Taxi Teheran |
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Un film di Jafar Panahi.
Con Jafar Panahi
Titolo originale Taksojuht.
Drammatico,
Ratings: Kids+13,
durata 82 min.
- Iran 2015.
- Cinema
uscita giovedì 27 agosto 2015.
MYMONETRO
Taxi Teheran
valutazione media:
3,61
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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L' ennesima condanna di un paese assurdodi FlyantoFeedback: |
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mercoledì 2 settembre 2015 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Finalmente Jafar Panahi, dopo la condanna inflittagli dal proprio paese, l'Iran, a non scrivere e filmare più per almeno venti anni ed un certo periodo di detenzione in carcere, nonchè il divieto più assoluto di lasciare la propria terra, consegna al pubblico l'ultima sua opera cinematografica che si rivela essere ancora una volta un documento estremamente interessante di sua denuncia.
Assuntosi come autista di un taxi lungo le strade di Teheran, Jafar Panahi incontra nelle corse che fa svariati personaggi appartenenti alle più differenti classi sociali. Proprio durante questi tragitti in macchina egli, a loro insaputa, filma i propri clienti registrandone anche i dialoghi da cui si evince piano piano la terribile condizione in cui vive il paese. Quello più singolare e diretto ma più esplicativo, e pertanto più interessante, è il dialogo che egli conduce con la propria nipotina di circa 8/10 anni. L'epilogo del film non fa che confermare e deplorare il regime dittatoriale e di estrema chiusura in cui l'Iran è costretto a vivere.
Sebbene "Taxi Teheran" non sia così esplicito rispetto ai suoi films precedenti, Jafar Panahi non si esimia dal presentare e conseguentemente condannare, appunto, l'intero regime che governa il proprio paese, in pratica limitando assurdamente ed all'inverosimile la libertà del suo popolo che non ha nemmeno la possibilità di agire e men che meno di ribellarvisi, se non venire imprigionato ed in taluni casi, venire addirittura condannato a morte.
L' " escamotage" trovato da Panahi di fingersi un autista di un taxi e di fare recitare dei "coraggiosi" attori nei ruoli dei clienti (coraggiosi perchè anche agli attori, come a tutte le persone che si dedicano alle varie manifestazioni artistiche vengono considerate scomode e "pericolose" dal regime iraniano) si rivela essere quanto mai vincente, se non del tutto originale, perchè gli permette di "interrogare" le varie persone cogliendone i pensieri, le opinioni ed i vari stati d'animo. Una particolare sensibilità scaturisce nel corso della conversazione con la nipotina (non si sa se la bimba sia veramente sua nipote) verso cui egli dimostra sincero affetto e particolare comprensione in quanto rappresentante della nuova generazione e dunque del futuro del suo paese. Ma, del resto, una particolare sensibilità nei confronti dei bambini, la generazione futura dell'Iran, appunto, era già apertamente emersa nel suo precedente e poetico "Il Palloncino Bianco".
Insomma, se il regista iraniano non aggiunge nulla di nuovo in particolare a quanto detto anni prima nelle sue opere, questa pellicola risulta in ogni caso essere un documento molto importante di denuncia e di lotta continua per un suo sempre sperabile futuro migliore.
Interessante e giustamente insignito dell'Orso d'Oro all'ultimo Festival del Cinema di Berlino.
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