Blind

Divenuta cieca a causa di un incidente in cui ha perso la vita un ragazzo che considerava come un fratello, l'ex recluta della polizia Min Soo-ah vive nel senso di colpa perché si ritiene responsabile di quella terribile morte. Durante una notte d'acquazzone, l'inaspettato: credendo di salire su un tassì, Min Soo-ah finisce nell'auto di uno spietato serial killer. Scampata grazie alla sua risolutezza, troverà aiuto in un ispettore di polizia apparentemente pasticcione e nel giovane testimone dell'aggressione, costituendo con loro un'improvvisata squadra contro gli attacchi di un criminale che non tarderà a farsi vivo.
Oscillando tra le varie tonalità del thriller, Ahn Sang-Hoon orchestra una variazione sul tema classico della ragazza sola, cieca e oggetto delle letali attenzioni di un maniaco. Ma più che cercare di raccogliere l'ingombrante eredità di Gli occhi della notte di Terence Young, senza dubbio il capostipite di un tale meccanismo di racconto, sembra volersi creare una propria strada, muovendosi nei territori di altri celebri titoli che dal cult interpretato da Audrey Hepburn, tuttavia, discendono. Dopo una mezz'ora di set-up che gira un po' a vuoto, difatti, questo funzionale lavoro sud-coreano dimostra di preferire il viraggio a tinte forte attuato da Richard Fleischer in Terrore cieco così come di voler marcare il lato "visionario" della cecità alla maniera del Michael Apted di Occhi nelle tenebre.
Cinema di genere, schietto e diretto, giocato sulle aspettative di chi sa già quale spettacolo ha di fronte, Blind rappresenta il tipico esempio di un solido prodotto di intrattenimento destinato ad una larga fetta di pubblico giovanile e non, comunque avvezzo agli spaventi e ai colpi di scena. Nondimeno, qualcosa sembra scricchiolare, come se si andasse fuori dal quadro, quasi mancasse una struttura capace di tenere il tutto unito. Sequenze scritte per essere memorabili, si pensi soltanto all'inseguimento in metropolitana, alternanza tra "commedia poliziesca" e dettagli espliciti, una spolverata di sano melodramma tanto nella descrizione delle cause della cecità della protagonista quanto nel suo background: che sia troppa carne al fuoco? Non c'è dubbio che Ahn Sang-Hoon punti più in alto di quanto non avesse fatto con Arang, il suo horror d'esordio, ma rischia di diventare prolisso, di tirare per le lunghe una storia cui avrebbe giovato una maggiore secchezza.
Nonostante questi difetti strutturali, siamo dalle parti di un thriller in grado di tenere lo spettatore con il fiato sospeso in più di qualche momento. E non è poco. 