Un’edizione che premia storie di coraggio, inclusione e sguardi originali sul presente.
Si è conclusa la 43ª edizione del Torino Film Festival, che ha visto la consegna dei premi collaterali dedicati a opere che si distinguono per il loro valore artistico, sociale e innovativo.
Il Premio Rai Cinema Channel, assegnato da una giuria di studenti della Scuola Holden coordinata da Rai Cinema e volto all’acquisizione dei diritti web e free TV per l’Italia, è stato conferito a 175 di Sepehr Nosrati. La giuria ha motivato la scelta sottolineando il “racconto in medias res, coinvolgente e immersivo in un'atmosfera claustrofobica di una porzione di realtà conflittuale dove pochi possono incidere sulle vite di molti”.
Il Premio Achille Valdata, destinato al miglior film del Concorso Lungometraggi e assegnato dai lettori di TorinoSette, è andato a Fucktoys di Annapurna Sriram. Secondo la giuria, il film si distingue “per la capacità di essere emotivamente potente, visivamente esplosivo e irriverente nei confronti della società del consumismo”.
Il Premio Occhiali di Gandhi, giunto alla quindicesima edizione e promosso dal Centro Studi “Sereno Regis” di Torino, ha premiato ex aequo Coexistence, My Ass! di Amber Fares e The Clown Of Gaza di Abdulrahman Sabbah. La motivazione della giuria ha evidenziato come entrambi i film trasformino “l’umorismo in atto di resistenza, capace di smascherare le contraddizioni di un conflitto e di illuminare l’oscurità della guerra con la forza semplice e universale del sorriso”. Una menzione speciale è stata inoltre attribuita a Bobò di Pippo Delbono, riconosciuto per “l’ascolto profondamente nonviolento dell’Altro e la disposizione a cambiare intimamente”.
Infine, il Premio Interfedi, promosso dalla Chiesa Valdese e dalla Comunità Ebraica di Torino con il patrocinio del Comitato Interfedi della città, è stato assegnato anch’esso a Bobò di Pippo Delbono. La giuria ha lodato il film come un “racconto di dignità ed inclusione, che, superando i giudizi di valore della società, dà voce a chi non l’ha avuta, trasformando l’invisibilità in presenza, l’esclusione in arte e la sofferenza in una testimonianza di umanità, resistenza e bellezza”.