La dolce vita

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Un film di Federico Fellini. Con Marcello Mastroianni, Anita Ekberg, Anouk Aim?e, Yvonne Furneaux, Alain Cuny.
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Commedia, Ratings: Kids+16, b/n durata 173 min. - Italia, Francia 1960. - Cineteca di Bologna MYMONETRO La dolce vita * * * * 1/2 valutazione media: 4,64 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Una "opera-mondo" Valutazione 5 stelle su cinque

di paolopacitti


Feedback: 503 | altri commenti e recensioni di paolopacitti
mercoledì 10 luglio 2013

Un film che ha provocato un terremoto. Il produttore Rizzoli (l'11° che il film cambiò; fu convinto da Giuseppe Amato), non si spiegava razionalmente il successo enorme che ebbe, e prese ad avere per Fellini una specie di rispetto superstizioso, come se il regista fosse in contatto con degli alieni o qualcosa del genere. Il film sembrava contro ogni regola del successo. A contribuire al quale fu certamente la furibonda campagna censoria condotta da una parte del mondo politico. Il regista si aliena molte simpatie nel mondo cattolico, che fino ad allora lo aveva sostenuto e che si divide sul giudizio morale dell'opera, mentre la cultura di sinistra, che aveva stroncato “La strada” come l'opera di un individualista reazionario, effettua un voltafaccia e si schiera con Fellini. Fiumi di persone si riversano a vedere il film, che diventa un fenomeno di costume al di là del giudizio di valore. Gli intellettuali lo ammirano, ma non possono accettare il funesto personaggio di Steiner. Alcune loro interpretazioni inquietano l'autore, che credeva di aver semplicemente fatto un giornale inventato, un rotocalco in pellicola (sul modello de “L'Europeo”, “Oggi”, “Lo Specchio”, cui il film ripropone il bianco e nero argentato e l'immagine estetizzante). Ma dilatando l'osservazione dalle abitudini mondane della grande città, il regista, con la forza e la bellezza delle immagini, la bravura degli attori (alcuni presi dalla vita e più o meno nel ruolo di loro stessi), il prezioso apporto dei collaboratori è arrivato a comporre (due episodi sono stati aggiunti durante la lavorazione, quello del falso miracolo, che restituisce il senso del servizio fotografico di Tazio Secchiaroli su un episodio analogo del giugno 1958, e la sequenza dei nobili) un vasto affresco che ha finito per rappresentare la civiltà, la condizione umana contemporanea. Fellini è affascinato e disgustato da Roma, città tentacolare, sirena e prostituta. Era importante che il protagonista avesse una faccia qualunque e che ispirasse fiducia e simpatia, da qui la scelta di Mastroianni, che con intelligenza interpreta un personaggio (ispirato al documentarista Gualtiero Jacopetti) pieno di ambiguità, debole, vile, crudele, ma anche umano, infantilmente buono, con una gran confusione dentro che galleggia nella mollezza di un mondo disorientato e caotico che sembra non credere più a niente e non avere più molto da proporre. Lungi dall'essere un latin-lover, il protagonista è una vittima, usato e preso in giro dalle donne, compresa la sua amante, l'unica con la quale si illude di avere un minimo di autorità. Egli, insoddisfatto di questo rapporto, cerca qualcuno o qualcosa che gli faccia trovare se stesso e avere una presa più concreta sulla vita, ma va incontro a una serie di apparizioni fantasmatiche, chimeriche, problematiche nella giungla più o meno allucinante che costituisce il territorio del film. Per i nemici Fellini dimostrava la sua cronica incapacità di prendere una posizione sociopolitica, mentre gli ammiratori, anche all'estero, lo ritenevano più avanti degli altri, che si sono rinfacciati reciprocamente la responsabilità dello squallido quadro sociologico descritto. Non c'è alcun giudizio nel film. Anche se si può cogliere uno sguardo da moralista, non c'è una critica aspra, non c'è cattiveria: l'intento era quello di evidenziare la dolcezza comunque del vivere (tale il senso del titolo), l'allegria di tutti nell'avviarsi verso una fine ingloriosa.

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