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Un mondo a parte, una commedia in cui tutto scivola verso toni dolceamari

Il film di Riccardo Milani è una storia di provincia, molto umana, in bilico fra humour e tenerezza, fra grottesco e malinconia.
di Giovanni Bogani

Un mondo a parte

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Antonio Albanese (59 anni) 10 ottobre 1964, Lecco (Italia) - Bilancia. Interpreta Michele Cortese nel film di Riccardo Milani Un mondo a parte.
venerdì 29 marzo 2024 - Focus

Vedi Antonio Albanese arrancare per una strada di montagna, quasi inghiottito dalla neve, lo vedi bloccarsi con le ruote che non vanno né avanti né indietro, e un lupo che lo guarda. E pensi: “Ecco, un altro film come Benvenuti al Sud, con qualcuno che si ritrova in un paesino di un’Italia ignota, con mille difficoltà da superare, e che alla fine si innamorerà di quel paesino”.

Ti sembra di aver già visto questa storia, ti sembra di aver già visto quest’Italia di paesini, innocente e comica, senza trucco ma con un gran cuore, che ti gira dentro gli occhi fin da Pane, amore e fantasia, per arrivare a due film girati poco più giù, Basilicata coast to coast e Un paese quasi perfetto. Tanti piccoli paesi quasi perfetti, abbiamo visto nel cinema italiano degli ultimi anni. Buoni per ambientarci una favola, per raccontarci che l’Italia è ancora bella, che non siamo brutti, sporchi e cattivi.


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In foto Virginia Raffaele e Antonio Albanese, protagonisti del film Un mondo a parte di Riccardo Milani. 

C’è tutto un cinema italiano innamorato dei borghi. Paesini rassicuranti, dove la vita sembra più semplice da vivere, e da raccontare: in fondo, anche Nuovo cinema Paradiso racconta un microcosmo di paese, spalma il racconto di nostalgia. Così, hai fatto gli anticorpi, quando vedi un film con un’auto che sta per fare il suo ingresso in un paese dimenticato.

E invece. E invece piano piano il film ti conquista. Per il gran cuore che senti sempre in ogni interpretazione di Antonio Albanese, sempre più chapliniano – una scena, in cui non riesce a mangiare la minestra, nella sua casa gelata, perché gli tremano le mani dal freddo, ricorda La febbre dell’oro – e per lo sfrigolare continuo della verve di Virginia Raffaele, che ha dei tempi di reazione così diversi da quelli di Albanese da risultare perfetta. Si ride, per l’irrompere del dialetto abruzzese in modo prepotente, con Albanese stupefatto di fronte al sound marsicano: “M’vaj a’crcà” per dire “vado a dormire”, “oràp’ e’ffjùle” per “rape e fagioli”. E “òuh!”, una specie di grugnito declinato in mille modi diversi, una specie di parola universale per salutare chiunque.


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In foto una scena del film Un mondo a parte di Riccardo Milani.

E così, insieme ad Albanese, maestro di scuola che sceglie di andare via da una scuola romana dove da tempo è disintegrato ogni rispetto per i maestri, in quel paesino pieno di neve ci finiamo anche noi. E il film racconta un po’ questo: la necessità di entrare in altri mondi. Per il personaggio interpretato da Albanese, che “scopre” il paesino. Ma anche per il paesino, che scopre di aver bisogno, per sopravvivere, di integraare profughi ucraini e figli di migranti. È un piccolo specchio dell’Italia, di un’Italia che ha bisogno di accogliere, di fondersi e confondersi.

Certo, potremmo anche dire che non c’è nessun cenno all’orrore che i bambini ucraini debbono aver vissuto, prima di finire in uno sperduto paesino d’Abruzzo. O che non c’è nessun discorso sulla integrazione dei figli di magrebini, cresciuti in Abruzzo, a imparare il dialetto marsicano, ma ignorati fino al momento in cui diventa essenziale farne entrare almeno uno nella scuola. E potremmo anche scandalizzarci per una disabilità inventata, al fine di “fare punteggio” per tenere aperta la scuola. O potremmo obiettare che si va a L’Aquila, ma non un cenno in tutto il film viene fatto sul terremoto che ne ha squassato la vita, e di cui ancora si sentono le conseguenze.

Ma trattasi di commedia, à la guerre comme à la guerre, ogni espediente è buono per mandare avanti la macchina narrativa. E in mezzo a tutto questo, ci sono momenti di fulgore, di minuta e toccante poesia. Albanese che imita il verso del grillo ai bambini incastonati nelle montagne, che gli spiegano la differenza fra il grido della ghiandaia e quello dell’aquila. L’incontro notturno con un cervo. O l’incontro degli occhi di Albanese con quelli di Virginia Raffaele.


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In foto Virginia Raffaele e Antonio Albanese, protagonisti del film Un mondo a parte di Riccardo Milani. 

Cerca di trattare tanti temi, il film di Riccardo Milani: anche quello della apertura mentale che non c’è, in un paesino dove una figlia omosessuale non è qualcosa di accettabile. E certamente, anche quello della tentazione di andarsene: della scelta di rimanere come scelta scandalosa, quasi folle.

Insomma: nasce come commedia, ti aspetti un susseguirsi di gag. E invece tutto scivola verso toni dolceamari. Perfetti per Antonio Albanese, che sembra essersi scolpito addosso ogni sfumatura del suo personaggio. Ma bravissima anche Virginia Raffaele, che modella un accento straordinariamente credibile, e che dà vita a un personaggio gentile, ma anche forte.

E viene in mente che Albanese lo avevamo lasciato in provincia, un’altra provincia, profondo Nord, a Olginate, a raccontare un altro microcosmo, quello dei poveracci fregati dalle banche, in Cento domeniche. E capisci che nessuno meglio di lui poteva infilarsi fra le pieghe di una storia minuta, intima. Una storia di provincia, molto umana, in bilico fra humour e tenerezza, fra grottesco e malinconia.

Guardi i titoli di coda, e scopri quello che sospettavi: gran parte degli attori non sono attori di professione, sono persone del luogo. E ti sembra una bella notizia: perché tutti recitano bene, perché il sound abruzzese dà corpo al film. E “attore”, alla fin fine, è solo un mestiere come un altro, come assicuratore o autista, come muratore o contadino. E di fronte alla telecamera, alla fine, chi fa il mestiere dell’autista e chi fa il mestiere dell’attore, siamo tutti uguali. A cercare di tirare fuori un po’ di verità.


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