Il sogno di Leatrice, quando ancora viveva nella città natale di Shuteston, un sobborgo di New Orleans, era quello di recitare. L'aver interpretato in una recita scolastica il personaggio di Lady Guinevere era stata una delle sue maggiori gioie. E quando seppe che un regista francese, René Plaissetty, era venuto a girare un film a New Orleans, fece il diavolo a quattro e riuscì ad entrare nel cast. Sfortunatamente, i soldi vennero a mancare e The Folly of Revenge, così si chiamava il film, benché finito, non venne mai distribuito. Alla morte del padre, Leatrice e la madre si trasferirono a New York e tra i vari lavori - indossatrice in un negozio di abbigliamento, modella per il calendario della Prudential Life Insurance Company - Leatrice fece anche delle comparsate a Fort Lee, dove le capitò di fare la controfigura di Mary Pickford, ma anche la protagonista di una serie di brevi comiche con Billy West. Ormai il cinema s'era trasferito a Hollywood ed è lì che Beatrice se ne andò in cerca di fortuna. Dopo vari tentativi andati a vuoto, accettò di recitare nella compagnia di Virginia Brissac, che si esibiva nei teatri della costa del Pacifico in collaudati polpettoni come Rebecca o) Sunnybrook Farm o Johnny, Get Your Gun!, un'esperienza con il pubblico in diretta che fu assolutamente proficua per Leatrice, di natura timida e introversa, anche se di carattere volitivo. Tornata a Hollywood dopo diversi mesi, con buone critiche, non le fu difficile trovare lavoro: naturalmente i western, ove figurò come «riposo del guerriero», diversi film di categoria «B» ma da protagonista e qualche film di rilievo ma in seconda posizione, come A Tale of Two World (1921) o Ladies Must Live (1921), dove ebbe come partner un giovane attore alle prime armi, John Gilbert. Fu amore a prima vista e i due si sposarono ancora durante la lavorazione del film che, visto da Cecil B. DeMille, fruttò a Leatrice una scrittura per Saturday Night (1922). De Mille aveva scelto Leatrice con l'intenzione di farne una seconda Gloria Swanson, visto che quest'ultima, dopo essere diventata grazie ai film di DeMille una star di prima grandezza, aveva preferito per il prosieguo della carriera scegliersi dei registi più mansueti. All'inizio delle riprese si ebbero violenti battibecchi tra il regista e l'attrice, la quale non intendeva affatto divenire la copia di un'altra, ma voleva farsi conoscere con la sua propria immagine. E la ebbe vinta: DeMille comprese e la lasciò fare. Saturday Night, seguito poi da Manslaughter (1922) e The Ten Commandments (1923), anche questi di DeMille, fecero di Leatrice Joy una star. Nei successivi film, molti dei quali supervisionati da DeMílle, The Wedding Son (1925), Made for Love (1926), Eve's Leaves (1926) e in altri come The Dressmaker of Paris (1925), For Alimony Only (1926), Vanity (1927), Leatrice, che si era tagliata i capelli cortissimi, quasi da sembrare un maschietto, si dimostrò brillante comedienne, capace di passare disinvoltamente da un abbandono sentimentale ad un atteggiamento malizioso, da un broncio contegnoso a una risata a gola spiegata.
Il matrimonio con Gilbert, allietato nel 1924 dalla nascita di una figlia, durò, tra abbandoni e riconciliazioni, fino al 1925. Leatrice si ritirò dal cinema quando arrivò il sonoro e vi ritornò occasionalmente in qualche ruolo marginale. Si sposò un altro paio di volte ed ebbe lunga vita. Quando nel 1977 De Witt Bodeen, che era andato a intervistarla, le chiese perché la targhetta sulla porta di casa indicava «Leatrice Joy Gilbert». «E perché no? - rispose pronta l'arzilla ottuagenaria - Gilbert è stato il mio solo amore e sono felice e orgogliosa di essere la madre di sua figlia!».

Da Le dive del silenzio, Le Mani, Genova, 2001.