Il blockbuster fenomeno del momento invade il festival.
di Gabriele Niola
Solo qualche anno fa un film come Cinquanta sfumature di grigio non sarebbe stato mai accettato in una manifestazione come la Berlinale, nemmeno alla Mostra di Venezia o a Cannes. Tempo fa i festival eranno roccaforti del cinema d'autore che si contrapponevano a quello di sfruttamento commerciale.
Per prima la manifestazione francese ha cominciato ad intuire come l'introduzione fuori concorso di film di grosso richiamo per averne le star, potesse cambiare la composizione del pubblico, lentamente e con la complicità della crisi di popolarità di un certo tipo di cinefilia gli altri festival l'hanno seguita fino ad arrivare a Machete presentato a Venezia, Twilight e Hunger Games presentati al Festival di Roma o, per l'appunto, Cinquanta sfumature di grigio quest'anno alla Berlinale. I tedeschi la chiamano Berlinale Special, la sezione che ospita tutto quello che non apparterrebbe ad un festival, i grossi film che non sono più anteprime di nessun tipo, le serie tv o le produzioni più interessanti che, nate e destinate alla rete, passano su questi schermi contemporaneamente alla messa online. I guilty pleasure dei festival.
Filiazione quasi obbligata di un best seller che già aveva partorito due seguiti letterari ("Cinquanta sfumature di nero" e "Cinquanta sfumature di rosso"), il film diretto dall'artista concettuale Sam Taylor-Wood (Nowhere Boy) è il più classico dei successi annunciati. Anticipato dal battage pubblicitario, dall'interesse suscitato anche solo dalle notizie sulla scelta degli attori per i ruoli principali e, se servisse conferma, dalla prevendita dei biglietti per i primi spettacoli. Ovviamente vietato ai minori di 14 anni (in Italia) come l'argomento trattato impone (ossessione sessuale e pratiche sado-masochistiche).
L'anteprima berlinese precede di un giorno l'uscita italiana del 12 febbraio, in comica coincidenza (non casuale) con San Valentino.
La presenza dei grandissimi blockbuster nelle più grandi manifestazioni d'autore è forse allora la più positiva delle integrazioni. Guardati con snobismo dagli assidui frequentatori sono uno dei pochissimi poli d'attrazione per il pubblico di massa in manifestazioni che altrimenti rimarrebbero dedicate ad una nicchia. Assieme allo sdoganamento (e quindi all'introduzione) dei film di genere nei concorsi e nelle sezioni parallele, le incursioni dei programmi alternativi che la Berlinale chiama "speciali", forse in riferimento al pubblico che attirano, sono un'autentica manifestazione di vitalità da parte di un'arte che altrimenti rischia di precludersi sempre di più il contatto con il pubblico di massa.