Un giorno la notte

Sainey è arrivato in Italia dal Gambia con un barcone. Come tanti migranti ma con una speranza in più: trovare una cura per la retinite pigmentosa che lo sta portando alla cecità. Quando apprende che non c'è ancora una cura specifica decide di prepararsi alla perdita della vista.

Ci sono molti modi per parlare di integrazione. Quello proposto da Saney con Aiello e Cattani appartiene a una categoria davvero particolare.

Perché qui non si parla solo di una persona che ha la fortuna di seguire un processo di integrazione grazie a un'accoglienza generica. Qui ci sono dei 'diversi' (purtroppo ancora per alcuni) come i non vedenti che accolgono ed integrano non l'"africano" ma, molto più in profondo, il ragazzo che ha bisogno di avvalersi della loro esperienza per prepararsi a un futuro che lo veda pronto sia sul piano pratico e su quello del carattere.

Il mezzo che dà il via al processo è uno sport: il baseball. Quella palla sonora, quei compagni di gioco, quei campi sono il primo banco di prova in cui l'ipovedente Saney è chiamato a misurarsi. Ne seguiamo poi il percorso in altre attività ma soprattutto lo sentiamo porsi delle domande sul presente e sul futuro e trovare sostegno e consiglio da chi quella notte, in cui lui perde totalmente la vista, la sperimenta da tempo.

È un film sulla solidarietà tra pari quello che ci viene proposto. Senza occultare le difficoltà (si veda la partita in un campo non adatto) e senza neppure attribuire quelle superdoti che una vulgata non realistica attribuisce ai non vedenti. Molto più semplicemente (e quindi con maggiore profondità di osservazione) veniamo messi di fronte a una condizione di vita in cui, a differenza della massima negativa di un tempo, il cieco conduce il cieco e nel fare ciò condividono le esperienze della quotidianità e crescono insieme. 