Anne Bancroft (Anna Maria Luisa Italiano) è un attore statunitense, regista, scrittore, è nato il 17 settembre 1931 a New York City, New York (USA) ed è morto il 6 giugno 2005 all'età di 73 anni a New York City, New York (USA).
Per sempre Anna dei Miracoli , la sensuale Mrs. Robinson del Laureato , Maria Maddalena di Gesù di Nazareth . Sono molti i ruoli in cui Anne Bancroft ha lasciato il segno. Occhi scuri, intensi, mento volitivo e naso importante, l’attrice ha interpretato sempre donne malinconiche, eppure, nella vita è stata la moglie di quel folle autore che risponde al nome di Mel Brooks. Come due rette parallele che non si incontrano mai. Anche chi oggi ha vent’anni la ricorda per lo più grazie alle sue diafane apparizioni ne Il laureato , di Mike Nichols (1967), dove faceva perdere la testa a un imberbe, ma serioso, Dustin Hoffman. Per la verità, lei odiava essere ricordata per quel film: «Mette sempre in ombra tutto il resto», diceva. Ma, se è indimenticabile mentre, seduta sul letto, si sfila le calze e seduce un Dustin Hoffman praticamente in fasce, è ancora più intensa nei panni di Annie nel drammatico film diretto da Arthur Penn nel 1962, Anna dei Miracoli , che le valse anche un Oscar come migliore attrice protagonista. Nel film, la Bancroft interpretava una giovane insegnante che educava una ragazza cieca e sordomuta: emergere in una parte così, non era affatto facile.
Figlia della prima generazione di immigrati italiani, Anna Maria Louisa Italiano, questo il suo vero nome, nasce il 17 settembre 1931 a New York, nel Bronx. Dopo un breve tirocinio in cui prende lezioni di danza e di recitazione, nel 1948 entra nella NYC’s American Academy of Dramatic Arts, dove assume il suo primo nome d’arte: Anne Marno. Bancroft glielo suggerisce il produttore Darril Zanuck qualche tempo dopo. Ma il cinema è ancora lontano, Anne si dedica alle produzioni teatrali. E, quando fa la sua prima apparizione in tv, in un serial del 1950, il suo controllo sull’arte della recitazione è così ferreo che gli addetti ai lavori ne rimangono colpiti: le dure tavole di legno dei vari teatri newyorchesi l’hanno preparata alle sfide più difficili. La gavetta in televisione è destinata a durare poco: neanche quattro anni dopo, una bella mattina il suo telefono squilla, lei risponde e all’altro capo della cornetta trova un produttore pronto a puntare su di lei. Certo, i primi ruoli non sono meravigliosi, ma lei riesce a farsi notare. Sul grande schermo debutta nel 1952 con Don’t Bother to Knock di Roy Ward Baker vicino a Marilyn Monroe. Nel 1962 arriva Anna dei miracoli , al quale segue (nel 1964) Frenesia del piacere . Lo stesso anno, dopo aver divorziato da Martin May al quale era stata legata dal 1953 al 1957, sposa l’attore e regista Mel Brooks. Il loro matrimonio dura fino alla fine dei suoi giorni.
È il 1967 quando il regista Mike Nichols la sceglie per il interpretare Mrs. Robinson ne Il laureato , che le procura la nomination all’Oscar e una notorietà che pare inossidabile. Nel 1972 dà alla luce il figlio Max Brooks. Nel corso della sua carriera ottiene altre quattro nomination all’Oscar e due premi Tony per i propri lavori a Broadway. La lista dei film ai quali partecipa è lunga, ma non si può evitare di citare Due vite, una svolta (1977) in cui “duetta” e gareggia in talento con Shirley MacLaine; The Elephant Man (1980) di David Lynch, con Anthony Hopkins; Essere o non essere (1983), insieme con il marito Mel Brooks; Agnese di Dio (1985), con Jane Fonda.
Nel 1980, con il film Fatso , scritto e interpretato da lei stessa, debutta dietro la macchina da presa, dopo essersi perfezionata nella regia all’American Film Institute. Negli anni Novanta continua a recitare, ma i ruoli che le affidano per lo più secondari. Sono fra gli altri Soldato Jane (1997) di Ridley Scott, con Demi Moore e Viggo Mortensen; ma anche il drammatico Paradiso perduto (1998) con Ethan Hawke e Gwyneth Paltrow. Si dice che nel 1972 le fosse stato offerto il ruolo della madre in L’esorcista , ma rifiutò perché incinta di suo figlio Max.
Da Il Messaggero, 8 giugno 2005
Anne Bancroft era dolce e concreta. Era soprattutto consapevole della superiorità antropologica della donna sull’uomo, tanto che a Hollywood nessuno (dopo i 50 anni) l’aveva mai più vista con la gonna. Quando le chiedevano perché avesse preferito la famiglia a Hollywood, rispondeva con una voce resa vellutata da 40 sigarette al giorno: «Stare a casa ad accudire i figli è il lavoro più importante del mondo. Perché le donne non dovrebbero farlo, visto che sono il migliore dei due sessi?». Anne Bancroft non si chiamava così. Figlia della prima generazione di immigrati napoletani, il suo nome era Anna Maria Louise Italiano e aveva visto la luce il 17 settembre 1931 a New York, quartiere dei duri con mascella volitiva, il Bronx. Danza, recitazione e tutte quelle cose che un attore poimetterà nella biografia. Lei studia anche arte drammatica e lavora duramente in teatro per farsi largo. Le tavole dei palcoscenici di periferia la rendono inossidabile e negli anni 50, quando appare in Tv nei primi serial interrotti dalla pubblicità della minestra Campbell, il suo rigore stilistico non passa inosservato. Arriva il momento del cinema e arriva anche quello di cambiare nome, perché Italiano - come non essere d’accordo? - appare troppo etnico. Quattro anni di gavetta, poi arriva «Anna dei miracoli», film che gli regala l’Oscar nel 1962 come attrice protagonista. Ma la svolta nella sua vita era arrivata cinque anni prima, quando aveva sposato Mel Brooks, uno dei più rivoluzionari, corrosivi e irrefrenabili comici in quella Hollywood così seriosa e piena di sé. Donna di carattere che diceva spesso «ho imparato a ridere in casa, noi italiani siamo leggeri, soprattutto quando abbiamo bevuto», lei trova in Mel Brooks il compagno che la prende per mano nella vita e in Dustin Hoffman quello che la conduce dritta dritta nell’olimpo del cinema. L’anno del signore è il 1967, alla vigilia della grande stagione studentesca di contestazioni e sommovimenti sociali. Il periodo è importante, perché proprio i giovani rendono «Il laureato » di Mike Nichols il film culto di un’intera generazione. Dustin Hoffman è unico sul Duetto Alfa Romeo, Mrs. Robinson è algida e sensuale quando si toglie le calze velate davanti a lui. È l’iniziazione al sesso, è il primo traguardo della vita di chi si ribella al conformismo dei padri. È il traguardo più banale e più inseguito. Anne Bancroft continuerà a recitare, prima di dedicarsi alla famiglia. «Due vite, una svolta», «Elephant man», «Essere o non essere», Maria Maddalena nel «Gesù» di Zeffirelli. Ma«Il laureato» la inseguirà per sempre. Tanto da irritarla. «Con tutto quello che ho fatto si parla solo di Mrs. Robinson. La gente non sa guardare più in là del proprio naso. Anzi di quello di Dustin Hoffman». E giù una risata.
Da Il Giornale, 7 giugno 2005
Segni cinematografici particolari? Dopo ogni telefonata cruciale si sfilava sempre, immancabilmente e nervosamente, l'orecchino... La sua originalità? Un immenso senso dell'umorismo che si schiantava contro un temperamento drammatico degno di una dea di Bergman. O per dirla con Arthur Penn: «Era un'attrice magnifica e una donna dalla gamma emozionale ricchissima». E quando a Hollywood non c'era trippa per gatti ecco andarsene a Pinewood da Mike Figgis (Mr. Jones, 1993) o da David Jones (84 Charing Cross, 1987). Anna Maria Louise Italiano, alta 1,69, una delle più seducenti, versatili, colte e sanguigne attrici newyorkesi di origini italiane, dagli anni 60 ad oggi (dalla crisi di Hollywood post'48 alla «nuova onda» kennediana, dalla Restaurazione anni 80 all'attuale crollo verticale), è conosciuta con il nome d'arte di Anne Bancroft, e per la sua voce secca, bassa e afona, non meno sexy del corpo.
Iniziò, lei nera e ombreggiata come Anna Magnani, soprannominata Annie, fianco a fianco con una Marilyn Monroe biondissima e già «The back», in un post noir dell'inglese Roy Ward Baker, Don't bother the knock (1952), ma la sua filmografia, interrottasi solo quattro anni fa con Heartbreakers - Vizio di famiglia di David Mirkin (più che altro perché è molto difficile promuovere un qualunque copione di questi tempi) non sarà mai confinata in ruoli «etnici» e non finirà, e drammaticamente, solo dieci anni dopo sotto contratto con la Fox. Sarà invece lunga, articolata, cosmopolita, sofisticata. Con picchi notevoli. Anne Bancroft veniva dal teatro off-off e dagli sceneggiati tv della fronda anti-maccartista (quando tutta l'intelligenza espulsa dagli Studios rifioriva cautamente sul piccolo schermo), partecipò al salutare scossone degli enfant terrible sessantottini, e cercò di sopravvivere all'invasione dei barbari produttori trentenni clonati e globalizzati, incravattati e monoteisti dell'audience/ box office, ascesi sciaguratamente a Wall Street nei primi 80 e ancora mai ricacciati indietro...
Certo, la sua splendida regia, Fatso, non a caso del 1980, restò unica. Ma i suoi ruoli da incorniciare sono quasi quanto i gol di Pelè. Il dottor Cartwright di Missione in Manciuria, (Seven Women) su tutti, regia di un gigantesco John Ford, anche perché se fossero tutte come quel medico le donne italiane religiose di oggi, non avremmo il terrore che abbiamo aspettando il referendum sulla fecondazione assistita. Poi il film dell'Oscar'63 (e vinse anche San Sebastian nel 1962), Anna dei miracoli, di Arthur Penn dove, nell'Alabama anni venti, è l'insegnante semi cieca di una bambina cieca; Jo Armitage di The pumpkin eater, dell'inglese Jack Clayton, che le dette la palma d'oro di Cannes nel 1964 e una candidatura all'Academy Awards; mrs. Kendal di Elephant man, l'opera che impose nel 1980 David Lynch come visionario dell'ultima generazione; Essere o non essere, omaggio anti hitleriano a Lubitsch di suo marito Mel Brooks (con il quale si divertì anche in Blazing Saddles e nel Dracula del'95); miss Nora Dinsmoor di Paradiso perduto (Great Expectation) di Alfonso Cuaron, fiaba chiave della nuova onda messicana punk-romantica; la senatrice Lillian DeHaven di Soldato Jane, esordio inquietante e sovversivo della meditazione di Ridley Scott sul «militarismo Usa» ('97)... e naturalmente la sua Mrs. Robinson del Laureato ('67), di Mike Nichols, la gran dama d'irresistibile sex appeal che conquistò Simon & Garfunkel quasi quanto l'inesperto Dustin Hoffman. E ancora i western con Allan Dwan, e i filmoni con Franco Zeffirelli, Sidney Lumet, Norman Jewison, Sidney Pollacj, Herbert Ross, Robert Wise, Michael Cimino (di The Sunchaser, 1996, dove è ancora una dottoressa, Renata Baumbauer), Harold Backer (Malice, `93), Andrew Bergman (Mi gioco la moglie... a Las Vegas, `92), Paul Bogart (Amici, complici, amanti, `88) ovvero tutte le «gran dame» della regia cool, colta e a tutto tondo, tutti i creatori di forme spazio-temporali troppo impegnativi e poi via via sempre meno «di moda».
Nata nel Bronx il 17 settembre del 1931, in 75 anni di carriera, drammatica e comica, teatrale, televisiva e cinematografica, Anne Bancroft ha girato 65 film, e oltre all'Oscar ha vinto due Golden Globe (Laureato e The pumpkin eater), due Tony (uno sempre per The miracle worker, dal dramma di William Gibson nel quale era «Annie» Sullivan, l'insegnante determinata di Helen Keller e per Two for the Seesaw con Henry Fonda) e un Emmy nel 1999 per Deep in my heart. Solo 8 altri attori hanno vinto Tony e Oscar per lo stesso ruolo (Joey Grey, Shirley Booth, Rex Harrisn, Yul Brinner, Paul Scofield, Jose Ferrer e Jack Albertson). Nel `96 era stata insignita di un premio speciale per la carriera, e probabilmente il giudizio di Mike Nichols ne sintetizza il motivo: «era una performer magistrale perché teneva insieme cervello sincerità umorismo e sensualità». Quattro volte quasi Oscar, anche per la Emma Jackin di Due vite e una svolta (The turning point, `77) e per la machiavellica madre superiora, suora Miriam Ruth di Agnes of God (`85). Peccato non ritrovarla in Terms of endearment e o nell'Esorcista (per una gravidanza): avrebbe tolto molte lacrime di plastica dal primo, e aggiunto più fifa al secondo. Perché, grazie al training Arthur Penn, teneva testa a qualunque attore di Hollywood. Basta ricordare il momento più pop dell'era new Hollywood quando un ingenuo Dustin Hoffman (30 anni) è senza scampo davanti all'adulta (solo 5 anni di più): «signora Robinson, sta cercando di sedurmi, vero?».
Da Il Manifesto, 9 giugno 2005
Sullo schermo è stata la sensuale e malinconica Mrs. Robinson, che nel Laureato faceva perdere la testa a un implume Dustin Hoffman; nella vita reale era la moglie di nome di Nata nel Bronx, dopo un breve tirocinio in cui prende lezioni di danza e di recitazione, nel 1948 entra nella NYC's American Academy of Dramatic Arts. Quando fa la sua prima apparizione in un serial tv, nel 1950, il suo controllo sull'arte della recitazione è così ferreo che gli addetti ai lavori ne rimangono colpiti. Nel 1962 arriva la parte di Annie Sullivan, in Anna dei miracoli, per la quale riceve l'Oscar come migliore attrice protagonista. Nel 1964 Anne Bancroft interpreta Frenesia del piacere, e lo stesso anno, dopo aver divorziato da Martin May, col quale era stata sposata dal 1953 al 1957, sposa l'attore e regista Mel Brooks. Il loro matrimonio dura nel tempo ed è uno dei pochi sodalizi realmente riusciti nel difficile e paludoso mondo del cinema. Nel 1967 il regista Mike Nichols la sceglie per il ruolo di Mrs. Robinson che le procura la nomination all'Oscar e una notorietà che pare inossidabile. Nel 1972 dà alla luce il figlio Max Brooks. La lista dei film ai quali partecipa è lunga, ma i più famosi sono Due vite, una svolta (1977, con Shirley MacLaine), The Elephant Man (1980, di David Lynch, con Anthony Hopkins), Essere o non essere (1983, con il marito Mel Brooks) e Agnese di Dio (1985, con Jane Fonda). Nel 1980 con Fatso, scritto e interpretato da lei stessa, debutta dietro la macchina da presa, dopo essersi perfezionata nella regia all'American Film Institute. Negli Anni '90 ha continuato a recitare, ma le vengono affidati ruoli per lo più secondari. Tra i film più noti di questi ultimi anni, Soldato Jane (1997, di Ridley Scott, con Demi Moore e Viggo Mortensen) e Paradiso perduto (1998, con Ethan Hawke e Gwyneth Paltrow).
Da la Stampa, 8 giugno 2005
Le luci di Broadway si sono spente ieri notte per rendere omaggio a Anne Bancroft, la regina del cinema e del teatro scomparsa per un tumore all'età di 73 anni. I funerali, per volere della famiglia, si svolgeranno in forma privata.
L'America e tutto il mondo, però, difficilmente dimenticheranno la «signora Robinson» del Laureato. «Anne aveva una combinazione di intelligenza, humor, sincerità e sensibilità come nessun'altra attrice, ha ricordato Mike Nichols, che la diresse proprio in quel film «Era un'attrice esperta che sapeva cambiare radicalmente per ogni parte».
Già ma quella parte così forte (nel film era una madre che seduceva il fidanzato della figlia) le aveva creato persino problemi. «Il laureato -aveva dichiarato Anne pochi mesi fa - ha messo troppo in ombra i molti altri successi della mia lunga carriera». A partire da quello di Anna dei miracoli, il film di Arthur Penn del 1962 che le era valso l'Oscar come migliore attrice, dopo averle portato il premio Tony per la versione musical a Broadway.
Nata nel 1931 come Anna Maria Louise Italiano in una casa di immigrati italoamericani nel Bronx, la Bancroft è morta all'ospedale Mount Sinai di New York per la conseguenze di un tumore all'utero. A dare l'annuncio è stato il portavoce del marito, il regista e attore Mel Brooks, dal quale nel 1972 aveva avuto il figlio Max.
La ragazza del Bronx diventata una stella di prima grandezza di Hollywood aveva cominciato negli anni Cinquanta la propria carriera nel cinema. Fu il ruolo dell'insegnante della cieca Helen Keller, nell'Alabama degli anni Venti, a portare la Bancroft alla fama e all'Oscar. Nel corso della carriera, ottenne altre quattro nomination all'Oscar e due premi Tony per i propri lavori a Broadway. Nel 1999, agguantando anche un Emmy, il premio più prestigioso della televisione, aveva completato la «tripletta» dei più importanti riconoscimenti per gli attori americani.
Tra i suoi film più celebri figurano Missione in Manciuria (1966) di John Ford. In tempi più recenti, aveva lavorato con Sidney Lumet in Cercando la Garbo (1984) e in una lunga serie di altri film che l'avevano vista come protagonista o in ruoli di supporto. Nel 1977 era stata la Maria Maddalena nel Gesù di Nazareth di Franco Zeffirelli.
«Con Anne Bancroft - ha dichiarato ieri il regista italiano - ho vissuto uno dei periodi più belli della mia vita, nella New York della fine degli anni '60. Negli anni successivi lei, via via, si defilò. Rifiutava anche le offerte più eccezionali. Mi sarebbe piaciuto tantissimo lavorare con lei. Ma sapevo che sarebbe stato difficile. Così nel '77, quando Liz Taylor dovette rinunciare alla parte di Maria Maddalena per motivi di salute mentre io ero già in Marocco per le riprese di Gesù di Nazareth, mi prese il panico e pensai subito a lei. Le telefonai paventando già una risposta negativa. Ma lei, sorprendendomi, accettò subito. E sul set fu perfetta come l'avevo immaginata. Mi mancherà e pregherò per lei».
Da L'Avvenire, 9 giugno 2005
Da piccola studia danza e all'età di 4 anni è già sul palcoscenico. Negli anni '50 inizia a lavorare per la televisione (con lo pseudonimo di Annie Marno), esordendo anche sul set cinematografico in una piccola parte. Continua a lavorare per il cinema, a Hollywood, sottoutilizzata in film di serie B, come Demetrius and the Gladiator (I gladiatori, 1954) di Delmer Daves. Ritornata a New York si dedica al teatro, vincendo un Tony con l'interpretazione di 'Two for Seesaw' ('Due sull'altalena'), al fianco di Henry Fonda (1958). L'anno seguente vince il New York Critics Award e di nuovo il Tony con 'The Miracle Worker', nella parte di Annie Sullivan. Il grande successo di pubblico fa si che il dramma venga portato sullo schermo e che B. riproponga la figura della coraggiosa istitutrice alle prese con un'allieva cieca e sordomuta. L'interpretazione di The Miracle Worker (Anna dei miracoli, 1962, regia di Arthur Penn), per la quale riceve l'Oscar, la lancia come attrice di grande forza espressiva. Nel 1964 conferma le sue doti drammatiche nel ruolo di una distratta casalinga in un film di produzione inglese, The Pimpkin Eater (Frenesia del piacere) di Jack Clayton che vince un premio a Cannes. Nel 1966 è una delle interpreti principali di Seven Women (Missione in Manciuria) di John Ford, mentre l'anno seguente nei panni dell'insinuante Mrs. Robinson seduce Dustin Hoffman in The Graduate (Il laureato, 1967) di Mike Nichols. Il fascino della sua bellezza bruna, dai lineamenti un po' forti che dichiara l'origine italiana, ben si adatta alla figura di questa quarantenne che si prende gioco dell'impacciato figlio degli amici, fino a diventare rivale della propria figlia. Il film mette in rilievo le sue possibilità di attrice brillante che sfrutterà in particolare nei film prodotti, interpretati e diretti dal marito Mel Brooks come la particina in Silent Movie (L'ultima follia di Mcl Brooks, 1976) e il ruolo sostenuto in To Be or Not to Be (Essere o non essere, 1983) di Alan Johnson. Il suo talento comico e la sua grinta professionale (che le aveva procurato la definizione di 'female Brando') fanno capolino anche nel film da lei diretto e sceneggiato Fatso (Pastasciutta, amore mio, 1978) ambientato tra gli italoamericani di New York. Degli altri film interpretati si possono ancora ricordare: The Turnishing Point (Due vite una svolta, 1977) di Herbert Ross e The Elephant Man (id. 1980) di David Lynch, e la intensa prova fornita come protagonista di Garbo Talks (Cercando la Garbo, 1984) di S. Lumet. Nella maturità l'attrice elabora, con un'attenzione paziente ai particolari, personaggi di grande rilievo drammatico, ora in veste di protagonista, ora in ruoli secondari. È una rigida madre superiora in Agnes of God (Agnese di Dio, 1985) di Norman Jewison o, è una sensibile scrittrice che intrattiene una lunga, patetica e pudica relazione epistolare con un libraio londinese (l'eccellente Anthony Hopkins) nella sommessa elegia di David Jones 84 Charing Cross Road (id., 1986), è una madre che lotta disperatamente per impedire che la figlia (Sissy Spacek) si suicidi in Night Mother (Una finestra nella notte, 1986) di Tom Moore, dove offre una delle sue prove più intense. B. non rifiuta nemmeno le occasioni minori, o sgradevoli, come il personaggio della madre arcigna di un omosessuale in Torch Song Trilogy (Amici, complici, amanti, 1988) di Paul Bogart, o l'incompiuta, e in fondo inutile, figura che disegna nel film di ambizioni psicologiche Mr. Jones (id., 1993) di Mike Figgis, o addirittura la caratterizzazione —incisiva sempre — della madre alcolizzata della protagonista (Nicole Kidman) nel contorto ma efficace thriller Malice (Malice - Il sospetto, 1993) di Harold Becker. Talvolta la forza drammatica seonfina nell'istrionismo, come accade a chi fa della recitazione un assoluto, soprattutto se proviene dal teatro. Nel 1995 è di nuovo una madre nel film di Jodie Foster Home for the Holidays (A casa per le vacanze) e compare nel film del marito Dracula: Dead and Loving (Dracula morto e contento, 1995).
Da F. Di Giammatteo, Nuovo dizionario universale del cinema. Gli autori, Editori Riuniti, 1996, Roma
Originaria del Bronx, il suo vero nome era Anna Maria Louisa Italiano, nella vita era la moglie di Mel Brooks, ma per gli spettatori di tutto il mondo resterà a lungo ancora la sensuale e malinconica Mrs. Robinson cantata da Simon & Garfunkel nel «Laureato», il film di Mike Nichols in cui interpretava la donna matura che seduceva un imberbe e serioso Dustin Hoffman: «Brindiamo a te, signora Robinson/ Gesù ti ama più di quel che sai». Figlia della prima generazione di immigrati italiani, l’attrice era nata a New York, nel Bronx, il 17 settembre 1931. Aveva studiato danza e recitazione, poi era entrata nella Nyc's American Academy of Dramatic Arts con il nome d’arte di Anne Marno. Fu il produttore Zanuck a suggerirle successivamente il cognome Bancroft. Un po’ di teatro, nel 1950 la prima apparizione televisiva in un serial le permise di colpire critici e addetti ai lavori con la sicurezza della sua recitazione, forgiata sulle tavole del palcoscenico. Nel 1953 sposò Martin May, alternando la gavetta televisiva alla vita coniugale, poi cominciarono ad arrivarle le prime proposte cinematografiche. Hollywood era pronta per lei e lei era pronta per Hollywood. Qualche ruolo minore e nel 1962, ecco l’exploit con un testo di Ginson e la parte di Annie Sullivan, che aveva già recitato in teatro: «Anna dei miracoli» di Arthur Penn le fece vincere l'Oscar come migliore attrice protagonista. Nel 1964 interpretò «Frenesia del piacere», l’anno successivo sposò Mel Brooks (l’unione con May era finita nel ’57). E il matrimonio con il regista di «Frankenstein Junior» resterà uno dei sodalizi più riusciti nel mondo del cinema. Nel 1967 arrivò il ruolo di mrs. Robinson che le procurò la nomination all'Oscar e una notorietà inossidabile. Nel 1972 diede alla luce il figlio Max Brooks. Nel 1980 debuttò dietro alla macchina da presa, dopo essersi perfezionata nella regia all'American Film Institute, con «Fatso», di cui fu anche autrice e interprete. La sua filmografia è lunga, tra i titoli più famosi ci sono «Due vite, una svolta» (1977, con Shirley MacLaine), «The Elephant Man» (1980, di David Lynch, con Anthony Hopkins), «Essere o non essere» (1983, con il marito Mel Brooks), «Cercando la Garbo» (1984), «Agnese di Dio» (1985, di Norman Jewison, con Jane Fonda), «84 Charing Cross Road (1986), «Una finestra nella notte» (1986). Negli anni Novanta aveva continuato a recitare, ma ormai le affidavano solo ruoli secondari, come in «Mi gioco la moglie a Las Vegas», «Mr. Jones», «Dracula morto e contento», di Mel Brooks, «Verso il sole» di Michael Cimino, «Soldato Jane» di Ridley Scott e «Paradiso perduto», con Ethan Hawke e Gwyneth Paltrow.
Da Il Mattino, 8 giugno 2005