Shining |
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Un film di Stanley Kubrick.
Con Jack Nicholson, Shelley Duvall, Danny Lloyd, Scatman Crothers.
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Titolo originale The Shining.
Eventi,
Ratings: Kids+16,
durata 116 min.
- USA 1980.
- Lucky Red
- VM 14 -
MYMONETRO
Shining
valutazione media:
4,27
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Viaggio nella quarta dimensionedi Paolo VattelappescaFeedback: 500 | altri commenti e recensioni di Paolo Vattelappesca |
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mercoledì 10 agosto 2016 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Questo film è una lettura del tempo che è lo spazio dell'Overlook Hotel come lo era la stanza del finale, dopo il viaggio oltre l'infinito, in "2001". Siamo, come già in "Arancia Meccanica", "entrati" nel monolito. "Entrati", perchè secondo le nostre convenzioni spazio-temporali non andiamo da nessuna parte, siamo già morti. E quello di "Shining" è il punto di vista di uno spirito, come appare appena ma chiaramente accennato in alcune inquadrature come la soggettiva del "nulla" in uno dei giri col triciclo di Danny, con la macchina da presa che prosegue mentre Danny è già svoltato (ma il film comincia dall'inizio con una inquadratura che non rappresenta nessun soggetto). Tutto "Shining" è costruito per perturbare le normali coordinate di riferimento degli spettatori. Il problema del film, secondo alcuni irrisolto e forse irresolvibile, era combinare la storia di King, scelta per l'equilibrio tra l'elemento psicologico e quello soprannaturale, con le idee di Kubrick, che erano molto diverse. Kubrick racconta soprattutto l'odissea in un cervello malato e, ancora una volta, una visione dell'uomo e della storia estremamente pessimista che non potevano andare a genio a un romantico come King. Soprattutto l'edizione tagliata da Kubrick per il mercato non americano sacrifica quasi tutte le scene "normali" del film che viene così classificato come un caso di follia (ma non lo era anche "Lolita"?). Non è che Kubrick non credesse che esistessero o non piacessero uomini come quelli interpretati da James Stewart nei film di Frank Capra, ma sapeva che ce n'erano almeno altrettanti che somigliavano più a Jack (o agli altri "eroi" del cinema kubrickiano) e che soprattutto fossero più interessanti in una storia che i buoni e i bravi. Kubrick, quasi un Dr. Jekyll della macchina da presa, sembra non prendere posizione, egli è combattuto, dilaniato dal ruolo da affidare al male, dal suo rapporto indissolubile col bene, e quindi si impone un freddo distacco, quello che tanto lamenta King. Saranno i critici, gli intellettuali, il pubblico (le civiltà?) a tirare le conclusioni che crederanno. Egli per usare le sue parole, ha cercato di essere semplicemente obiettivo, ossessionato innanzitutto di mantenere il controllo per cui nulla di essenziale (e perciò così forte) sfuggisse, in ogni immagine. Ma Kubrick parla anche al cuore, anche se dopo aver parlato al cervello, e alcune delle scene più strazianti dal punto di vista emotivo sono proprio del suo cinema. Anche a queste, non siamo abituati. La verità può far male come l'inferno. L'originalità di Kubrick è nel suo essere fuori dalle mode, dalle false coscienze, dalle astratte ideologie, dai dogmi accettati passivamente, dalle convenzioni, anche cinematografiche; da quelle "convinzioni" che sono convenzioni, dai riflessi condizionati. Kubrick ha cercato di sorprendere, di meravigliare, di raccontare l'imprevedibile o l'impensabile, così facendo allargando gli orizzonti e stimolando alla riflessione filosofica e morale, politica o anche "soltanto" cinematografica e artistica. Hollywood non gli ha mai perdonato la sua distanza dall'America, dall'averla raccontata, "esiliato" in Inghilterra da "Lolita" (dove la racconta bene) come una massa di mediocrità (come Hitchcock, che infatti non ebbe mai neanche lui l'Oscar), negandogli l'Oscar come miglior regista o come miglior film. E in Inghilterra ancora imbarazza: ministri del Regno Unito, dopo 35 anni, ancora non vogliono parlare di "Arancia Meccanica".
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