Pino Farinotti omaggia il grande regista, introducendo gli spettatori all'ultima opera dell'autore, Qui rido io, in Concorso alla Mostra del Cinema di Venezia e dal 9 settembre al cinema.
di Pino Farinotti
Il 9 settembre del 2021, dopo il passaggio in concorso al Festival di Venezia, Qui rido io, l’ultimo film di Mario Martone, sarà nelle sale. Martone mi attiva subito. Lo considero - ribadisco ancora una volta - l’artista di cinema, teatro e cultura più completo del nostro panorama. Definizione che può anche essere... esportata. Da anni occupa tre spazi, al livello più alto: i festival più importanti coi suoi film; la Scala di Milano, con classici del melodramma rivisitati, e il Piccolo Teatro con testi selezionati secondo la sua attitudine di attualizzazione.
Qui rido io, lo vedrò con passione, anche se conosco molto di quel film.
Accadde un anno e mezzo fa: Martone mi chiamò mentre stava preparando la produzione.
“Vieni a Napoli, così vedrai dal vivo, racconti dall’interno. Ma c’è di più, ho pensato a un cameo di Farinotti, nella parte di un giornalista che assiste a quel processo che fece epoca”.
La pandemia mi impedì quella bella cosa. Che dispiacere. Però i contatti con Mario erano quotidiani. Mi diede informazioni non ancora di dominio pubblico.
Il film racconta di Eduardo Scarpetta (1853-1925), autore, attore, cuore di Napoli. Perché quel signore era padre - e qui è tradizione aggiungere “naturale”- di Eduardo, Peppino, Titina De Filippo. Insomma Eduardo I è stato un gigante di Napoli. E non poteva finire in mani migliori di quelle di Martone, artista, storico, narratore, figlio di Napoli. E figlio oltremodo devoto, perché il regista ha sempre avuto la città come riferimento privilegiato del suo percorso.
Sapevo, come tutti, che Servillo Toni era Scarpetta. Strappai al regista anche il nome dell’attore che avrebbe fatto Gabriele D’Annunzio, Paolo Pierobon, amato da Luca Ronconi, al quale Martone aveva affidato la parte di Robespierre nel suo Danton. Gli dissi di fare un ultimo sforzo: l’alter ego di un Benedetto Croce mai visto in un film. Fu perentorio: “No, Croce no!”. Adesso sappiamo che è Lino Musella.
Credo sia opportuno il focus sul momento centrale, il cuore del film, per la forza che sa dare Martone ai caratteri, alla vicenda, alla Storia.
Edoardo Scarpetta era una personalità vivace, talento superdotato e... spericolato. Il 4 marzo del 1904 al “Lirico” di Milano venne rappresentata La figlia di Iorio, di D’Annunzio. Scarpetta, colpito, decise di scrivere un’opera satirica adattando quel copione. Per prudenza volle sentire il poeta che apprezzò il testo, si divertì persino, ma non diede la liberatoria scritta. Il figlio di Iorio venne rappresentato in quello stesso anno a Napoli. Ma... non sfondò. D’Annunzio temendo che l’insuccesso si estendesse all’originale, fece causa a Scarpetta. La diatriba divenne un evento nazionale, tanto che si mossero personaggi non banali. Salvatore Di Giacomo, gran maestro di letteratura (e canzoni) napoletane si schierò con D’Annuzio, mentre Benedetto Croce con Scarpetta.
Ebbe la meglio il napoletano. Il giudice decretò che il “figlio” non plagiava la “figlia” di Iorio.