Lincoln |
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Un film di Steven Spielberg.
Con Daniel Day-Lewis, Sally Field, David Strathairn, Joseph Gordon-Levitt, James Spader.
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Biografico,
Ratings: Kids+13,
durata 150 min.
- USA, India 2012.
- 20th Century Fox Italia
uscita giovedì 24 gennaio 2013.
MYMONETRO
Lincoln
valutazione media:
4,01
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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lincoln e django a confrontodi A. Di IorioFeedback: 335 | altri commenti e recensioni di A. Di Iorio |
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venerdì 18 gennaio 2013 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Mentre Spielberg fa il film sul Presidente che libera gli schiavi, Tarantino fa il film su uno schiavo che si libera da solo (o quasi). E se Lincoln lascia perplessi per il fatto di essere soprattutto nella prima parte un po' verboso, dopo aver visto Django i difetti di Lincoln si notano ancora di più. Perché? Be', Spielberg è grandissimo quando racconta scene di forte umanità, e infatti le parti migliori di Lincoln non sono quelle esplicative sui vari intrallazzi governativi (molto, troppo ambigui e in alcuni casi non ben esplicati), ma quelle sui rapporti umani: parti nelle quali eccelle un grandioso Tommy Lee Jones. Django, invece, pur non eccellendo nella prima parte, quando entrano in scena Di Caprio e Samuel L. Jackson comincia a scuotere davvero. Tarantino riesce finalmente a convogliare la violenza in un contenuto; un contenuto fortissimo, non più divertente e divertito, ma serio. Django non è uno spaghetti western, è un film triste e serissimo, una volta tolta la maschera stilistica che Tarantino vuole mettergli nella prima quasi-metà. Quindi ci si accorge di una cosa, che fa indirettamente ritornare su Lincoln: è come se il grande Steven avesse perso qualcosa per strada. La sofferenza, soprattutto. Perché, paradossalmente, in Django Unchained emerge molta più sofferenza dei neri di quanto emerga in Lincoln. Certo, l'obiettivo di Spielberg era soprattutto parlare del Presidente e degli intrighi politici poco noti dietro l'approvazione del noto emendamento, però a Lincoln manca una certa umanità, pur avendo un interprete della grandezza di Daniel Day-Lewis. La colpa, però, non è sua ma di una sceneggiatura che è la riduzione di un progetto che doveva riguardare l'intera vita di Lincoln e che ha finito per parlare solo degli ultimi quattro mesi di vita. Insomma, un compito non facile... In sostanza, ed è un grande paradosso, Django non eccelle nel suo lato più dichiaratamente "western", non eccelle negli esterni ma negli interni, nelle scene in casa, intorno ai tavoli, ecc. Ed eccelle soprattutto per un discorso importantissimo e spesso tralasciato: il fatto che alla base dello schiavismo c'è la concezione, da parte di chi imprigiona, che i neri, gli schiavi, avessero "scritto dentro" il loro servilismo. Come diceva Lawrence d'Arabia/Peter O'Toole, "Niente è scritto". Mentre un film come Cloud Atlas, che ha anche molti pregi, fa continuamente l'affermazione "la nostra vita non è nostra", Django invece ci ripete che niente è deciso prima della nostra nascita e noi abbiamo in mano la nostra vita con tutte le responsabilità che ne derivano. Il personaggio di Di Caprio, e con lui tutti gli schiavisti, erano così ossessionati dal concetto di proprietà che l'hanno estesa anche agli esseri umani, mettendoli in catene, avvalorandosi dell'idea che il servilismo fosse "geneticamente" scritto nei neri, e che quindi fosse "inevitabile" - e quindi immutabile - la loro condizione di schiavi. Ebbene, Django in persona è la dimostrazione del contrario. Non ci si può ribellare se si pensa che le cose sono scritte, definitive e immutabili. Non ci si può ribellare se si pensa che la nostra vita è in mano a qualcun altro, o a qualcos'altro che decide per noi.
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