Titolo originale | Lanse Gutou |
Anno | 2013 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Cina |
Durata | 101 minuti |
Regia di | Jian Cui |
Attori | You-liang Zhao, Hongjie Ni, Fang Ying, Han Lei, Ye Tao Xuan Huang, Jinglin Guo, Huan Huang, Jianqiu Li, Amin Mao, Ruiling Xiong, Jianxin Yu. |
MYmonetro | 2,25 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento martedì 10 marzo 2015
Il film è stato premiato a Roma Film Festival, ha ottenuto 1 candidatura a Asian Film Awards,
CONSIGLIATO NÌ
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Pechino, sono i giorni della Rivoluzione culturale. Condannata ai lavori in campagna per aver scritto una canzone giudicata sovversiva, una giovane si innamora di un uomo da cui ha un figlio, Zhong Hua. Dopo aver fortunosamente scoperto che il proprio compagno è in realtà una spia, la donna lascia per sempre il Paese. Soltanto da grande, Zhong Hua, diventato un musicista e un hacker, conoscerà la verità sui propri genitori.
Cantante e musicista, noto come "il padre del rock cinese", Jian Cui esordisce nella regia raccontando, da tre diverse angolazioni, la storia di una famiglia e dei suoi segreti: a legare ogni cosa, ovviamente, la musica, nella sua accezione di spinta verso la libertà. Volutamente disordinato, montato per assonanze, immagini ricorrenti, sovrapposizioni d'immagini, Blue Sky Bones non vuole fornire un'univoca chiave di accesso, preferendo un'andatura aperta che, almeno per la prima parte, mette a dura prova la pazienza dello spettatore. Niente da dire sulle immagini curate da un direttore della fotografia d'eccezione qual è Christopher Doyle, sebbene la cura tecnica e qualche bizzaria di composizione visiva non possano certo sopperire alla mancanza di una vera idea di cinema. Uno stile troppo incerto quello di Jian Cui, che a tratti sembra voler assurgere alla dissacrazione (o meglio, ad una sperimentazione nata già vecchia) e, ad altri, si perde dietro alla cura della ricostruzione storica.
Più film in uno forse, troppa carne al fuoco e troppa sicurezza ostentata per un regista che fatica a gestire anche situazioni in potenza semplici. L'ambizione sarebbe quella di raccontare una saga famigliare con i ritmi e la forma della canzone - sia "La stagione perduta" per cui la madre di Zhong Hua, in passato, entra i conflitto con il Potere oppure quella "Blue Sky Bones", nel presente, che quasi assorbe e riscrive la prima - sostituendo alle note musicali sequenze che finiscono solo con l'ingarbugliarsi l'una con l'altra.
Tre personaggi che Jian Cui così sintetizza: "Mia madre è uno schianto, mio padre è una spia e io sono un hacker". Tre solitudini che portano verso altrettanti territori, separati dalla distanza geografica, dalla malattia, dal caso. Si ha l'impressione di un lavoro scritto e diretto in fretta, quasi nella fiducia che i contributi dei vari collaboratori potessero aggiustarlo nel mentre, migliorarlo, renderlo più credibile. I fan del Jian Cui musicista, presumibilmente, apprezzeranno comunque.