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Kingsman - Il cerchio d'oro, un concentrato degli approcci contemporanei

Il film di Matthew Vaughn predilige il sottogenere dello spionaggio ironico ma comunque dotato di avventura e suspense. Al cinema.
di Roy Menarini

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Taron Egerton (Taron David Egerton) (34 anni) 10 novembre 1989, Birkenhead (Gran Bretagna) - Scorpione. Interpreta Gary 'Eggsy' Unwin nel film di Matthew Vaughn Kingsman - Il cerchio d'oro.
giovedì 21 settembre 2017 - Focus

Con Kingsman - Il cerchio d'oro siamo di fronte al cinema medio. Questa categoria, a metà tra opinione critica e nicchia di mercato, è stata evocata tante volte in passato, per indicare tutt'altro oggetto, ovvero un tipo di cinema un po' d'autore e un po' popolare, film destinati a incassi dignitosi ma non roboanti, prodotti comprensibili e spesso inoffensivi.

Il sequel di Matthew Vaughn ha esattamente queste caratteristiche, anche se lo si potrebbe erroneamente classificare come un "blockbuster". In verità, si tratta di un film con forza produttiva lievemente minore rispetto ai grandi budget (siamo sotto i 100 milioni di dollari), destinato a un mercato internazionale, e probabilmente immaginato per un allargamento del pubblico rispetto al primo episodio.
Roy Menarini

Il proseguimento dell'avventura della spia Eggsy è stata infatti decisamente smussata quanto a esplosioni splatter e anche il poco pulp (letterale) rimasto su schermo è poco più che fumettistico. Non è una novità per il regista, che già con Kick-Ass 2 aveva decisamente tirato il freno a mano, se confrontato con il capostipite. Si tratta di mutamenti verosimilmente discussi e ideati con la produzione, allo scopo di allargare il bacino e diversificare il posizionamento di pubblico. La cosa interessante è che proprio nel suo essere un film medio, senza particolari punte di innovazione, totalmente dedito all'action e al divertimento dello spettatore, Kingsman - Il cerchio d'oro sembra un concentrato degli approcci contemporanei.


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In foto una scena del film Kingsman - Il cerchio d'oro.
In foto una scena del film Kingsman - Il cerchio d'oro.
In foto una scena del film Kingsman - Il cerchio d'oro.

Ci si dovrebbe chiedere perché la parodia del cinema di spionaggio sia sempre in auge. In fondo, i tempi di James Bond - a inizio anni Sessanta, quando nascevano imitazioni e ribaltamenti comici (anche in Italia, vedi James Tont - Operazione U.N.O.) - sono ormai lontani. Lo stesso agente segreto di sua Maestà ha dovuto sudare sette camicie per rimanere in auge anche dopo la Guerra Fredda, e solo la forza revisionista di Sam Mendes ha potuto rompere l'assedio di agenti più legati allo scacchiere contemporaneo, come Ethan Hunt della serie Mission: Impossibile o Jason Bourne nell'omonimo franchise. Nel frattempo, però, si è continuato a ridere, a cominciare dallo stile vintage e floreale di Austin Powers, fino agli eccessi demenziali di Grimsby o The Interview. Kingsman - Il cerchio d'oro sembra piuttosto prediligere il sottogenere dello spionaggio ironico ma comunque dotato di avventura e suspense, anche qui non trovandosi in solitudine, visti i vari Agente Smart - Casino totale, American Ultra e Operazione U.N.C.L.E. di questi anni.

Perché una tale ossessione? Viene da pensare che si ride per non piangere, visto l'inquietante caos che la politica internazionale suggerisce in questi anni. E anche il brodo postmoderno di tecnologie avveniristiche e sguardo nostalgico verso la cultura british degli anni sembra ormai una tappa doverosa per attrarre il pubblico in una sarabanda audiovisiva, magari risaputa ma comunque apprezzata.
Roy Menarini

Kingsman - Il cerchio d'oro è dunque davvero un film del tutto autosufficiente, composto di veri e propri anelli narrativi che lasciano lo spazio - tra uno e l'altro - per la distrazione in sala, le chiacchiere con il vicino di poltrona e la sosta in toilette. Non c'è nulla di derisorio, in questa parole. È il cinema medio, sempre c'è stato (ricordate i Fantomas con Louis De Funès?) e sempre ci sarà.


KINGSMAN - IL CERCHIO D'ORO: RECENSIONE

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