del film grava l’artificiosità della cornice ma ancor di più la sproporzione stridente tra lo spazio occupato in campo e in voce dal protagonista e i contributi degli esperti intervistati. I quali, peraltro, evidenziano concetti non esattamente inconsueti, come la ricerca di materiali ecosostenibili che siano al contempo esteticamente gradevoli e durevoli, il risparmio di tempo umano come principio base di ogni nuova costruzione, o l’imperativo morale di chiedersi se esista una reale necessità di edificare. 