Submergence

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Immergersi in un'Avventura intensa e sfuggente. Valutazione 3 stelle su cinque

di Ashtray_Bliss


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domenica 19 agosto 2018

Submergence è un film particolare dove il filo conducente, l'elemento onnipresente, è l'acqua. A prescindere dalla forma (da quella dell'oceano a quella di una vasca o di un fiume) l'acqua trasporta, avvicina e allontana i protagonisti, li immerge fisicamente e metaforicamente, li nutre spiritualmente e intellettualmente, li coccola, li unisce e li separa ma sopratutto funge sempre come metafora e simbologia che accompagna entrambi i protagonisti e gli spettatori in questa avventura intensa e drammatica. Il nuovo lavoro del regista tedesco Wim Wenders non è riuscito a conquistare critica e pubblico a causa di alcuni, importanti, difetti di cui la pellicola è portatrice; tuttavia i suoi difetti non la rendono affatto meno affascinante o fallimentare dal momento che consiste in un prodotto che si avvale di diversi registri per costruire una storia multistratificata che tocca molteplici questioni attuali e importanti quali il terrorismo, il fanatismo religioso della jihad, l'iniqua distribuzione delle risorse idriche, lo sfruttamento economico dei Paesi più poveri e specialmente africani (laddove favoriscono la nascita ed estensione delle frange integraliste) per poi affondare (semi-letteralmente) nei meandri dello spiritualismo e della trascendenza dell'anima.
L'anima umana fragile e insondabile alla costante ricerca dell'emozione scaturita dal sentimento più puro e antico del mondo che accompagna da sempre la nascita e il prosperare della vita. L'amore come l'acqua eterna linfa vitale per l'essere umano che illumina fugaci e sfuggenti momenti della nostra breve esistenza. Il resto continua a scorrere e a fluire ma qui l'elemento portante della pellicola, l'indiscussa culla della vita, riesce a raggiungere dimensioni mistiche e metaforiche che ci portano nei terreni metafisici ai quali l'acqua è sempre stata simbolicamente e indissolubilmente legata. Elemento di trasformazione e cambiamento perpetuo, simbolo di rinascita e conoscenza ma anche di distruzione e oblio, della vita e del tempo che scorre e che inavvertitamente cancellerà ogni traccia di noi, del nostro vissuto, dei nostri sentimenti. Panta rei come affermo Eraclito, col suo dinamismo e la sua potenza.

Un lavoro sicuramente ambizioso e complesso, purtroppo non sempre pienamente riuscito, che a tratti ricorda il sofferto ma poco incisivo The Last Face di Sean Penn nel tentare di sovrapporre una storia romantica all'interno di un contesto fatto di violenza insensata e becera, fanatismo religioso, sfruttamento delle risorse naturali, corruzione. Ma se l'amore e la passione tra Charlize Theron e Xavier Bardem in The Last Face si sfalda nel tempo dopo troppa sofferenza, dolore e orrore vissuti sulla propria pelle, nei quali la condizione africana -allarmante e brutale- diventava quasi periferica nel racconto di una romance che lotta per mantenersi viva, quella della Vikander e McAvoy è destinata a troncarsi subito dopo la loro separazione e svanire tra la violenza dei jihadisti e la vastità dell'oceano. Galeotta fu la spiaggia in Normandia, in un hotel di lusso che ospita entrambi prima dell'inizio delle rispettive missioni: Dani (Vikander) è una scienziata bio matematica in procinto di partire col suo team per una missione nei fondali oceanici alla ricerca di nuove prove sull'esistenza di vita e delle origini dell'uomo. James (proprio come l'attore e come Bond) è invece una spia che a breve partirà per una missione ad alto rischio in Somalia per catturare dei terroristi ma usa la copertura di ingegnere idrico e così si presenta anche all'enigmatica Dani. Nuovamente e chiaramente l'acqua è il leit-motiv della storia e l'elemento che lega i due protagonisti, facendo scoppiare un'improvvisa passione che sfocia in amore. Tempestoso, vibrante, appassionato e fulmineo. Un amore destinato ad essere spazzato via, perso tra le onde che si infrangono sulla spiaggia e poi trascinato nelle profondità oceaniche, tra gli abissi, dove si immerge la protagonista Dani. 

Wenders costruisce comunque un film che si avvale molto del dualismo e della contrapposizione che visivamente riesce a inquadrare e rendere molto abilmente; in primis il contrasto degli ambienti e degli spazi che ospitano i protagonisti dalla loro separazione in poi: luminoso e aperto quello di Dani sulla nave che la ospita prima della missione nell'oceano Atlantico; oscuro, buio e chiuso quello di James, incarcerato in una cella senza finestre da qualche parte in Somalia e poi trasferito in una ancora più profonda e buia che non a caso egli stesso paragona al fondale marino. Questa alternanza e dualità si ripete frequentemente sullo schermo mentre il regista gioca col cambio di prospettiva dei protagonisti che conducono le loro esistenze parallele e culmina la sua costruzione dualistica con l'eterna contrapposizione dell'anima versus il corpo. Della forma opposta alla sostanza, del mortale contro l'immortale dell'assunto platonico riconnettendoci ad una dimensione più mistica e trasportando la relazione di Dani e James dai terreni materiali e fisici a quelli metafisici. A dimostrazione che l'amore (come l'acqua) è vitale, implacabile, non conosce limiti o ostacoli di forma ma li trascende poichè come l'anima è immortale

Spunti intellettualmente stimolanti e interessanti coadiuvati dall'ottima performance degli attori protagonisti, il premio oscar Vikander e il candidato James McAvoy. Purtroppo il film viene penalizzato dal suo stile palesemente narrativo, dai dialoghi colti e ricercati ma troppo innaturali per una coppia di amanti appena conosciuti e da un prologo ben costruito ma troppo lungo (oltre 40 minuti) che introduce bene i personaggi ma svia anche lo spettatore dalle intenzioni e dal tono che assume in seguito la pellicola. Dapprima romantico e malinconico, successivamente vira sul drammatico e sul thriller dalle tinte politiche, sociali e ovviamente esistenziali. Altro notevole difetto è la scrittura del personaggio di Dani; Alicia Vikander è nota per la sua inclinazione a scegliere sceneggiature di stampo melodrammatico e romantico, dai toni melanconici e strazianti, e ricordiamo infatti la sua partecipazione in The Danish Girl, The Light Between Oceans, Tulip Fever e Royal Affair. Ma in Submergence il suo personaggio non emerge mai a dovere, non convince, non appassiona e non crea una connessione col pubblico. Il suo malessere interiore per il mancato contatto con James si limita ad esprimersi con l'ossessione per lo smartphone che controlla continuamente durante la giornata arrivando persino a rinunciare ad una delle missioni perchè in alto mare non c'è campo. In altre parole, Dani non rende giustizia ad una grande attrice come la Vikander che qui si riduce ad essere un love interest senza ulteriore coinvolgimento. Molto più interessante e approfondito il personaggio di James che assume più sfumature. Complice il luogo della sua cattura e detenzione e il suo confronto diretto con alcuni capi locali dei gruppi jihadisti offrono maggiori e più rilevanti spunti di riflessione di natura attuale, politica, sociale ed ecologica rendendo contemporaneamente meno statico e stereotipato il protagonista maschile. Certo alcune perplessità avvolgono anche il suo di James; ad esempio perchè non attiva prima il gps/ localizzatore della sua capsula? Perchè non tenta la fuga quando viene trasportato nella zona semi desertica? Indubbiamente questi quesiti troveranno risposte dettagliate nel libro (da cui la storia è tratta) ma qui restano sempre in sospeso e confondono il pubblico. 

In definitiva Submergence è un prodotto riuscito soltanto a metà. Ottima la regia e la fotografia che alterna alcune magnifiche sequenze tra spiagge, l'unicità geografica delle isole Faroe, distese di deserto africano, scogliere. Meno riuscito nella scrittura e resa dei protagonisti, specialmente della controparte femminile che non solo occupa meno tempo sullo schermo ma proprio non risulta incisiva e credibile. Buona l'intenzione di stratificare l'opera e variare registri e generi, passando dal melodramma al thriller cosa che avviene in modo abbastanza armonico ma nuovamente si sbilancia dal suo prologo/ introduzione troppo lungo e fuorviante rispetto al resto della pellicola. 
Wim Wenders ovviamente non tenta di ripetere i capolavori de Il Cielo Sopra Berlino o Paris, Texas ma confeziona comunque un'opera interessante e affascinante, quanto i suoi interpreti, che cattura l'attenzione del pubblico anche grazie alle molteplici allegorie, metafore, divagazioni filosofiche e letterarie che confermano l'impressione di un film ricercato e sofisticato nonostante i suoi difetti. Da vedere: 3/5.

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