Anno | 2012 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Bangladesh, Germania |
Durata | 106 minuti |
Regia di | Mostofa Sarwar Farooki |
Attori | Nusrat Imrose Tisha, Shahir Kazi Huda, Chanchal Chyowdhury, Mosharraf Karim . |
Tag | Da vedere 2012 |
MYmonetro | 3,50 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 15 ottobre 2012
L'acquisto di un televisore porta una ventata di novità in un villaggio ancorato ai valori della tradizione islamica.
CONSIGLIATO SÌ
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Non è (solo) una commedia, né satira strictu sensu, né una storia d'amore come convenzionalmente intesa. Bensì tutto questo e qualcos'altro ancora. La sorpresa più lieta del Busan Film Festival si è trovata proprio in chiusura, con il geniale esprit de jeunesse di una cinematografia giovane, in cui è evidente la volontà di bruciare le tappe ed esporre al mondo un linguaggio che, se non è nuovo (ma quanto può ancora definirsi realmente nuovo oggi?), quantomeno appare talmente fresco e privo di inutili orpelli da apparire come tale.
Nel giusto mezzo tra la commedia al curry sub-bollywoodiana e la riflessione ironica ma consapevole sulle storture del fanatismo islamico si colloca l'opera di Mostofa Sarwar Farooki, specchio delle contraddizioni di un popolo ibrido come quello del Bangladesh, diviso e quasi confuso tra etnie e fedi differenti e contrastanti.
La galleria di caratterizzazioni peculiari si apre a molteplici spunti di approfondimento, ma è inevitabilmente attorno al complesso personaggio del patriarca Amin che Farooki gioca la sua partita più ambiziosa. Introdotto come una sorta di talebano integralista - l'incipit ricorda l'ultimo Sacha Baron Cohen - Amin rivela a poco a poco una natura totalmente diversa, quella di un "conservatore di buon cuore", come lo definisce lo stesso regista; un uomo di altri tempi e altri valori, spaventato dall'idea del progresso fino alla cecità di fronte al potenziale offerto da quest'ultimo. L'ossessione per il mezzo televisivo, parossistica tanto sul versante di Amin che su quello opposto, fornisce lo spunto per le gag più azzeccate (la tv gigante con gli uomini che ci recitano dentro è degna dei Monty Python), oltre a denudare l'ingenuità di un popolo bisognoso di sogni e, come tale, alla mercé del medium. Nella centrifuga di Farooki finiscono romanticismo, religione, la ribellione dei paesi islamici - rivisitata sotto forma di caricatura nella rivolta di Soleiman, figlio di Amin - e uno hajj come non lo si era mai visto. Arguto e dissacrante senza essere mai sgradevole o irrispettoso, il cinema di Farooki è qualcosa di cui certo sentiremo ancora parlare.
È tutto pronto per la cerimonia di chiusura del Busan International Film Festival. Dopo un'intensa settimana di proiezioni e incontri, domani sera la diciassettesima edizione della più importante rassegna cinematografica asiatica chiuderà i battenti. Il film selezionato per la conclusione del festival è Television, diretto da Mostofa Sarwar Farooki, trentanovenne originario del Bangladesh, al suo quarto lungometraggio.