Anno | 2016 |
Genere | Documentario |
Produzione | Italia |
Durata | 68 minuti |
Regia di | Laura Viezzoli |
Attori | Angelo Santagostino, Roberto Citran . |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 3,25 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento martedì 11 aprile 2017
Welby, Lucrezio, un viaggio astronauta e la Natura ... non un film sulla vita e sulla morte, ma sul nascere e sul morire.
CONSIGLIATO SÌ
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La cronaca della vita quotidiana di un uomo malato di SLA si mescola a i pensieri elaborati dallo stesso, espressi attraverso l'ausilio di un puntatore oculare e di un pc. Il malato in questione è Angelo Santagostino, che incontra la regista durante il suo periodo di fine vita, prima che la malattia abbia il sopravvento, per aprirsi a riflessioni filosofiche sul senso dell'esistenza.
È un progetto che ha richiesto anni di lavorazione quello di Laura Viezzoli. Partito dai diari di Piergiorgio Welby e dal racconto personale e insieme universale di un momento apparentemente impossibile da trattare, prima che l'indagine della regista si spingesse oltre. Dopo l'incontro con Angelo Santagostino - ex sacerdote che ha abbandonato la tonaca per amore di una donna, poi rimasto vedovo e infine affetto da SLA - il lavoro di Viezzoli assume un'altra forma, quella del dialogo aperto e infinito, sfiorando temi che appartengono alla dimensione universale e temi che appartengono al nostro particulare. Viezzoli trova in Santagostino il soggetto ideale per il suo "accanimento registico" (come scherzosamente lei stessa lo definisce): sufficientemente religioso da risultare esente da influenze politiche, quando il tema è quello del fine vita, sufficientemente laico e indipendente per affrontare senza paura il suo ricorrente e umanissimo desiderio di farla finita. Ma il punto di forza consiste proprio nel lasciare fuoricampo, e fuori contesto, il tema dello spegnimento delle macchine e di tutta la polemica etico-politica correlata all'opportunità del gesto e al momento in cui è possibile compierlo. È altro a interessare Laura Viezzoli, è altro a interessare Angelo Santagostino. E a interessare noi spettatori, coinvolti nel dialogo privato tra una giovane regista curiosa e un anziano pensatore lucido e vivace, come quegli occhi che guizzano per comunicare quel che il resto del corpo non consente. Nella prima parte la regia si sofferma su ciò che comporta la routine di un malato di SLA, sulla lentezza di operazioni e passaggi obbligati che costringono badante e paziente a condividere tempi e spazi. Perché prima di ascoltare le riflessioni di Angelo ed esserne catturato, è giusto che lo spettatore capisca, fino in fondo, cosa stia vivendo Angelo, in termini di sofferenza e di impotenza. Per essere così in grado di misurare la vastità del dolore provato da un uomo e quindi l'incredibile forza di volontà che gli ha consentito di restare in vita fin quando ha potuto. Senza smettere mai di coltivare nuovi stimoli intellettuali e di esplorare l'ignoto, con la leggerezza di un astronauta sospeso tra ciò che è destinato a sopravvivere a chiunque (il cielo) e ciò che ha un'esistenza finita (la terra).