jonnylogan
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domenica 1 ottobre 2023
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non siamo i tenenbaum
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A metà anni ‘50 ad Asteroid City, piccola cittadina nel deserto, viene organizzato un convegno di astronomia dedicato alle scuole. Durante la manifestazione i presenti hanno un incontro con degli extraterrestri e per evitare una fuga di notizie, che potrebbero gettare nel panico la popolazione, l’esercito pone tutti i presenti in quarantena e gli proibisce di abbandonare la città.
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A metà anni ‘50 ad Asteroid City, piccola cittadina nel deserto, viene organizzato un convegno di astronomia dedicato alle scuole. Durante la manifestazione i presenti hanno un incontro con degli extraterrestri e per evitare una fuga di notizie, che potrebbero gettare nel panico la popolazione, l’esercito pone tutti i presenti in quarantena e gli proibisce di abbandonare la città.
Il Texano Wes Anderson, torna davanti la macchina da presa a un paio d’anni di distanza dal suo penultimo film (The French Dispatch of the Liberty, Kansas Evening Sun; 2021) gettandoci, a suo modo, nel centro di una narrazione teatrale e surreale che prende il nome dal piccolo paese immaginario che fa da location a una vicenda dai tenui colori pastello che richiamano i quadri di Hopper, per via dell’ambientazione cittadina, fatta di pompe di benzina, drugstore e tavole calde, ma non le ambientazioni gelide e notturne.
Asteroid City è quindi una meta - narrazione in cui una voce fuori campo, impersonata dall’ex - Walter White: Bryan Cranston, s’intrufola nei colori pastello per riportare la narrazione a un più livido bianco e nero, favorendo, con le sue intrusioni, una precarietà narrativa perennemente in bilico fra le scelte di uno sceneggiatore e il suo desiderio di portare in scena la sua opera e come questa sia poi immaginata e resa in scena.
Di Anderson quest’ultima pellicola ha tutto, ogni suo stilema e marchio di fabbrica a iniziare dai discorsi verbosi e all’apparenza inutili, alle situazioni fuori luogo e ai limiti dell’assurdo a un cast imbottito di super star hollywoodiane desiderose di partecipare a una sua pellicola, si trattasse anche solo di poche pose. Presentato ancora una volta, come il suo predecessore, a Cannes, anche quest’ultima pellicola vale la pena d’essere vista ma solo se non ci si attenda l’Anderson dei primi film nei quali il dialogo surreale non era svuotato di significato, come in tal caso, ma ne era riempito per raggiungere un significato ‘più aulico’ . In tal caso invece Anderson sembra compiacersi delle sue scelte e delle palette di colori, non riuscendo però ad aggiungere molto alla sua parabola artistica.
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[+] personaggi in cerca di un senso
(di antonio montefalcone)
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tozkino
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mercoledì 11 ottobre 2023
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una visione banale e scialba
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Una delusione, una noia, un senso di ribellione mi ha pervaso durante tutta la durata del film. Forse chi ama questo regista, che la critica definisce hipster (cioè anticonformista e rivoluzionario) griderà al miracolo di genialità, ma chi (come me) non l'ha mai amato, chi l'ha sempre trovato eccessivo, troppo schiavo dello stile e dell'estetica, protesterà contro un film davvero scialbo, banale, inutile. A meno che uno non decida, per una volta di lasciarsi andare, di accettare un viaggio popolato, sì, da un cast stellare costretto (a suon di dollari) a recitare piccole parti inutili e insipide non degne del personale palmares, un raccontino dove anche la trama ancora una volta è secondaria, rispetto alla sua volontà di esercitare una specie di metanarrazione (e che parolone hanno inventato, pur di dare credibilità al nulla) pure qui senza freni, al solo scopo di fare un inutile sfoggio di virtuosismo registico.
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Una delusione, una noia, un senso di ribellione mi ha pervaso durante tutta la durata del film. Forse chi ama questo regista, che la critica definisce hipster (cioè anticonformista e rivoluzionario) griderà al miracolo di genialità, ma chi (come me) non l'ha mai amato, chi l'ha sempre trovato eccessivo, troppo schiavo dello stile e dell'estetica, protesterà contro un film davvero scialbo, banale, inutile. A meno che uno non decida, per una volta di lasciarsi andare, di accettare un viaggio popolato, sì, da un cast stellare costretto (a suon di dollari) a recitare piccole parti inutili e insipide non degne del personale palmares, un raccontino dove anche la trama ancora una volta è secondaria, rispetto alla sua volontà di esercitare una specie di metanarrazione (e che parolone hanno inventato, pur di dare credibilità al nulla) pure qui senza freni, al solo scopo di fare un inutile sfoggio di virtuosismo registico. Il film è stato anche presentato al Festival di Cannes dove è stato da alcuni esaltato e da altri distrutto: secondo me l'ultimo lavoro di Anderson ha comunque una certa dose di leggerezza, unita a uno strano concetto estetico (tutta la scenografia sembra di plastica, con l’uso eccessivo dei colori pastello, stucchevoli e ingombranti. Ma torniamo ad Asteroid City: la storia è ambientata in un nostalgico passato statunitense, quello nel quale gli Usa si erano convinti di essere i profeti e gli annunciatori di un modo nuovo e rivoluzionario di vivere la libertà: di averne avuto la Missione (chissà da chi, e di avere l’obbligo morale di imporla in tutto il globo terraqueo). Una vera sindrome, una malattia che per decenni ha mostrato gli Usa come conquistadores del mondo intero. Per fare questo il regista ha messo su un cast incredibilmente numeroso, ma onestamente mal utilizzato, visto che ci sono nomi, anche notevoli, che ricevono uno spazio senza ombra di dubbio esiguo, insufficiente. Tanti bravi attori, tanti mezzi per un filmetto, con le sue atmosfere retrò, i già sottolineati orribili colori pastello, per celebrare il nulla totale.
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felicity
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lunedì 12 febbraio 2024
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un film densissimo che appare vuoto
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Asteroid City è un paradosso: un film densissimo che appare vuoto, che parla di tante cose quando non sembra dire nulla, che chiude i suoi personaggi in spazi estremamente limitati per metterli in contatto con l'infinito. Lo è perché è così che lo ha voluto il suo creatore, nel tentativo di riflettere sul rapporto tra forma e narrazione, tra rigore formale e immaginazione. È sia una riflessione che un manifesto, di poetica ed estetica, e forse è per questo che appare molto più freddo di quanto non sia in realtà. È l’opera di un autore che sembra guardarsi indietro e mettere in scena ciò che vede. Proprio per questo, è incredibilmente autoreferenziale, ma lo è un po’ tutto il cinema di Wes Anderson.
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Asteroid City è un paradosso: un film densissimo che appare vuoto, che parla di tante cose quando non sembra dire nulla, che chiude i suoi personaggi in spazi estremamente limitati per metterli in contatto con l'infinito. Lo è perché è così che lo ha voluto il suo creatore, nel tentativo di riflettere sul rapporto tra forma e narrazione, tra rigore formale e immaginazione. È sia una riflessione che un manifesto, di poetica ed estetica, e forse è per questo che appare molto più freddo di quanto non sia in realtà. È l’opera di un autore che sembra guardarsi indietro e mettere in scena ciò che vede. Proprio per questo, è incredibilmente autoreferenziale, ma lo è un po’ tutto il cinema di Wes Anderson. Questo film però tende a sacrificare la propria storia in favore della pura speculazione. I personaggi, nonostante le ottime interpretazioni del cast stellare, rimangono sempre sagome di cartone, funzionali a mettere in scena precisi ragionamenti, ma delle cui sorti ci importa molto poco. È forse il motivo per cui il film potrebbe essere respingente per chi non ama incondizionatamente il lavoro del regista statunitense. Si fatica un po’ a grattare la superficie estetizzante di Asteroid City e vedere quello che c’è sotto: un dialogo che continua e si alimenta soprattutto dopo i titoli di coda e, almeno personalmente, risulta talvolta più appagante della visione stessa.
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imperior max
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lunedì 2 ottobre 2023
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non puoi svegliarti se non ti addormenti!
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Anni ’50, in una cittadina di 87 abitanti, in mezzo al deserto con un enorme cratere provocato da un piccolo asteroide, arrivano un padre e i suoi quattro figli con l’auto in panne. Nell’attesa di farsi prendere dal nonno, astioso nei confronti del genero, il figliolo partecipa ad un concorso scientifico di lì tenutosi, con tanto di mostra e cerimonia di premiazione al centro del cratere. Nel mentre arriva un’astronave, scende un alieno, prende l’asteroide e se ne va’. Il giorno dopo tutta l’area viene messa in quarantena da scienziati, militari ed FBI. Nessuno entra o esce fino a nuovo ordine. Nel frattempo vivranno tra fughe, riflessioni, amicizie e situazioni ironiche.
Un cast ricchissimo: Da Scarlett Johansson a Jason Schwartzman (il sosia di Paolo Ruffini), da Tom Hanks a Steve Carell, da Matt Dillon a Tilda Swinton, da Maya Hawke a Liev Schreiber, da Edward Norton a Adrien Brody, da Willem Dafoe a un’insospettabile Margot Robbie e persino un irriconoscibile e buffissimo Jeff Goldblum.
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Anni ’50, in una cittadina di 87 abitanti, in mezzo al deserto con un enorme cratere provocato da un piccolo asteroide, arrivano un padre e i suoi quattro figli con l’auto in panne. Nell’attesa di farsi prendere dal nonno, astioso nei confronti del genero, il figliolo partecipa ad un concorso scientifico di lì tenutosi, con tanto di mostra e cerimonia di premiazione al centro del cratere. Nel mentre arriva un’astronave, scende un alieno, prende l’asteroide e se ne va’. Il giorno dopo tutta l’area viene messa in quarantena da scienziati, militari ed FBI. Nessuno entra o esce fino a nuovo ordine. Nel frattempo vivranno tra fughe, riflessioni, amicizie e situazioni ironiche.
Un cast ricchissimo: Da Scarlett Johansson a Jason Schwartzman (il sosia di Paolo Ruffini), da Tom Hanks a Steve Carell, da Matt Dillon a Tilda Swinton, da Maya Hawke a Liev Schreiber, da Edward Norton a Adrien Brody, da Willem Dafoe a un’insospettabile Margot Robbie e persino un irriconoscibile e buffissimo Jeff Goldblum. Tutti dannatamente in parte e carismatici.
Forse non tra i migliori di Wes Anderson, ma sicuramente ha una messinscena veramente figa visti i tre piani di narrazione (Il narratore, Il dietro le quinte e La commedia) in chiave meta cinematografica e pure meta teatrale, una colonna sonora che tiene bene il ritmo e l’attenzione, una fotografia splendida tra colori accesi da commedia anni ’50 e da televisione in bianco e nero e battute pressoché memorabili e da starci attenti per godere meglio quel che verrà dopo.
Garantita la perculata ai poteri forti e alla seriosità del pensiero conservatore e con la voglia del regista di rifugiarsi nella realtà filmica colorata come fuga dalla realtà grigia e in bianco e nero. In più l’alieno animato teoricamente in stop motion è tanto spassoso quanto geniale.
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fabrizio friuli
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lunedì 8 aprile 2024
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film o spettacolo teatrale ?
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Vari personaggi si riuniscono in una piccola città sulla quale è atterrato un misterioso asteroide, ed il none di questa piccola città viene chiamata proprio Asteriod City ed è posizionata in una zona degli Stati Uniti che ricorda il Gran Canyon. Tutti i personaggi vengono descritti in maniera diretta dal creatore di Asteroid City, che si scopre essere uno spettacolo teatrale dove appare sulla scena una creatura extraterrestre lei cui intenzioni sono avvolte dal mistero e nessuno sa se sia una creatura pacifica oppure ostile, quindi, l' esercito degli Stati Uniti D'America interviene, facendo in modo che tutti coloro che si sono presentati ad un evento incentrato sull' astronomia rimangano in quarantena fino a quando la sua conclusione non verrà autorizzata.
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Vari personaggi si riuniscono in una piccola città sulla quale è atterrato un misterioso asteroide, ed il none di questa piccola città viene chiamata proprio Asteriod City ed è posizionata in una zona degli Stati Uniti che ricorda il Gran Canyon. Tutti i personaggi vengono descritti in maniera diretta dal creatore di Asteroid City, che si scopre essere uno spettacolo teatrale dove appare sulla scena una creatura extraterrestre lei cui intenzioni sono avvolte dal mistero e nessuno sa se sia una creatura pacifica oppure ostile, quindi, l' esercito degli Stati Uniti D'America interviene, facendo in modo che tutti coloro che si sono presentati ad un evento incentrato sull' astronomia rimangano in quarantena fino a quando la sua conclusione non verrà autorizzata.
Asteroid City palesa in modo impeccabile l' inconfondibile stile registico dell' iconico regista americano Wes Anderson, testimoniato dai colori vivaci e dalle inquadrature dei paesaggi ( che ricordano proprio le cartoline che si vendono ai turisti ) ed anche dalla presenza scenica di alcuni attori che hanno già lavorato per il regista Wes Anderson : Tilda Swinton, Adrien Brody, Edward Norton, Willem Dafoe e il giovane attore Tony Revolori ( apparso anche nel suo lungometraggio intitolato Grand Budapest Hotel ). Tuttavia, questo film presenta una sola differenza sostanziale dagli altri lungometraggi : il film viene impostato come se fosse uno spettacolo teatrale e vi è anche una figura narrante , interpretata dall' attore americano di nome Brian Cranston e vi è anche l' alternanza tra il colore e il bianco e nero, perché alcune scene del film sono a colori, mentre altre scene sono in bianco e nero e il personaggio principale del film, il fotografo esce dal ruolo e diventa l' attore ( il nome dell' attore autentico è Jason Schawrtzman ) che interpreta la parte del personaggio che, pur apparendo come un soggetto piuttosto apatico, sembra aver sviluppato un certo interesse per il personaggio femminile principale ( l' attrice interpretata da Scarlett Johannson ) che in una scena dove lei si trova nella vasca da bagno , rievoca un dipinto noto come " L' Uccisione di Marat " e quella scena sembra essere una delle più suggestive del film. Asteroid City è sicuramente un film che può essere visto, ma non è un lungometraggio che può essere visto da chiunque, trattandosi di un film tipicamente " andersoniano " quindi, bisogna encomiare il suo stile registico ed anche essere degli appassionati di teatro, essendo un film impostato come una rappresentazione teatrale che non consiste in una commedia, sebbene ci sia un riferimento nascosto ai cartoni animati : il riferimento è quello del corridore della strada ( volatile diffuso in America Settentrionale ) che emette un caratteristico " beep beep ", come il personaggio noto come Beep Beep , che è la preda che non viene mai catturata da Willie il Coyote nei Looney Tunes ed il personaggio dei cartoni animati è proprio un Road Runner, ossia un corridore della strada.
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