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Venezia 81, le Giornate degli Autori presentano un'edizione eclettica, con una grande presenza femminile

Dal 28 agosto al 7 settembre 25 film con protagonisti in bilico alla continua ricerca del proprio equilibrio, emblematica della geografia internazionale.
di Paola Casella

venerdì 19 luglio 2024 - Mostra di Venezia

“Sarà un’edizione eclettica in termini formali, rappresentativa di una natura estrema, con protagonisti in bilico alla continua ricerca del proprio equilibrio, emblematica della geografia internazionale e della crescente presenza femminile dietro la cinepresa: tant’è vero che su 25 film presentati, 16 sono firmati da registe”, dice Gaia Furrer, Direttrice artstica della 21esima edizione delle Giornate degli Autori, al Lido di Venezia dal 28 agosto al 7 settembre. Il programma si divide in tre sezioni: una competitiva, il Concorso, e due non competitive, Notti Veneziane ed Eventi speciali, cui si aggiungono come sempre i due cortometraggi della serie Miu Miu Women’s Tales, quest’anno firmati dalla malese Chui Mui Tan e dall’argentina Laura Citarella. Ecco, titolo per titolo, i film che saranno presentati al Lido. Una selezione di film sarà anche in streaming sulla piattaforma MYmovies ONE.

CONCORSO
L’unico titolo italiano in questa sezione è Taxi monamour di Ciro De Caro, che alle Giornate aveva già presentato il suo Giulia: ed è proprio l’attrice che per quel film era stata stata nominata ad un David di Donatello, Rosa Palasciano, la coprotagonista di questa storia accanto all’attrice ucraina Yeva Sai, già nota per il ruolo di Alina in Mare fuori. “Un film libero e rigoroso”, dice Furrer di Taxi monamour, che “pare ispirato all’immagine del poster delle Giornate, perché come la funambola dell’illustrazione di Francesca Gastone le protagoniste sono equilibriste della vita, sopraffatte l’una dalla malattia, l’altra dalla guerra, che decidiono di reagire tuffandosi nella propria libertà di scelta”.
Cinque le opere prime: Boomerang della regista iraniana Shahab Fotouhi (con la collaborazione al montaggio di Alexandre Koberidze), “un’istantanea sociologica dei legami affettivi nella Teheran moderna” raccontata attraverso due coppie, l’una al capolinea, l’altra all’inizio di una nuova storia; Manas di Marianna Brennand, prodotto dai fratelli Dardenne e dal regista brasiliano Walter Salles e ambientato in Amazzonia, dove la protagonista si ribella ad un abuso famigliare; To Kill a Mongolian Horse, “esordio pittorico del regista mongolo Xiaoxuan Jiang che vede protagonista un mandriano di giorno e artista di notte”; The Book of Joy della francese Camille Lugan, già assistente alla regia di Jacques Audiard, che racconta “una donna in lotta fra Bene e Male, fra il diavolo, interpretato da Asia Argento, e l’acqua santa, che ha il volto intenso di Raphaël Thiéry”; e Sugar Island di Johanne Gomez Terrero, che rappresenta per la prima volta la Repubblica Dominicana al Lido, e che “segue tre filoni: la gravidanza indesiderata di una minorenne, le radici coloniali dell’industria della canna da zucchero e i movimenti di liberazione anticolonialista”.
The Antique di Russudan Glurjidze segna il ritorno alle Giornate della Georgia dai tempi della vittoria di Géla Babluani come Miglior opera prima con 13 alla Mostra del cinema nel 2005. “Il film della Glurjidze è pieno di riferimenti al cinema e alla letteratura russa, che la regista però stravolge. Al centro ci sono due amanti che si separano e ricongiungono nella San Pietroburgo del 2006, ovvero l’anno della deportazione da quella città di centinaia di cittadini georgiani”; e Super Happy Forever del giapponese Kohei Igarashi, il cui film precedente (insieme a Damien Marivel) La nuit ou j'ai nagé aveva partecipato in Orizzonti nel 2017, è “una storia d’amore che vediamo solo quando è finita e poi poco prima che inizi”.
Alpha del regista olandese Jan-Willem van Ewijk è “un thriller psicanalitico che rappresenta un rapporto padre-figlio (interpretati da due attori padre e figlio anche nella vita) sullle Alpi svizzere”; Sanatorium - Under The Sign of the Horglass dei fratelli Quay, “leggendari autori di cinema di animazione che hanno ispirato anche il lavoro di Terry Gilliam”, mescola stop motion e live action per adattare al grande schermo i racconti dell scrittore e disegnatore polacco Bruno Schulz senza “seguire una logica narrativa: il loro fim è un’esperienza più che una visione”, assicura Furrer.


In foto una scena di Super Happy Forever del giapponese Kohei Igarashi.

FUORI CONCORSO
Basileia è l’opera prima di Isabella Torre, che aveva esordito alla Settimana della Critica con Luna piena, e vanta il montaggio di Jonas Carpignano e le musiche di Andrea De Sica. Il film è ambientato sull’Aspromonte calabrese dove “un archeologo e la sua squadra vanno alla ricerca di un antico tesoro e risvegliano presenze antiche”.

EVENTI SPECIALI
Anche qui un unico film italiano, Coppia aperta quasi spalancata diretto da Federica Di Giacomo, già nota per i suoi documentari Liberami (vincitore della sezione Orizzonti nel 2016) e Il palazzo, presentato proprio alle Giornate. Il film è un adattamento per il grande eschermo del testo dell’83 firmato da Franca Rame e Dario Fo in cui “i protagonisti si interrogano con intelligenza e ironia sui modelli sentimentali di coppia”, ed è prodotto e interpretato da Chiara Francini.
Soul of the Desert di Monica Taboada-Tapia è una sorta di “western colombiano on the road che segue il viaggio di un’anziana transgender per ottenere un documento che riconosca l’identità e le consenta di votare”; Kora, della regista protghese Claudia Varejao, “delinea le storie di alcune donne rifugiate che portano con sé il proprio passato”; Possibility of Paradise, del regista serbo Mladen Kovacevic, racconta “una comunità occidentale che si trasferisce a Bali alla ricerca di un paradiso in terra”; Peaches Goes Bananas della francese Marie Loisier, autrice di molti ritratti di artisti underground, racconta la cantante punk femminista queer canadese Merrill Nisker, in arte Peaches, attraverso una “antibiografia che si concentra non sul privato ma sulla portata creativa dell’artista”. Infine Sudan, Remember Us della regista franco-tunisina Hind Meddeb “ricostruisce la guerra in corso nel travagliato Paese africano seguendo la vita di un gruppo di ventenni pieni di luce”, come dice Furrer.
 


In foto una scena de La scommessa di Giovanni Dota.


NOTTI VENEZIANE in accordo con ISOLA EDIPO
L’occhio della gallina di Antonietta De Lillo racconta come “essere un’autrice in Italia possa diventare un’esperienza di resistenza e solitudine”, dice la direttrice della sezione Silvia Jop, che ricorda la complessa vicenda del film di De Lillo Il resto di niente, apprezzato dalla critica e poi malamente distribuito, dando inizio ad un contenzioso legale che ha fatto sì che la regista “non abbia più potuto girare un altro film di finzione, pur dirigendo vari documentari sperimentali autoprodotti. Benché sia un film autobiografico, L’ochhio della gallina non è mai egoriferito, ed è fortemente politico”.
È autobiografico anche Vakhim di Francesca Pirani, che racconta il percorso di suo figlio aottivo arrivato in Italia dalla Cambogia a quattro anni. Il film ripercorre il percorso emotivo della sua famiglia fino ad oggi, quando il ragazzo ha raggunto i vent’anni. Quasi a casa di Carolina Pavone, con Lou Dollion, è un’opera prima prodotta da Vivo Film in cui un team tutto al femminile “analizza i rapporti fra due donne in una sorta di romanzo di formazione”; La scommessa di Giovanni Dota, già autore della commedia surreale Koza nostra, è “una commedia farsesca a luci agrodolci interpretata da Carlo Buccirosso, Lino Musella e Nando Paone e ambientata in un ospedale napoletano d’agosto”; mentre Desert Suite di Fabrizio Ferraro regala “una visione dell’Europa a di là delle disdascalie”, protagonista “un giovane uomo che attraversa il vecchio continente in cerca di una nuova Itaca”. Tenga duro signorina! di Monica Stambrini è invece il ritratto dell’artista italiana Isabella Ducrot, seguita dalla regista per due anni, che “ha iniziato la sua attività creativa a 50 anni ed è un esempio per tutti noi”.
Infine tre i film di registi italiani espatriati: A Man Fell di Giovanni C. Lorusso, “trasferitosi in Francia dove autoproduce, monta e dirige la fotografia dei suoi lavori”, è ambientato in un’ex ospedale dell’OLP all’interno del campo profughi palestinesi di Sabra in Libano; Sempre di Luciana Fina, italiana che vive in Portogallo, “è costruito su materiali d’archivio e dedicato ai 50 anni della Rivoluzione dei Garofani”; e Bosco Grande di Giuseppe Schillaci descrive un rapporto di amore-odio con la città di Palermo attraverso la figura di Sergione, “un tatuatore 50enne che pesa 260 chili, leggenda punk sempre contro la cultura borghese e contro le associazioni mafiose”.


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Prisoner
Serie TV, Drammatico, Poliziesco - Danimarca, Norvegia, Svezia, Islanda, Finlandia, 2023, 6x60’

Prisoner

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