Dall'altra parte del mare

Film 2009 | Drammatico 80 min.

Regia di Jean Sarto. Un film con Galatea Ranzi, Vitaliano Trevisan, Giordana De Santis, Fulvio Falzarano, Viviana Di Bert. Cast completo Genere Drammatico - Italia, 2009, durata 80 minuti. Uscita cinema venerdì 27 marzo 2009 - MYmonetro 2,75 su 2 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

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Ultimo aggiornamento venerdì 27 marzo 2009

Il regista teatrale Abele è chiamato ad allestire a Trieste un'opera teatrale dedicata alla Shoah. Le varie prove di messa in scena divengono presto per tutti gli attori un canale di confessione per esprimere le loro riserve. In Italia al Box Office Dall'altra parte del mare ha incassato 2,9 mila euro .

Consigliato sì!
2,75/5
MYMOVIES 2,50
CRITICA
PUBBLICO 3,00
CONSIGLIATO SÌ
Un'opera ambiziosa e sofisticata che interroga sulla rappresentazione della Shoah con qualche inserto didascalico di troppo.
Recensione di Edoardo Becattini
venerdì 13 marzo 2009
Recensione di Edoardo Becattini
venerdì 13 marzo 2009

Chiamato ad allestire a Trieste un'opera teatrale dedicata alla Shoah, il regista teatrale Abele richiama in patria la collega Clara, attrice che nel corso di un lungo esilio volontario a Parigi aveva avuto modo di filmare una testimonianza della pianista Tosca Marmor, maestra di musica leggera sopravvissuta ai campi di sterminio. Le varie prove di messa in scena divengono presto per tutti gli attori un canale di confessione per esprimere le loro riserve, dissertare su concetti come la memoria e i ricordi rivissuti, e riflettere sulle altre modalità con cui in passato è stata rappresentata la banalità del male più assoluto. Le varie posizioni finiscono con l'accentrarsi attorno ad uno scontro fra le idee di Clara, che crede nel valore etico della rappresentazione e nella narrazione come forma privilegiata per veicolare la memoria di un evento, e quelle più radicali di Abele, fautore di un'estetica antirappresentativa e antispettacolare, che svuoti dati e parole di ogni possibile rifigurazione o immedesimazione catartica. Nel lavoro di ricostruzione degli eventi e di reperimento di dati, Clara arriva a scoprire qualcosa che riguarda più da vicino il proprio passato e il rapporto con un padre scomparso.
Come si rappresenta l'irrappresentabile? Già Adorno aveva a suo tempo affermato in un famoso aforisma che dopo Auschwitz ogni poesia sarebbe stata una barbarie, ed è proprio attorno a questo dubbio magistrale sui massimi sistemi del pensiero estetico moderno che si dividono non solo i due protagonisti Vitaliano Trevisan e Galatea Ranzi, ma gli stessi percorsi di senso del film. Tenendo conto e citando apertamente tutti i testi che con questa stessa sfida si sono misurati per difendere il valore testimoniale dell'opera d'arte (Shoah di Lanzmann, Per un pezzo di pane di Fassbinder, L'istruttoria di Weiss, il "muselmann" di Yehiel De-Nur, la poesia di Celan, ma anche Hiroshima mon amour di Resnais, parlando di altre tragedie irrappresentabili del "secolo breve"), Sarto si approccia a questo interrogativo fondamentale fornendo una risposta in un certo senso "multimediale", che nella forma cinematografica ibrida una serie di linguaggi diversi.
In un continuo passaggio fra dimensione di finzione teatrale, cinematografica, documentaria, videoartistica e, per certi aspetti, anche televisiva, il film interpella direttamente lo spettatore con quelle stesse domande che assillano la compagnia degli attori senza per questo sentirsi in dovere di abbattere la "quarta parete" della finzione, con il pregio non da poco di non chiamare in causa un discorso sul metacinema. Così, finché prevale l'approccio formalista e questo articolato sincretismo fra arti di diversa natura, anche le ambizioni teoriche sulle possibilità di una rappresentazione "etica" della Shoah reggono bene il passo.
Il problema nasce quando la dialettica fra storia e narrazione, fra evento e immaginazione, fra Trevisan e la Ranzi, pende enormemente a vantaggio di questa, lasciando emergere in primo piano la storia personale di Clara e le indagini sulla figura paterna, che anziché costituire la solida impalcatura testuale alle precedenti dissertazioni, sono indubbiamente l'aspetto più debole del film.
Debolezza colpevole perché un po' saccente, come rivelano anche i dibattiti al bar fra i vari attori, vere e proprie postille didascaliche poste in coda ad ogni sequenza. Sono questi inserti visibilmente non amalgamati con le altri parti del film l'aspetto meno sofisticato di un film italiano che è e resta comunque un'opera ben più ambiziosa e ricercata rispetto alla media della cinematografia ad essa circostante.

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PUBBLICO
RECENSIONI DALLA PARTE DEL PUBBLICO
martedì 28 luglio 2009
albsorge

Dopo aver speso un'ora e venti ad analizzare, con malcelato finto intellettualismo, i problemi della guerra, dell'Olocausto e della Shoah in generale il regista, per bocca del suo attore protagonista, dice che 'non si può rappresentare l'irrappresentabile'. Questo assurdo controsenso (se l'orrore è irrappresentabile perchè strumentalizzarlo per fare un film del genere e poi lavarsene le mani dicendo [...] Vai alla recensione »

lunedì 27 luglio 2009
albsorge

Un regista teatrale deciso a portare sul palcoscenico il dramma dell'Olocausto, dopo vari tentativi e continui ripensamenti, laconico afferma "non si può rappresentare l'irrapresentabile". E il regista perchè ha rappresentato l'irrappresentabile allora? Dice che la Shoah non si può rappresentare per bocca del suo attore protagonista e poi tira avanti un film che parla di questo; un paradosso enorme [...] Vai alla recensione »

STAMPA
RECENSIONI DELLA CRITICA
Francesco Alò
Il Messaggero

Un regista incaricato di allestire uno spettacolo teatrale riguardante la Shoah chiama una collega che vive a Parigi dove ha filmato una reduce dai campi di sterminio. Insieme fronteggeranno uno dei massimi problemi estetici del '900 risollevato recentemente da Simone Weil, critica nei confronti del Benigni de La vita è bella: si può rappresentare l'Olocausto? E se sì, come? Il regista Abele (Vitaliano [...] Vai alla recensione »

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