Titolo originale | Cadenas |
Anno | 2012 |
Genere | Documentario |
Produzione | Italia |
Durata | 60 minuti |
Regia di | Francesca Balbo |
MYmonetro | 3,00 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 22 giugno 2017
Il documentario diretto da Francesca Balbo getta luce sull'oscuro lavoro delle guarda-barriera, che vigilano sulla sicurezza dei binari delle ferrovie della Sardegna.
CONSIGLIATO SÌ
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In Sardegna, a cavallo tra la regione di Trexenta, la pianura di Campidano e l'area montana del Gennargentu, resiste una linea ferroviaria antica, che ha avuto un passato certamente più nobile e che ai giorni nostri è priva di passaggi a livello automatici. Il compito di evitare incidenti tra il locomotore in corsa e le poche auto (e i più frequenti greggi di pecore) è affidato esclusivamente a lavoratrici, le donne "guarda barriera". Una squadra di signore la cui divisa è rappresentata solo da un gilet giallo fluorescente: a ogni corsa mettono e tolgono delle catene (cadenas) che bloccano l'accesso ai binari e salutano il macchinista. Il quale spesso lancia loro dal finestrino gli orari delle prossime corse. Ad ogni intersezione della ferrovia con la strada corrisponde una casupola o una casa cantoniera, tutte ormai in disuso. Ogni guarda barriera incastra gli appuntamenti quotidiani con le catene nella propria routine: c'è chi fa le corse perché ha figli, chi nei tempi morti lavora al cucito, chi raccoglie frutti come mandorle o fichi d'India. Il comune denominatore è l'attesa, ancora più paradossale perché incastonata in un paesaggio rurale di oggi, ma che riecheggia set da western cinematografico classico. E soprattutto perché a 50 km dal capoluogo di provincia (Cagliari), questi ritmi dilatati e l'assenza di tecnologia spiazzano lo spettatore.
La schiavitù evocata dal titolo è un rapporto, un movimento biunivoco: la ferrovia erode la vita delle "custodi" e al tempo stesso rappresenta per queste la prima fonte di sussistenza, nonché una continuità stretta con la storia della Regione, testimoniata dai ricordi di alcune signore anziane. L'unico momento che evoca un attrito dai toni contemporanei è la fugace ripresa di una manifestazione cittadina tra bandiere della CGIL di Cagliari, alla quale le donne presenziano per richiedere un aumento dei compensi. Ma non sembra la rivendicazione politica ciò che sta più a cuore a Francesca Balbo (anche se, in relazione alla scena della manifestazione, va detto che il film lascia nel mistero il motivo per cui, come si legge nelle note di regia, quello sia «un lavoro che si eredita in linea femminile da generazioni»...).
Anzi: la bellezza di Cadenas sta nella contemplazione della paziente complicità di un gruppo di lavoratrici, la loro dedizione e resistenza a elementi atmosferici e all'obsolescenza della rete ferroviaria. Persone comuni che diventano figure eroiche. Ma il taglio non è per niente epico, né la macchina da presa è alla ricerca di effetti ricercati. Semmai c'è la poesia di un tempo antico che resiste in una realtà moderna e incide su esistenze che vorrebbero essere più operose ma che comunque sentono la responsabilità di un impegno, per quanto inattuale. Scontro tra questi due movimenti opposti, Cadenas è spettacolo piacevole che filtra con discrezione, scoprendo una storia marginale, il valore del tempo e il senso dell'esistenza.
Nella Sardegna rurale, in zone in cui l’elettricità stenta ancora ad arrivare, le donne guarda-barriere presidiano i passaggi a livello non automatici, tirando e togliendo le catene (cadenas in sardo) usate al posto delle usuali sbarre. Vincitore del premio Solinas, il documentario svela un’occupazione con ogni probabilità ignota ai più, rivelando un compito [...] Vai alla recensione »