Gli EFA ci consegnano un’Europa che grida “pace”, che guarda al Medio Oriente, che premia film che superano i confini.
di Giovanni Bogani
Il mondo penetra dentro il cinema. Perché la Storia entra dentro le stanze, come canta De Gregori. Anche in quelle dove si celebrano i premi del cinema. È entrata in pieno a Lucerna, fra i laghi e i monti della Svizzera, dove si sono celebrati gli Efa, gli Oscar europei.
Gli EFA celebratisi ieri sera, con il trionfo di Emilia Pérez, ci consegnano un’Europa che grida “pace”, che parla molte lingue, che guarda al Medio Oriente, che premia film che superano i confini. Confini di identità di genere – come nel caso del film che ha vinto – così come confini fra Stati. Come Mohammad Rasoulof, regista iraniano che dall’Iran se n’è dovuto andare via, clandestinamente, traversando il confine a piedi, dopo essere stato condannato a cinque anni di carcere per crimini “contro la sicurezza nazionale”. E quei crimini sono i suoi film.
Guarda al Medio Oriente, con il premio al miglior documentario per No Other Land¸ che racconta le violenze subite sistematicamente dai palestinesi in Cisgiordania, e il cui regista Yuval Abraham ha chiesto a gran voce un cessate il fuoco a Gaza: “Non c’è più tempo, non si può più aspettare: i governi devono chiedere un cessate il fuoco”. E poi ha puntato il dito sul governo israeliano, come già aveva fatto quando il suo film era stato premiato alla Berlinale come miglior documentario.
È la guerra l’ombra che si stende sui premi. Attrice palestinese con cittadinanza israeliana, Hiam Abbass, la protagonista del Giardino di limoni, che presentava il premio per il miglior film, dice: “Prima ancora che ai film, pensiamo ai bambini di Gaza che stanno morendo”. Chiudendo il cerchio con la prima dichiarazione, quella di Juliette Binoche, nuova presidente della European Film Academy dal marzo scorso, che dice: “Nessuno chiede scusa per le morti che sta provocando. Ma noi – e intende la comunità del cinema – dobbiamo resistere, resistere all’oscurità”.
Era anche la prima volta che la cerimonia di consegna dei premi si celebrava in Svizzera, a Lucerna, e in certo modo anche questa scelta prende un significato politico. Una città nel centro della Svizzera, che in mezzo all’Europa insanguinata da secoli è da secoli paese neutrale. Paese nel quale si incrociano più lingue: e la cerimonia di ieri sera sembrava un corso di Babbel, con switch istantanei dal francese all’inglese, dal tedesco allo spagnolo, dall’italiano allo svedese. L’Europa, sembrano dire gli EFA, è anche questo.
È una cerimonia nella quale si parlano davvero tutte le lingue occidentali – se non altro – e dove i film con il maggior numero di nomination sono l’opera di un regista spagnolo che ha girato in inglese (La stanza accanto di Pedro Almodóvar) e quella di un regista francese che ha girato in spagnolo (Emilia Pérez di Jacques Audiard).
Se aggiungiamo anche l’altro film con tre nomination, Il seme del fico sacro di Mohammad Rasoulof, ci accorgiamo che si tratta di tre film che hanno al centro della narrazione storie di donne. Sono donne coraggiose quelle di Emilia Pérez, prima fra tutte la protagonista, che si spoglia della sua virilità, della sua ferocia, e crea un’associazione di beneficenza per ritrovare i corpi delle vittime che ha massacrato.
Sono donne complici, che si tengono idealmente per mano nell’ultimo viaggio di una delle due, in quel film coraggioso e lucido sul fine vita che è La stanza accanto. E sono donne che hanno il coraggio di mettersi contro il patriarca, padre e marito, ragazze che hanno il coraggio di sostenere il movimento “Donne, vita, libertà” in Iran, nel film Il seme del fico sacro di Rasoulof,
Karla Sofía Gascón è la prima attrice transgender a essere premiata come miglior attrice europea agli EFA, dopo essere stata premiata a Cannes. Sul palco degli EFA Karla Sofía dice “Dedico il premio a tutte le madri, anzi a tutte le famiglie che amano davvero i loro figli, e danno loro l’aiuto di cui hanno bisogno. Perché c’è ancora gente che preferisce avere un figlio criminale piuttosto che omosessuale”.
Ci sono anche i premi in qualche modo “minori” che ci danno indicazioni sul senso di questi EFA. Flow, film in grafica computerizzata 3d, del regista lèttone Gints Zilbalodis, viene premiato come miglior film di animazione. Racconta di un gatto che finisce in una sorta di arca di Noè, mentre l’acqua sta sommergendo il mondo: imparerà che per sopravvivere deve fare squadra con gli altri animali. Lars is Lol racconta l’amicizia fra una ragazzina e un ragazzo affetto da sindrome di Down.
È un’Europa che sembra così diversa da quella dei sovranismi che sembrano godere di ottima salute, nel continente. Diversa da quel mosaico di società egoiste, conservatrici, chiuse ad ogni inclusività, ad ogni differenza, che sembrano disegnare molti governi europei.
E in un certo senso, sembra quasi più un’Europa unita quella che viene fuori dai premi di Lucerna, che quella dei vertici di Bruxelles. È l’Europa che Wenders ha sempre percorso con i suoi film, da Wuppertal a Lisbona, da Parigi alla Sicilia, filmando il cielo sopra Berlino, Wenders nelle città, Wenders fino alla fine del mondo. I suoi personaggi attraversano continuamente confini.
Wenders che, nel ricevere il premio alla carriera, da quella stessa Academy di cui è stato presidente per oltre vent’anni, dice “Grazie, madame the President”, rivolgendosi a Juliette Binoche. “Molti di noi avrebbero desiderato anche un’altra lady the president, nel mondo, ma non è successo. Ma mentre altri fingono di ‘Make America Great Again’, lei, presidente, può far splendere il cinema europeo”.
Ci sarebbero molte altre considerazioni da fare, o da tentare. Chiedersi se chi ha premiato i film agli EFA non abbia guardato più a Cannes e a Berlino che a Venezia – Vermiglio, ma anche l’interpretazione di Daniel Craig in Queer di Guadagnino, non consacrata da un premio. O chiedersi quale sia l’impatto di questi premi sul mercato, e come mai Emilia Pérez sia uscito e stia per uscire in date tanto disparate, in Europa – in Francia e Germania è già uscito, in Italia occorrerà aspettare gennaio – e se potrà mai esistere un’Europa unita nelle uscite cinematografiche.
Intanto, teniamoci questi premi, questa idea di cinema come baluardo di diversità, inclusività, differenza, complessità, umanità.