Starfish |
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Un film di A.T. White.
Con Virginia Gardner, Christina Masterson, Eric Beecroft, Natalie Mitchell.
continua»
Drammatico,
- USA 2018.
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Affrontare un lutto e la fine del mondo.di Ashtray_BlissFeedback: 29534 | altri commenti e recensioni di Ashtray_Bliss |
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domenica 22 dicembre 2019 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Lungometraggio peculiare, ipnotico, avvolgente, a suo modo incisivo seppur difficile da seguire e da capire. Dopotutto, Starfish non è un film che chiede di essere capito o interpretato ma di essere vissuto, attraverso le sensazioni che risveglia negli spettatori, a partire da quella immensa e devastante sensazione di vuoto interiore successivo alla perdita di una persona cara. Se al dolore del lutto aggiungiamo il fardello lacerante del senso di colpa otteniamo un'idea del elaborato affresco psicologico che si delinea con Starfish. Opera ondivaga ma affascinante che fa ricadere quasi interamente il peso della sua missione su una giovane e talentuosa Virginia Gardner, Starfish non è soltanto un connubio di generi ma uno sconfinamento progressivo all'interno di un'opera prettamente sperimentale che unisce il dramma, interiore e personale come quello di un lutto che non riesce a essere elaborato, al survival movie, al mystery, all'horror e allo sci-fi condito da passaggi d'animazione che confondono ma al contempo ammaliano lo spettatore che viene travolto da questo atipico film di sopravvivenza dinanzi alla fine del mondo come lo conosciamo. Gli indizi, abbondanti e suggestivi, certamente non mancano; dalla canzone che ossessionava Grace, alle audiocassette, alle onde sonore che aprono o chiudono misteriosi e incomprensibili portali, al vero rapporto che lega Grace a Aubrey. Tanti tasselli di un puzzle mentale che non sempre riesce a dare risposte concrete e rischia di deludere o irritare i meno pazienti e rigorosi. Starfish non intende dare risposte e non intende dare un senso compiuto al caos che si materializza sullo schermo. Un caos volto alla rappresentazione del lutto, del dolore e del senso di colpa attraverso uno stato d'animo di progressiva dissociazione della personalità (come afferma la protagonista stessa durante una visita immaginaria della sua amica defunta), uno stato di confusione e depressione tale da isolarsi dal mondo e da portarlo, figuratamente, sull'orlo della distruzione totale. Aubrey è infatti sola durante tutto il film, una scelta e un desiderio personale che viene rimarcato durante il film anche nella scelta di vestire Aubrey con la pelle di un lupo, ma forse anche l'unico modo per tentare di affrontare i fantasmi ed espiare gli errori del passato. Che fosse un tradimento? O l'abbandono di una amica malata? A nessuno è dato saperlo. Ma la componente metaforica del film è talmente potente ed evocativa che non serve realmente saperlo, non serve trovare per forza delle risposte logiche laddove non esistono o degli schemi precisi. L'invasione aliena, la fine del mondo, i salti temporali. Tutto è reale e niente lo è.
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