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Ultimo aggiornamento lunedì 11 febbraio 2019
La vita dei giovani rapper a Mumbai.
CONSIGLIATO SÌ
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Murad, ventidue anni, vive a Dharavi, uno slum di Bombay. La sua famiglia è poverissima e sta attraversando un momento difficile, perché il padre ha portato nello stretto spazio di casa la seconda e giovane moglie, scatenando sofferenza e tensioni. Murad cerca conforto nella sua passione, la musica hip-hop, e nella fidanzata segreta di sempre, Safeena, figlia di un dentista e determinata a diventare dottoressa lei stessa. L'incontro con un noto rapper e l'amicizia che ne nasce, spinge Murad a mettere la propria rabbia in parole e raccontare la sua storia su YouTube. Più s'immerge nel sogno di fare musica e più Murad comincia a pensare che il suo futuro, e quello degli abitanti del suo quartiere, non è scritto in partenza come crede suo padre.
L'hip-hop sbarca a Bollywood in questo musical sui generis, diretto da Zoya Akhtar.
Liberamente ispirato alla storia degli MC di Bombay Naezy e Divine ("Mere Gully Main" è il brano che Divine ha registrato con la Sony Music India, nel 2015, dopo essere stato notato dalla major ad un festival): una storia d'amore e di riscatto, con tanta bella musica, rigorosamente in hindi.
"Non sono uno Slumdog Millionaire" canta "Gully Boy" Murad, riferendosi esplicitamente al titolo di Danny Boyle del 2008, eppure il film, a quel punto, ha già preso quella strada, e si avvia, seppur con ritegno, verso dove deve andare, per mille ragioni e il commercio su tutte. Come lo zucchero, l'underground viene raffinato per diventare mainstream, perdendo il sapore lungo la strada.
Ma quello che viene prima -prima del contest e dei videoclip, prima che la storia assomigli visivamente a tutte le altre storie dello stesso genere- c'è un film che vale la pena di vedere, un'India giovane e veritiera, cosmopolita, che si muove tra la città universitaria e la baraccopoli con una fluidità nuova, così come nuovi sono i rapporti tra genitori e figli (restano le vecchie sberle, sì, ma cambiano i sottotesti) e più nuova che mai è la figura femminile. Il pregio maggiore del film è proprio quello di dividere a metà il palco del protagonismo tra Murad e Safeena, personaggio straordinario, affidato all'attrice inglese di origini indiane Alia Bhatt, certamente troppo bianca per sostenere al meglio la causa, ma, si sa, il compromesso è un'arte e Bollywood è il suo teatro.
Tra piccole, perdonabili furberie di marketing e ben più gravi ingenuità cinematografiche, Gully Boy si ferma a notevole distanza da un modello come 8 Mile, ma ha un cuore che batte più forte di tanti pseudodrammi giovanilistici americani e batte il suo tempo per il pubblico più pronto a rispondergli in coro.