Titolo internazionale | The Dreamed Path |
Anno | 2016 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Germania |
Durata | 86 minuti |
Regia di | Angela Schanelec |
Attori | Miriam Jakob, Thorbjörn Björnsson, Maren Eggert, Phil Hayes (II), Anaïa Zapp Alan Williams (IV), Miriam Horwitz, Benjamin Hassmann, Petra Trenkel, Michel Drobnik, Esther Buss, Stefan Butzmühlen, Ben Carter, Caroline Garnell, Helena Hentschel, Ethan Keaton, Paula Knüpling, Brandon Lacey, Steffi Niederzoll, Cornelius Schwalm, Nicolas Wackerbarth, Alan Williams. |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 3,00 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento mercoledì 10 agosto 2016
Grecia, estate. Kenneth e Theres si amano ma qualcosa li costringe improvvisamente a separarsi. Dopo 30 anni succederà qualcosa di inaspettato.
CONSIGLIATO SÌ
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Grecia, 1984. L'inglese Kenneth e la tedesca Theres si amano e manifestano insieme per le elezioni europee, quando Kenneth viene sconvolto dalla notizia del grave incidente occorso alla madre. Fa ritorno in Inghilterra per assistere la donna, che resta in coma senza riprendere conoscenza; la storia tra Theres e Kenneth finisce, con la prima che intraprende la via dell'insegnamento e il secondo diviso tra la cura della madre e l'attività di musicista. Trent'anni dopo, a Berlino, l'attrice Ariane e l'antropologo David si separano, ma il destino delle due coppie sembra misteriosamente intrecciarsi.
Ci sono film che scelgono una maniera inconsueta per raccontare una storia, al punto tale da far pensare a una precisa volontà di mettere alla prova la reazione dello spettatore, di lavorare sulla sua soglia di attenzione e coinvolgimento. È il caso di Der Traumhafte Weg (The Dreamed Path il titolo internazionale), ottavo film della tedesca Angela Schanelec, che disseziona una storia che si svolge nell'arco di un trentennio, per ridurla alla pura essenza dei corpi che la formano e la compongono. Quello che avviene o i legami invisibili che uniscono i protagonisti passano in secondo piano di fronte all'oscuro disegno che schiaccia i personaggi e li rende strumenti del destino. Corpi rigidi, privati di ogni spasmo emozionale, quasi ieratici nella loro postura e nel loro movimento. Burattini sballottati nei decenni attraverso sogni infranti (bandiere europee nella Grecia che poi pagherà il prezzo più elevato dell'Unione, Berlino unita quando le anime che la compongono sono irrimediabilmente separate), sogni sognati (cosa è reale e cosa è semplice proiezione?) e piani di realtà che si intersecano e forse si elidono. Gli attori professionisti interpretano degli attori, come Maren Eggert; gli attori non professionisti, ballerine come Miriam Jakob o musicisti come Thorbjörn Björnsson, invece si reinventano tali, annullandosi nella concezione ultraminimalista di Schanelec. Una messa in scena rigorosa quella della regista, che molto deve a Bresson, e che trova il perfetto complemento nello stravolgimento operato sullo storytelling tradizionale, reso ermetico e sostanzialmente refrattario a ogni tentativo di analisi o semplificazione. Una visione che rappresenta in qualche modo una sfida per lo spettatore, destinata a ripagarlo con una riflessione profonda, benché mediata dal simbolismo, sul senso politico di quella che ci ostiniamo a chiamare Europa e sul cortocircuito di brutale pessimismo che attraversa i nostri sogni e le nostre ambizioni residue.