È un film disperato, appena appena compiaciuto degli orrori e della angoscia che rappresenta, pensato e girato con l'evidente intento di parlare del mondo di oggi, quello in cui viviamo che (forse) si avvicina inesorabilmente a una catastrofe alla quale manca la prospettiva certa di una palingenesi.
La musica è molto ben fatta ma anche lì manca qualcosa: un tema forte, una melodia autentica come è di norma delle colonne sonore dei film western. Manca quindi "il senso", il "punto di riferimento", vige l'inquietudine, la tensione che non si scioglie mai.
L'ambiente è un dantesco inferno ghiacciato in cui Cristo (la statua di legno ricoperta di neve) è lasciato nella assoluta indifferenza ad agonizzare solo e abbandonato.
Nella casupola di legno la porta non chiude più, è necessario sbatterla con forza e inchiodarla ogni volta che qualcuno entra o esce. Il mondo esterno è solo "minaccia", climatica e umana.
Per essere salvati dalla morte per freddo, per essere ammessi nella casa, per sapere quali rapporti si possono stabilire, tutti i personaggi hanno bisogno di un "documento" che comprovi la loro identità e il loro status di buoni o cattivi.
Non è più possibile riconoscersi in quanto esseri umani; "comunità" non significa più identificarsi con dei valori, una cultura, un modo di essere e stare insieme.
Conta solamente "il documento rilasciato dalla autorità di governo".
Ma la cosa più spiazzante del film, molto à la Cacciari se si vuole, è che la vera autorità, la "auctoritas", in realtà non esiste più, è del tutto assente, resta esclusivamente come "lontanissimo ordine senza scopo né orientamento".
In assenza di auctoritas - ossia di una condivisa idea di appartenenza comunitaria immediatamente e tradizionalmente riconosciuta, accettata, rispettata da tutti - i protagonisti, in una coazione a ripetere da automi, la sostituiscono con la "potestas" dell'autorità amministrativo governativa arrivando a concepire gli unici sprazzi di dolcezza e affettività proprio sotto la specie di un riconoscimento fornitogli da quella autorità. Riconoscimento che ovviamente deve assumere la forma di un...?
Documento.
La lettera di Lincoln scritta con grande simpatia all'ex schiavo nero che la mostra a tutti con orgoglio, in cui il presidente conclude facendo un tenero riferimento alla anziana moglie ascoltando il quale si inumidiscono gli occhi anche dei peggiori bounty killer del Wyoming.
Lettera, ovviamente, falsa.
In questa assenza di autentica auctoritas, senza la quale l' "autorità amministrativa" (potestas) diventa principio puramente autoreferenziale, ossia in questa liquefazione del senso stesso di "comunità umana", nemmeno i sentimenti dei legami affettivi più istintivi riescono ad assumere un valore di redenzione; nemmeno la condizione di sconfitto può più generare solidarietà; nemmeno chi evidentemente subisce l'ingiustizia può essere rappresentato come meritevole di riscatto.
La banditessa a un certo punto dice una frase che rivela pienamente lo stato di spleen irreversibile del film.
Chiama "nigger" il nero, si prende le botte e quando gli spiegano quella N-word non piace agli afroamericani risponde in un insolito moto di tristezza, in quanto "donna" di bassa condizione in un mondo di maschi: "A me hanno detto molto di peggio".
Viene picchiata a sangue, insultata, la stanno portando a essere impiccata a Red Rock e lei canta alla chitarra una canzone che curiosamente è quella dei deportati nei bagni penali australiani, in cui si ricordano le frustate, le umiliazioni subite e dove si parla dell'ultimo sogno possibile rimasto, scappare a fare i banditi nel bush.
Non può più nemmeno concepire la vera libertà; il mondo "di una volta" sconfitto dal mondo "organizzato" secondo le leggi impersonali può esistere e resistere solamente come devianza.
I membri della banda che cerca di liberare la donna sono tutti animati da un profondo sentimento di lealtà, il fratello si fa ammazzare per lei ma d'altra parte loro stessi uccidono con crudeltà, indifferenza e con l'inganno, delle povere donne innocenti.
Ormai non c'è più possibilità alcuna di essere comunità e per questo la porta che non si chiude bene deve ogni volta essere inchiodata: i legami "legali", quelli del "documento", hanno preso il sopravvento fagocitando definitivamente i legami "umani"; ma questi legami legali, non appartenenti ad alcun luogo e ad alcun tempo particolare - ossia "astrattamente filosofici, tecnici e globalizzati" - non hanno la forza di permanere di per sé stessi.
La loro reale funzione sarebbe quella di armonizzare i "legami umani", renderli partecipi di una interazione che li trascenda in "comunità", ma avendoli sopraffatti in nome di idee e principi inesorabilmente lontani dal "qui e ora" li hanno portati a una regressione che li riduce alla loro forma più basilare e violentemente animalesca.
Eppure, o forse proprio per questo, profondamente umana.
Anzi, l'unica e sola "vera umanità" (la dolce lettera di Lincoln infatti è falsa) che però ormai, abbandonata a sé stessa, sminuita e rinnegata, non è più riscattabile né redimibile.
La potestas ha preteso di assumere il ruolo di auctoritas - ossia si è messa in atto la globalizzazione - uccidendo per sempre qualsiasi auctoritas possibile e avvelenando la capacità rigenerativa dei più preziosi semi primari e istintivi dello stare insieme comunitario.
Un pelino più essenziale e sdegnato e sarebbe stato un capolavoro.
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