Lincoln |
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Un film di Steven Spielberg.
Con Daniel Day-Lewis, Sally Field, David Strathairn, Joseph Gordon-Levitt, James Spader.
continua»
Biografico,
Ratings: Kids+13,
durata 150 min.
- USA, India 2012.
- 20th Century Fox Italia
uscita giovedì 24 gennaio 2013.
MYMONETRO
Lincoln
valutazione media:
4,01
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Ritratto di un politico emblema della sua epoca.di Great StevenFeedback: 70013 | altri commenti e recensioni di Great Steven |
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domenica 22 marzo 2015 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
LINCOLN (USA, 2013) diretto da STEVEN SPIELBERG. Interpretato da DANIEL DAY-LEWIS, SALLY FIELD, TOMMY LEE JONES, JOSEPH GORDON-LEVITT, JARED HARRIS, DAVID STRATHAIRN, HAL HOLBROOK, JAMES SPADER, JOHN HAWKES, JACKIE EARLE HALEY, LEE PACE, GLORIA REUBEN, MICHAEL STUHLBARG, STEPHEN SPINELLA, JEREMY STRONG, WALTON GOGGINS, BRUCE MCGILL, TIM BLAKE NELSON, GULLIVER MCGRATH
Abraham Lincoln è certamente una delle figure storiche più appassionanti e interessanti da trasporre sul grande schermo e convertire con l’artigianato di un coerente mestiere in immagini audiovisive. Spielberg, dopo essersi già una volta cimentato nel discorso umanitario sulla schiavitù con Amistad (1997), con questa eccellente pellicola riprende e amplia la lezione sulla storia degli USA cominciata sedici anni prima. Descrive, con la minuziosa suddivisione del tempo in giorni e luoghi, la preparazione dell’emendamento atto ad abolire la pratica della schiavitù negli stati confederati ancora impegnati nella Guerra di Secessione. Siamo tra gennaio e febbraio del 1865, e il più progredito paese d’oltreoceano si stava predisponendo ad accogliere, con favore o contrarietà, essenziali e radicali cambiamenti sociopolitici che avrebbero segnato la sua storia per tutti i secoli a venire. Il regista mostra il cammino intrapreso da uno dei presidenti statunitensi più amati e celebrati per approvare, non solo giuridicamente, un disegno legislativo necessario per restituire dignità ad una minoranza della nazione che non s’è mai comportata come tale, richiedendo a gran voce il recupero dei diritti ignobilmente negati. In questo senso, Lincoln si avvicina parecchio anche ad un altro capolavoro di un autore che ha il solo difetto di aggregarsi troppo al cinema separato per generi, ossia Schindler’s List: la dialettica imperniata sul desiderio di riscatto, la ricerca di un onore da difendere e un combattimento instancabile e perpetuo per vedersi riconoscere un posto meritevole all’interno di una società finalmente scevra dal razzismo, sono temi che emergono con preponderanza da entrambi i film, e vengono in ambedue i casi trattati senza sufficienza ma, al contrario, con una lucidità esegetica che s’innalza ad inno ed espressione di un liberalismo ostentato ma pur sempre ammissibile e oneroso. La carta vincente è Day-Lewis, che col suo capo di stato melanconico e flemmatico arricchisce la filmografia di Spielberg con un personaggio indimenticabile e recitato benissimo, riuscendo anche in un’impresa che nessun attore diretto da Spielberg era mai riuscito a portare a compimento: guadagnarsi un Oscar. Una statuetta è stata consegnata anche alla scenografia, che in effetti si distingue fervidamente per una ricostruzione ambientale e paesaggistica davvero suggestiva. Numerose battute memorabili, intrise di un’umanità spettacolare e piene fino all’orlo di dimostrazioni antimoraliste che riportano alla luce perfino eventi poco noti delle vicende americane ottocentesche e rendono giustizia a individui che i libri di storia troppo spesso ignorano, fra cui il senatore repubblicano Stevens (cui giova alquanto la faccia rassegnata e il corpo claudicante di T. Lee Jones, più in forma del solito e con una maggior enfasi recitativa), il quale afferma che, malgrado detesti il popolo, se ne è fatto rappresentante per proteggerlo dagli abusi di potere. Altro carattere che merita una citazione è Mary Lincoln (Field), la moglie del presidente, ancora in lacrime per la perdita del figlio William ma animata pur tuttavia da una forza d’animo esagerata che le permette in via tutt’altro che eccezionale di tenere testa al carismatico marito e di pronunciarsi attivamente per la promulgazione degli articoli occorrenti per l’eliminazione dei privilegi degli schiavisti. Gordon-Levitt si impegna a fondo nella parte del figlio che intende arruolarsi e che è spesso in contrasto con i dettami paterni, privi di autorità padronale eppure pieni di saggia severità, mentre J. Harris arricchisce la sua galleria di variegate maschere con un generale Ulysses Simpson Grant (futuro presidente USA egli stesso) che sa accordarsi con Lincoln e guidare un esercito con la caparbietà istruttoria e il polso di ferro di un comandante esperto e navigato che non chiude mai occhi né orecchie. I personaggi di secondo piano valgono tutti il costo del biglietto e permettono una proiezione che tiene incollati allo schermo malgrado le due ore e mezza di durata, ma è il minimo che si può pretendere da un film storico che faccia della Storia un veicolo espressivo in grado di impressionare positivamente. Dal canto suo, il regista ha ottenuto e riconfermato il suo titolo di autore controcorrente che non smette mai di sbalordire nonostante abbia già detto e fatto parecchie cose, talune fallimentari (poche) e altre soddisfacenti (molte), e che pone immancabilmente al centro delle pellicole che gira un perno di solidarietà umanitaria avente come lacci di unione un caritatevole ottimismo di fondo e un’attinenza alla verità dei fatti sorprendentemente attuale e sempreverde.
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