Si avvicina al cinema attraverso il giornalismo (scrisse per 'L'Opinion', 'Le Monde illustré' e fu redattore capo di'L' Eclair'). Nel 1915 inizia la sua attività di regista. Lavorerà fino al 1947 dirigendo più di 70 film. Non a caso il suo esordio avviene sotto l'egida del 'Film d'art': B. riteneva che il cinema non dovesse essere considerato un semplice e talvolta volgare divertimento e introduceva nelle pellicole da lui dirette un tocco di eleganza che, unitamente alla sua abilità di narratore, caratterizzò la sua vasta produzione. B. ha spaziato (come è ovvio per un regista prolifico) nei generi più diversi: melodrammi, film d'azione, drammi mondani e populisti, film di guerra. Molte delle sue opere erano adattamenti da testi letterari: da Loti trasse Ramuntcho (1919) e Pêcheurs d'Islande (Pescatori d'Islanda, 1924); da Balzac Le père Goriot (Papà Goriot, 1923), La duchesse de Langeais (Il marchio sulla carne, 1942), sceneggiato da Giraudoux; da Pierre Louÿs La femme et le pantin (Conchita, 1929), da Jules Verne un apprezzato Michel Strogoff (1936). Autore soprattutto di film commerciali, negli ultimi anni della sua carriera portò sullo schermo feuilleton come Les mystères de Paris (I misteri di Parigi, 1943) e RocamboIe (1946). Il figlio, Jean de Baroncelli, è stato critico cinematografico di 'Le Monde'.
Da F. Di Giammatteo, Nuovo dizionario universale del cinema. Gli autori, Editori Riuniti, 1996, Roma