Titolo originale | Tepenin ardi |
Anno | 2011 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Turchia, Grecia |
Durata | 94 minuti |
Regia di | Emin Alper |
Attori | Tamer Levent, Reha Özcan, Mehmet Ozgur, Berk Hakman, Banu Fotocan . |
Tag | Da vedere 2011 |
MYmonetro | 3,25 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento mercoledì 18 aprile 2012
CONSIGLIATO SÌ
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Faik (Tamer Levent) è un sessantenne, ex dirigente della Vigilanza Forestale statale. Dopo la pensione è tornato ad occuparsi delle terre, di proprietà della sua famiglia da generazioni, situate in una magnifica vallata circondata da alture rocciose, in una zona interna dell'Anatolia. Si dedica all'allevamento delle capre. È aiutato da Mehmet un mezzadro, sposato con Meyrem e padre del giovane Suleyman che abita nella casa colonica. È una bella estate, ma l'uomo è costantemente teso e angustiato perché è convinto che alcuni "nomadi" (che nel corso del film non verranno mai mostrati) sconfinino nella sua proprietà e vi facciano pascolare le loro capre. Un giorno suo figlio Nusret e i suoi nipoti, Zafer e Caner giungono a trovarlo, provenienti dalla città, per trascorrere una vacanza. Il sedicenne Caner è affascinato dal vecchio fucile del nonno. Zafer è rimasto traumatizzato mentalmente durante il servizio militare e, anche in quel luogo pacifico, è tormentato dalle visioni dei suoi compagni soldati in missione antiguerriglia.
L'opera prima di Emin Alper (formato in economia e storia moderna) è un thriller anomalo perché intreccia elementi di dramma familiare, black comedy, "western revisionista" e persino horror. La scelta intenzionale del regista è quella di costruire un'intelligente allegoria con un forte significato. In effetti ha dichiarato che una parte sostanziale del tradizionale "senso comune" dei turchi riguarda la paura irrazionale nei confronti dell'altro, del diverso. Il film offre una lucida e agghiacciante rappresentazione di un microcosmo bloccato moralmente dalle proprie contraddizioni e fortemente condizionato dai pregiudizi culturali. La narrazione è ricca di sfaccettature e accumula lentamente motivi e dettagli. Le dinamiche relazionali tra i personaggi sono complesse, ma non artificiose. La tensione cresce progressivamente, mescolando calma angosciante e sorpresa minacciosa, grazie ad un abile gioco di inquadrature e di montaggio.
Alper utilizza efficacemente alcune convenzioni di genere per costruire un'atmosfera di mistero e una sensazione di costante pericolo. Valorizza visivamente anche il non detto e le emozioni che non possono esprimersi liberamente a causa delle dinamiche dell'egemonia e della prevaricazione in una società maschile, patriarcale e autoritaria, i cui membri sono al tempo stesso rei e vittime. La sua solida scrittura e il suo sguardo sono sottilmente critici, senza scadere mai in una deriva pedagogica o in inutili psicologismi. Un ulteriore fattore di qualità del film risiede nella recitazione di tutti gli attori che appare in eccellente sintonia con il clima della storia.