Protagonista sin dal primo dei suoi sessanta film, che vennero visti in tutt'Europa ed apprezzati per le sue interpretazioni, Ellen Richter è un nome oggi completamente dimenticato. Per fortuna, un vecchio almanacco tedesco ci permette di desumere i dati anagrafici e qualche notizia: veniamo così a sapere che Ellen, dopo aver frequentato l'Accademia ed il Conservatorio di Vienna, esordisce giovanissima al Burgtheater, andando poi in tournée a Brno, Monaco e infine, Berlino. Qui, nel 1915, Joe May le offre di affiancare Max Landa in un film della serie poliziesca Stuart Webb, e con Das Gesetz der Mine inizia l'avventura cinematografica della giovane e promettente «dunkle Blonde», come la definisce Heinrich Fraenkel in «Unsterblicher Film». Negli anni della guerra mondiale, Ellen interpreta un film dopo l'altro, generalmente diretta da Richard Eichberg, un artigiano del cinema tedesco che ha assorbito la lezione di Charles Decroix, il regista francese chiamato in Germania per ripetervi l'esperienza del Film d'art. L'influenza di Decroix trova la sua migliore evidenza in film come Das Tagebuch Collins (1915) o Katharína Karaschkin (1917).
Quando nel 1918 la Richter, ormai un volto familiare degli schermi germanicí, viene scritturata dalla Frankfurter GmbH, il suo regista di fiducia diviene Rudolf Meinert, che ha come assistente e sceneggiatore un singolare personaggio, il dottor Willi Wolff. Dentista di professione e autore di riviste (mai rappresentate), Wolff si innamora della fascinosa Ellen, per la quale scrive soggetti sempre più fantasiosi. A lui si devono film come Das Spielzug der Zarin (1919), Das Teehaus zu den zehn Lotosblumen (1919), con la protagonista travestita da giapponese, Der rote Henker (1920), variazione della Marion Delorme di Victor Hugo, ma anche una Maria Tudor (1920), una Madame Sans-Gêne in Napoleon and die kleine Wäscherin (1920), una siciliana assetata di sangue in Sizilianische Blutrache (1920), vietato in Italia dalla censura. In questi ed altri film del periodo, che escono sotto il marchio «Ellen Richter Produktion», l'attrice che, per temperamento e per aspetto ricorda più un'artista mediterranea che una star mitteleuropea, nella linea di una Pola Negri più slanciata, si muove disinvolta, anche se non sempre i ruoli immaginati da Wolff le si attagliano. Va a finire che i due si sposano e la luna di miele la passano tra Spagna e Italia, girando Lola Montes (1922), con cui Wolff fa il suo debutto come regista. Ne sortirà un'opera di tutto rispetto, che racconta splendori e miserie della celebre danzatrice, dalla vita di zingara fino a quando diverrà la rapinosa cortigiana di tante teste coronate. Lola Montes riscuote un vasto apprezzamento sia in Germania che in tutt'Europa ed è seguito da Die Frau mit den Millionen (1923), grosso film in tre episodi dove la Richter è l'affascinante principessa Smaragda, alla ricerca del padre rapito e nascosto in Armenia.
Saranno ancora molti i film che tra la fine degli anni Venti e l'inizio del sonoro avranno la congiunta firma di Wolff regista e Richter protagonista. Ricordiamo Die schönsten Beine von Berlin (1927), il pruriginoso dittico Moral/ Unmoral (1928) e la ricostruzione della vita di Nepomuceno d'Asburgo in Das Geheimnis von Johannes Orth (1932). La storia di questa fortunata coppia si arresta al 1933: un giorno di quell'anno maledetto, Wolff viene malmenato da un gruppo di camicie brune dinnanzi ad un cinema di Berlino dove è in programmazione un suo film, tolto immediatamente dalla programmazione. Riesce a fuggire assieme alla moglie, non si sa dove. Lui morrà in esilio, Ellen tornerà in patria molti anni dopo, per morire a Düsseldorf dimenticata.
Da Le dive del silenzio, Le Mani, Genova, 2001.
