The Dust Factory

Testimone a nove anni della violenta morte del padre, il tredicenne Ryan Flynn (Ryan Kelly) - che da quel momento non ha più parlato - subisce una nuova perdita con la morte della nonna. Caduto nel lago giocando con l'amico Rocky, Ryan riemerge in un mondo familiare misterioso, sospeso tra la terra e il paradiso, in cui accadono eventi straordinari. A guidare Ryan in questa sorta di limbo per le anime di passaggio saranno il saggio nonno Randolph (Armin Mueller-Stahl), ripresosi dall'Alzheimer che lo imprigionava nella realtà, e la solare coetanea Melanie (Hayden Panettiere), che lo conduce alla "fabbrica di polvere" del titolo: "una casa lontano da casa finché non sei pronto a tornare", un circo dove è un salto dal trapezio a stabilire se si può tornare alla vita di prima oppure proseguire nella dimensione successiva.
Debutto alla regia di Eric Small, anche nelle vesti di sceneggiatore, The Dust Factory è un edulcorato e convenzionale viaggio di formazione adolescenziale, appena venato di romanticismo, sull'importanza di riconoscere e superare le proprie paure senza rifugiarsi in un altrove comodo e sicuro, ma avendo fiducia in se stessi. Una pellicola che, sebbene non manchi di potenziali spunti interessanti, come la scelta di opporre alla paura di vivere provata da Melanie, l'angoscia che afferra Ryan di fronte alla morte - entrambe paralizzanti -, e la rappresentazione dark della "fabbrica di polvere" rispetto alla serenità dei paesaggi naturali, non trova un'originale e precisa strada estetica e narrativa per approfondirli, non riuscendo mai alla fine a coinvolgere pienamente lo spettatore, anche a causa un'evidente mancanza di ritmo. 