Submergence

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Wenders si è perso nella jihad

di Fabio Ferzetti L'Espresso

Certi film andrebbero davvero visti "al buio", cioè senza sapere nulla dei loro autori. Chi ha scritto questa sceneggiatura, chi l'ha diretta, cos'avevano fatto prima? Se avete passato la metà della vostra vita adulta al cinema, è dura far finta di niente. Eppure "Submergence" andrebbe visto proprio così. In apertura uno dei volti femminili più vibranti di questi anni, quello di Alicia Vikander, si cala negli abissi mentre una voce fuori campo discetta sulle incredibili condizioni chimico-climatiche in cui vivono certi organismi estremofili nelle profondità marine. La metafora è in agguato ma abbiate pazienza. Sul fronte maschile ecco invece il quotatissimo James McAvoy scambiarsi informazioni riservate con altri 007 tra le sale di una mostra, ripresa con indubbia eleganza, di Caspar David Friedrich, il pittore del Sublime. È un altro segnale ma la scintilla scocca solo quando i nostri eroi, lei biomatematica marina con venature mistiche, lui spia sotto copertura, credente e fedele lettore di John Donne, si incontrano per caso in un sontuoso albergo in Normandia. In mani meno abili, tra jogging sul bagnasciuga, attrazione frenata dal bon ton, conversazioni ultracolte, bunker nazisti spiaggiati, il colpo di fulmine tra questi due superdotati (di classe, intelligenza, bellezza, cultura etc.) poteva franare nel ridicolo. Invece è la parte migliore del film, quella in cui l'amore sembra fondersi alla paura per i destini del mondo e al mistero delle sue origini. Purtroppo però è solo una promessa, estratta dal romanzo di J.M. Ledgard, ex inviato in Africa dell'Economist, da cui nasce il film. Quando lui parte e sparisce, catturato da un gruppo di jihadisti in Somalia, e lei non avendo più sue notizie si dispera, capiamo che la partita è persa. Tra dialoghi infiniti, comprimari improbabili, parallelismi insistiti tra gli abissi in cui lei sta per tornare e quello in cui è caduto lui, "Submergence" sbanda, si ripete, disperde un cospicuo capitale emotivo intrecciando thriller, metafisica e sentimentalismo. Per legare in un unico disegno i misteri della Natura e gli orrori della Storia ci voleva il primo Malick o il Guzman del mirabile "La memoria dell'acqua". Wim Wenders, con tutto l'amore che si può avere per i suoi film migliori, non era il regista adatto. Dal 22 agosto.
Da L'Espresso, 18 agosto 2019


di Fabio Ferzetti, 18 agosto 2019

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