felicity
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giovedì 10 settembre 2020
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commedia nera che non può che tracimare nel dramma
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Elle è un film che sceglie di guardare la relazione fra gli individui minandone alla base certezze e rassicurazioni.
Saltano per aria borghesia e fede, figure retoriche e voti, immagini sacre e immagini etiche.
Il significato vero della realtà di Verhoeven non è banalmente né il nonsense né il grottesco, bensì la negazione a priori di ciò che ormai è consueto chiamare – con un certo qualunquismo – correttezza politica, e che potremmo meglio definire ideologia sociale.
In Elle non c’è niente che vada per il verso normale, scontato, previsto, documentato; azioni e reazioni si producono a partire da una violenza, cioè uno strappo alla norma, la rottura di un credo fondato su secoli di buon senso e di buona creanza.
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Elle è un film che sceglie di guardare la relazione fra gli individui minandone alla base certezze e rassicurazioni.
Saltano per aria borghesia e fede, figure retoriche e voti, immagini sacre e immagini etiche.
Il significato vero della realtà di Verhoeven non è banalmente né il nonsense né il grottesco, bensì la negazione a priori di ciò che ormai è consueto chiamare – con un certo qualunquismo – correttezza politica, e che potremmo meglio definire ideologia sociale.
In Elle non c’è niente che vada per il verso normale, scontato, previsto, documentato; azioni e reazioni si producono a partire da una violenza, cioè uno strappo alla norma, la rottura di un credo fondato su secoli di buon senso e di buona creanza.
Verhoeven cambia con il passare degli anni, sia nel suo mettere in scena il sesso, sia nel piglio con cui affonda l'obiettivo della sua macchina da presa nel cervello dei suoi personaggi.
Il corpo non è più ostentato come ai bei tempi dell'oltraggiosa Sharon Stone, ma è svelato con parsimonia, guidato da perversioni che non sono più mostrate attraverso la lente materiale del dettaglio fisico, il filtro ormai è caduto.
L'inquietante perversione di Michèle, che trasforma un sopruso sofferto in un rituale liberatorio, è figlia di tutto ciò che abbiamo visto: un accumulo di tensioni, falsità, inquietudini familiari, sociali, lavorative.
Elle, presentato come un film-scandalo, è invece satira acuta dei nostri giorni, il sadomasochismo si amplifica ai rapporti sociali, lavorativi, parentali.
Forse arenandosi nella sua sfrenata pulsione psicanalizzante, Verhoeven, da europeo, mostra comunque una Francia e una Parigi dove tutta la cronaca vissuta negli ultimi tempi fa da sinistra cornice alla commedia nera che non può che tracimare nel dramma: la violenza, la chiusura delle case borghesi, la religione, le vergogne del passato sono tutti elementi pronti a deflagrare anche se tenuti abilmente nascosti da chi è interessato a mostrarsi in una versione pubblica presentabile, mentre nel privato sfoga tutta la propria inspiegabile frustrazione.
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francesco2
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martedì 19 luglio 2016
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sesso, provocazioni e videotape
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Nella vita non bisogna escludere nulla, ma nonostante il precedente di "Black Book"
mi colpisce vedere in concorso a Cannes un film di Verhoeven, che spopolava con "Basic
Istinct" durante il mio ultimo anno di Liceo. Nonostante la -vera o presunta- differenza tra un
blockbuster americanoed un'opera "d'autore", il sesso - quello più violento e traumatico-
appare prioritario, sul piano dell'importanza ma anche, più banalmente, cronologico: la
protagonista, tra l'altro,lo ricorda varie volte, ma ora probabilmente lo schema non è quello dei
"Solitisospetti", dove Sozaconosce la verità e noi no, poiché qui il suo è un percorso interiore
che non punta a convincere nessuno - se non, forse, sé stessa.
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Nella vita non bisogna escludere nulla, ma nonostante il precedente di "Black Book"
mi colpisce vedere in concorso a Cannes un film di Verhoeven, che spopolava con "Basic
Istinct" durante il mio ultimo anno di Liceo. Nonostante la -vera o presunta- differenza tra un
blockbuster americanoed un'opera "d'autore", il sesso - quello più violento e traumatico-
appare prioritario, sul piano dell'importanza ma anche, più banalmente, cronologico: la
protagonista, tra l'altro,lo ricorda varie volte, ma ora probabilmente lo schema non è quello dei
"Solitisospetti", dove Sozaconosce la verità e noi no, poiché qui il suo è un percorso interiore
che non punta a convincere nessuno - se non, forse, sé stessa. Riflettendoci meglio, la
rievocazione di quest' episodio si accompagna alla riesaminazione di quei filmati
che risalgono alla sua infanzia ed -indirettamente -sic-. Tutto questo avviene
parallelamente agli avvenimenti esterni che la coinvolgono, come il videogame
appena brevettato o il nuovo nipotino, alla scoperta del colpevole si accompagna la (ri) scoperta
del suo "io".
Questa "identificazione di una donna", allora, è giocata sul piano del doppio: in fondo il
succitato videogame è anch'esso UN'IMMAGINE, decisamente strana comunque la si valuti
esteticamente. Immagini che si rincorrono, anche nel senso di realtà virtuale, di "finzione". Del
resto uno degli avenimenti accennati sopra ha anch'esso un risvolto "autentico " ed uno
"fittizio".
Purtroppo, tuttavia, questo nuovo -nuovo?- personaggio della Huppert non è la del martoriano
"amore molesto", il suo "viaggio" non conosce un'analoga profondità che vada oltre
provocazioni forse un poco facili, soprattutto per quello che riguarda la sua famiglia.
Il -non- rapporto col padre è soltanto un accenno, provocatorio e beffardo quanto
si voglia ma pur sempre un accenno. E forse "Elle" stesso potrebbe essere questo, un modo in
cui Verhoeven vuole "épater la bourgeoisie", come venticinque anni fa sembrava volerlo fare
col grande pubblico.
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mattiabertaina
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sabato 26 novembre 2016
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né carne né pesce...provaci ancora paul
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Paul Verhoeven, cineasta olandese di americana adozione, famoso al grande pubblico per lavori quali Robocop, Basic Instict, Atto di forza e L'uomo senza ombra, elabora e traspone liberamente il romanzo "Oh..." di Philip Djian, variando il titolo in Elle e assoldando un'attrice di grande calibro, qual è Isabelle Huppert. In un'intervista ha dichiarato di aver voluto uscire dai confini a stelle e strisce per creare una storia in cui apparisse una protagonista da una morale discutibile e sfaccettata, ruolo che sarebbe stato assai difficile, secondo il regista, proporre alle interpreti hollywoodiane. Il nuovo lavoro, presentato in Concorso a Cannes e nella sezione "Festa mobile" (Fuori Concorso) al Torino Film Festival ha ambizioni autoriali, toni ed atmosfere di un cinema raffinato ed attento, almeno nelle intenzioni.
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Paul Verhoeven, cineasta olandese di americana adozione, famoso al grande pubblico per lavori quali Robocop, Basic Instict, Atto di forza e L'uomo senza ombra, elabora e traspone liberamente il romanzo "Oh..." di Philip Djian, variando il titolo in Elle e assoldando un'attrice di grande calibro, qual è Isabelle Huppert. In un'intervista ha dichiarato di aver voluto uscire dai confini a stelle e strisce per creare una storia in cui apparisse una protagonista da una morale discutibile e sfaccettata, ruolo che sarebbe stato assai difficile, secondo il regista, proporre alle interpreti hollywoodiane. Il nuovo lavoro, presentato in Concorso a Cannes e nella sezione "Festa mobile" (Fuori Concorso) al Torino Film Festival ha ambizioni autoriali, toni ed atmosfere di un cinema raffinato ed attento, almeno nelle intenzioni. Isabelle Huppert è Michele Leblanc, donna forte, determinata, proprietaria di una software-house di successo a Parigi con un passato violento, difficile, segnato dalla follia criminale del padre, passato che grava sulla sua vita, ma del quale Michele (vittima incolpevole) non ha affatto paura. Il canovaccio si apre con uno stupro, subito da Michele ad opera di uomo con un passamontagna nero che irrompe nel suo salotto prima di sera. É la causa scatenante della trama, che porta Michele ad una lenta ma ferma volontà di scoprire l'identità del suo assalitore, cercando di vivere le varie sfere della sua esistenza, lavorativa ed affettiva, nel modo più normale possibile. Screzi e dispetti sul lavoro, un figlio troppo giovane e troppo ingenuo per affrontare l'adultità, un ex compagno con cui non riesce a troncare del tutto, sono tutti ingredienti che Verhoeven porta nella sua istanza narrativa, cercando il crescere della tensione e dell'attenzione da parte del pubblico; ma nonostante il giganteggiare della Huppert, che da sola regge la struttura e conferisce credibilità alle vicende, Elle inizia a sfrangiarsi nella seconda metà di narrazione, perdendo in compattezza, elemento irrinunciabile per un buon thriller d'autore. É così che l'atmosfera conferita inizialmente alla pellicola subisce brusche virate di registro, in equilibrio instabile tra il dramma e la commedia, esponendo i limiti di un lavoro che, seppur contornato delle migliori intenzioni, risulta un ibrido che non una un'identità precisa e manca di un'impronta personale necessaria.
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marcello
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mercoledì 11 gennaio 2017
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magnifico
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Premetto che ho visto il film per Isabelle Huppert e fino ai titoli di coda non sapevo che fosse un film di Paul Veroeven. L'ho visto in francese senza sottotitoli ma per me non è un problema. Mi sono deciso a scrivere per via della mediocre recensione di Giancarlo Zappoli che ovviamente ha dei preconcetti nei confronti di Verhoeven. Un film che comincia con un colpo allo stomaco ma necessario per entrare nell'universo pieno di contraddizioni della protagonista, donna manageriale di successo che viene violentata e che decide di non dire subito di esserlo stata. Della trama meglio non dire quasi nulla per via delle continue sorprese. La Hupper è immensa, nei mezzi toni, nei toni accesi e per una volta anche molto ironica.
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Premetto che ho visto il film per Isabelle Huppert e fino ai titoli di coda non sapevo che fosse un film di Paul Veroeven. L'ho visto in francese senza sottotitoli ma per me non è un problema. Mi sono deciso a scrivere per via della mediocre recensione di Giancarlo Zappoli che ovviamente ha dei preconcetti nei confronti di Verhoeven. Un film che comincia con un colpo allo stomaco ma necessario per entrare nell'universo pieno di contraddizioni della protagonista, donna manageriale di successo che viene violentata e che decide di non dire subito di esserlo stata. Della trama meglio non dire quasi nulla per via delle continue sorprese. La Hupper è immensa, nei mezzi toni, nei toni accesi e per una volta anche molto ironica. Se fosse vivo Francois Truffaut avrebbe fatto un film così con lo humour nero che lo contraddistinse in La sposa in nero e Mica scema la ragazza. Sono molto soddisfatto della decisione dei Golden Globes di dare la statuetta alla Huppert e al film e spero siano vincitori anche gli agli Oscar. Da noi c'è molto nazionalismo perché i film buoni sono davvero pochi e si rifanno sempre al cinema francese e americano oppure a Fellini e Antonioni. Ci vorrebbe più originalità ma si capisce che gli aiuti ai giovani autori non arrivano se non spalleggiati da attori famosi e dalla RAI (ormai è l'unica TV a produrre). Verhoeven sembra è riuscito così bene ad entrare nel cinema commedia francese ma ha aggiunto la sua cattiveria memore anche dei suoi film olandesi come Kitty Tippel. Bentornato Paul e hai dimostrato di poter fare film da botteghino come Basic Instict e molto profondo sulla società odierna come questo.
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(di paraffl)
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(di giannaccio)
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mauriziomeres
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lunedì 13 marzo 2017
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una bravissima e bella isabelle "lei"
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Lei sempre al centro dell'attenzione,incorreggibile donna sempre sensuale in ogni atteggiamento,accattivante e sempre padrona dell'altro sesso,non nasconde mai la sua vera indole,tra il perverso e il misterioso,pronta a qualsiasi esperienza che la possa soddisfare,libera da qualsiasi pregiudizio non guarda chi è,ma quello che può ottenere.
Questa donna è il personaggio diretto dal sempre enigmatico e spesso insopportabile,dal punto di vista di come immagina il profondo inconscio dell'essere umano,Paul Verhoeven,sempre alla ricerca di un qualcosa che profondamente esiste in ogni essere,la riduzione cinematografica del libro è stata quasi totalmente rifiutata negli Stati Uniti per la morale è il contenuto perverso,una delle tante contraddizioni Americane,girato in Francia,con una bellissima interpretazione di Isabelle Huppert,bellissima donna oltre che ottima attrice,sensuale ed accattivante degna interprete di questo ruolo,come dice il regista nessun altra attrice poteva interpretare il ruolo di Michelle,sembra quasi che il libro sia stato scritto vedendo lei come personaggio, dal punto di vista professionale,non più giovanissima ma con una femminilità che pochissime donne al mondo possono sfoggiare nell'assoluta disinvoltura.
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Lei sempre al centro dell'attenzione,incorreggibile donna sempre sensuale in ogni atteggiamento,accattivante e sempre padrona dell'altro sesso,non nasconde mai la sua vera indole,tra il perverso e il misterioso,pronta a qualsiasi esperienza che la possa soddisfare,libera da qualsiasi pregiudizio non guarda chi è,ma quello che può ottenere.
Questa donna è il personaggio diretto dal sempre enigmatico e spesso insopportabile,dal punto di vista di come immagina il profondo inconscio dell'essere umano,Paul Verhoeven,sempre alla ricerca di un qualcosa che profondamente esiste in ogni essere,la riduzione cinematografica del libro è stata quasi totalmente rifiutata negli Stati Uniti per la morale è il contenuto perverso,una delle tante contraddizioni Americane,girato in Francia,con una bellissima interpretazione di Isabelle Huppert,bellissima donna oltre che ottima attrice,sensuale ed accattivante degna interprete di questo ruolo,come dice il regista nessun altra attrice poteva interpretare il ruolo di Michelle,sembra quasi che il libro sia stato scritto vedendo lei come personaggio, dal punto di vista professionale,non più giovanissima ma con una femminilità che pochissime donne al mondo possono sfoggiare nell'assoluta disinvoltura.
Secondo il mio punto di vista non c'è oltraggio alla morale e non può ritenersi istigatore alla perversione,nel mondo già esistono una serie di perversioni sia psicologiche che violente,e nel profondo essere nascoste nei propri dna,può in ognuno di noi scaturire un pensiero perverso,libidinoso,l'importante essere sinceri con se stessi e non oltrepassare il limite del non ritorno,non può assolutamente essere un film a far nascere un perverso violento.
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francesca
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domenica 26 marzo 2017
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le aspettative elevate non pagano
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Forse a causa della critica positiva e dei premi cinematografici ricevuti, sono andata al cinema con delle aspettative elevate che non hanno trovato rispondenza se non nell’ottima storia originale, che tiene incollati fino alla fine e nell’interpretazione della Huppert.
La pellicola risulta triste, anticata, spesso sfuocata, sicuramente così voluta per focalizzarsi sul protagonista della scena, ma che mi ha creato non pochi problemi di visuale poco distensiva. Il film poi risulta lento, quasi noioso, vecchio, condito da personaggi surreali, con alterazioni mentali che li portano ad accettare tutto ciò che la vita gli propone e che una persona equilibrata non accetterebbe mai.
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Forse a causa della critica positiva e dei premi cinematografici ricevuti, sono andata al cinema con delle aspettative elevate che non hanno trovato rispondenza se non nell’ottima storia originale, che tiene incollati fino alla fine e nell’interpretazione della Huppert.
La pellicola risulta triste, anticata, spesso sfuocata, sicuramente così voluta per focalizzarsi sul protagonista della scena, ma che mi ha creato non pochi problemi di visuale poco distensiva. Il film poi risulta lento, quasi noioso, vecchio, condito da personaggi surreali, con alterazioni mentali che li portano ad accettare tutto ciò che la vita gli propone e che una persona equilibrata non accetterebbe mai. Inoltre il film non scava nelle motivazioni psicologiche dei personaggi, ma fa una carrellata di superficialità condita da una ricerca spasmodica di “rimanere” a galla nel mare della vita, portando il tutto ad una tristezza e una freddezza emotiva dove neppure il sesso riproposto in più chiavi durante il film, riesce a dare brio, ma anzi, amplifica la tragedia umana, che non vede aiuto, non riconosce i medici, i problemi, la polizia, l’amicizia, il rispetto.
Se questo era l’obiettivo è stato centrato, rimane il fatto che forse mi aspettavo, per lo meno nel finale, una luce in fondo al tunnel e invece…
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davidetiberga
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domenica 20 novembre 2016
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verhoeven da camera
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Paul Verhoeven torna, a dieci anni da Black Book, e lo fa ottenendo un ottimo risultato e senza rinunciare alle sue ossessioni.
Oltre che dalla notevole colonna sonora di Anne Dudley, il regista è ben servito dalla discreta sceneggiatura di David Birke. Vero che non spicca per originalità: le vicissitudini dei personaggi che ruotano attorno alla protagonista non tolgono né aggiungono nulla al genere della commedia nera (specie quella francese), mentre la vicenda thriller è fin troppo semplice e si risolve senza sorprese. Tuttavia riesce a combinare questi due generi lontani nonostante le differenze. E' inoltre interessante, più che per la storia con cui li mette in scena, per i temi che affronta, che essendo del tutto congeniali alla poetica di Verhoeven, ne escono trattati particolarmente bene.
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Paul Verhoeven torna, a dieci anni da Black Book, e lo fa ottenendo un ottimo risultato e senza rinunciare alle sue ossessioni.
Oltre che dalla notevole colonna sonora di Anne Dudley, il regista è ben servito dalla discreta sceneggiatura di David Birke. Vero che non spicca per originalità: le vicissitudini dei personaggi che ruotano attorno alla protagonista non tolgono né aggiungono nulla al genere della commedia nera (specie quella francese), mentre la vicenda thriller è fin troppo semplice e si risolve senza sorprese. Tuttavia riesce a combinare questi due generi lontani nonostante le differenze. E' inoltre interessante, più che per la storia con cui li mette in scena, per i temi che affronta, che essendo del tutto congeniali alla poetica di Verhoeven, ne escono trattati particolarmente bene.
La trama infatti è incentrata sull'abusatissimo binomio eros-thanatos, ma questa volta il regista - a differenza di altre pellicole del passato - sceglie di rappresentare con più misura sessualità e violenza. Non nel modo visionario di Robocop quindi, ma neanche in quello patinato di Showgirls. Mostra, ma senza esagerare; quanto basta per essere disturbante e colpire la sensibilità dello spettatore, puntando meno sull'occhio e più sul cervello. Costringe le sue ossessioni tra le quattro pareti degli appartamenti in cui la storia si svolge, e così facendo le potenzia, confezionando un buon thriller psicologico, quasi teatrale. Una sorta di Basic Instinct d'autore si potrebbe dire.
Eppure lo spazio lasciato al thriller è minore rispetto alla vicende dei familiari della protagonista. Ciò però non è da intendersi come segno di un repentino cambiamento, se si tiene a mente l'altra anima del regista, quella più ironica e mordace, alla quale qui - seppure a discapito della tensione - può dare finalmente libero sfogo come mai prima d'ora, strappando più volte risate amare allo spettatore.
Altrettanto centrale è un altro leitmotiv del regista, la figura della femme fatale; in questo caso più avanti con gli anni, vulnerabile e ricca di sfaccettature rispetto al modello classico, e proprio per questo degna di lode. Alla fine sono il suo rapporto ambivalente con l'antagonista maschile, in un misto di piacere e dolore, a restare impresso, oltre a un carattere simpaticamente stronzo. Se a ciò si aggiunge la straordinaria interpretazione di isabelle Huppert, che regge da sola tutto il film regnando sovrana tra gli altri interpreti (buoni ma non eccelsi), si sarà concordi nel considerare questo film uno dei migliori del regista.
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goldy
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sabato 25 marzo 2017
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perplessità
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. Si propone una donna certamente capace di grande autonoma: imprenditrioce, madre, figlia, amante, moglie.. Capace di affrontare qualsiasi situazione subisce anche uno stupro brutale che sa metabolizzare con impareggiabile freddezza. Un modello da imitare quindi? Per certi versi certamente ma come la mettiamo con il background famigliare della nostra eroina che scopriamo essere figlia di un mostruoso assassino che ha ucciso decine di persone e che per questo si trova in priigione a vita? Come dobbiamo interpretarlo? Lo scotto che si deve pagare o il percorso che si deve fare per liberarsi da falsi moralismi e costruirsi un vissuto più confacente a un dato di verità?
E' inutile cercare credibilità nella storia, tanto strampalata è .
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. Si propone una donna certamente capace di grande autonoma: imprenditrioce, madre, figlia, amante, moglie.. Capace di affrontare qualsiasi situazione subisce anche uno stupro brutale che sa metabolizzare con impareggiabile freddezza. Un modello da imitare quindi? Per certi versi certamente ma come la mettiamo con il background famigliare della nostra eroina che scopriamo essere figlia di un mostruoso assassino che ha ucciso decine di persone e che per questo si trova in priigione a vita? Come dobbiamo interpretarlo? Lo scotto che si deve pagare o il percorso che si deve fare per liberarsi da falsi moralismi e costruirsi un vissuto più confacente a un dato di verità?
E' inutile cercare credibilità nella storia, tanto strampalata è . Tuttavia questo è cinema Forse se ne cava qualche senso se si legge la storia come un caleidoscopio di variabili erotiche e di comportamenti conseguenti sui quali sì è significativo riflettere.
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