In Italia Fast & Furious 6 ha incassato più di Skyfall, l'ultimo 007, confermandosi un franchise tra i più fortunati della storia del cinema. Sarà contento James Wan, classe 1977, regista australiano nato in Malesia da genitori cinesi appena scritturato dalla Universal per il capitolo 7. Un po' ci spiace. Da una parte perché la saga donne & motori con Vin Diesel è bollita dal capitolo 2, salvo qualche sprazzo di vitalità sparso tra i vari episodi, indistinguibili. Dall'altra perché Wan è un talento nell'horror, un peccato si distragga facendo altro. Melbourne, inizio del nuovo millennio. James e l'amico coetaneo Leigh Whannel realizzano un cortometraggio intitolato Saw. Tutto girato in una stanza, vede due uomini che non si conoscono incatenati e costretti a tutto per sopravvivere e salvarsi. In mezzo a loro il cadavere di non si sa chi. Un'idea semplice, vincente. Il film viene proiettato al Sundance Festival e i due autori sono subito contattati dalla Lions Gate per sviluppare l'idea. Nel 2003 viene presentato a Cannes Saw - L'enigmista, destinato a un grande successo. James dirige, Leigh firma la sceneggiatura e produce, oltre a ritagliarsi un ruolo come attore. La cosa migliore del film resta il punto di partenza, già del corto, mentre la seconda parte, piena di digressioni truculente, è meno essenziale e francamente ridondante. Ma il pubblico apprezza e nasce un nuovo franchise (oltre a un nuovo filone: il cosiddetto torture porn), giunto nel 2010 al settimo capitolo dopo un incasso mondiale di oltre 800 milioni di dollari.

Gli inventori di Jigsaw, il killer della saga interpretato da John Kramer, non perdono tempo con la loro creatura e realizzano un secondo horror, Dead Silence, distribuito nel 2007. Tema: bambolotto assassino e spirito vendicatore, due classici del genere sviluppati però senza inventiva. Gli stessi Wan e Whannel si dicono delusi dal risultato, che passa abbastanza inosservato anche tra gli aficionados. Quasi contemporaneamente realizzano Death Sentence (2007) che appartiene a tutt'altro filone, il revenge movie. Kevin Bacon si trasforma in giustiziere della notte dopo che una gang gli ha ucciso il figlio. Lui è un po' improbabile ma il film è becero quanto basta per piacere a chi si abbevera di robaccia simile. Il vero colpo d'ala di Wan e Whannel è però Insidious (2010), coprodotto da Oren Peli (Paranormal Activity). Il piccolo Dalton si ferisce in soffitta e entra in coma, contemporaneamente la casa di famiglia è al centro di eventi inquietanti. I genitori decidono di trasferirsi, ma i fenomeni demoniaci continuano. Una medium scopre l'arcano: il bambino è un tramite tra la realtà e l'Altrove, dove vivono demoni minacciosi e dove la sua coscienza si aggira sperduta. Anche il padre, da piccolo, ebbe un'esperienza simile, e toccherà a lui togliere il figlio dagli empi guai. Storia risaputa, direte voi, e infatti Insidious non nega la sua anima derivativa. Ci gioca, senza ammiccamenti citazionisti, anzi reinventando visivamente gli stereotipi, dalla casa infestata alla medium, dalle possessioni demoniache all'orrore degli oggetti. La messa in scena di James Wan si dimostra densa, la dimensione fantastica descritta in modo estremamente credibile e coinvolgente, la paura concreta. E senza bisogno di artifici di retorica cinematografica come il p.o.v. (il film tutto in soggettiva digitale) o il cosiddetto found footage.

Si replica ora con L'evocazione - The Conjuring, dal 21 agosto in sala, che riprende i temi della casa infestata e della possessione demoniaca con l'aggiunta della bambola diabolica. L'evocazione è anche il primo titolo firmato dal solo James Wan, che almeno a livello di sguardo non pare risentire dell'assenza dell'amico Whannel.