Anno | 2018 |
Genere | Drammatico, |
Produzione | Italia |
Durata | 90 minuti |
Regia di | Marco Tullio Giordana |
Attori | Cristiana Capotondi, Valerio Binasco, Stefano Scandaletti, Michela Cescon Bebo Storti, Laura Marinoni, Anita Kravos, Stefania Monaco, Renato Sarti, Patrizia Punzo, Patrizia Piccinini, Vanessa Scalera, Linda Caridi, Adriana Asti, Majlinda Agaj, Andreapietro Anselmi, Giovanni Battezzato, Giovanna Bozzolo, Claudia Coli, Beatrice Facconi, Silvia Gallerano, Kristina Cepraga Goodwin, Francesco Migliaccio, Michele Renzullo, Gabriella Riva, Janina Rudenska. |
Uscita | giovedì 8 marzo 2018 |
Distribuzione | Videa |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 2,48 su 6 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 19 marzo 2018
All'interno di una clinica privata arriva a lavorare Nina, accolta dalle donne italiane e straniere che fanno parte dello staff. Ma tra di loro si nasconde un segreto. Il film ha ottenuto 1 candidatura ai Nastri d'Argento, In Italia al Box Office Nome di donna ha incassato 358 mila euro .
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CONSIGLIATO NÌ
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Nina Martini è una giovane donna che cerca lavoro e fortuna in Brianza, dove si trasferisce con la sua bambina. In prova presso una residenza per anziani, il suo zelo le vale un'assunzione e una vita finalmente più serena. Ma la quiete ritrovata è interrotta dalle avance (sessuali) e l'abuso di potere del direttore della struttura. Decisa a denunciarlo, Nina deve fare i conti con l'omertà delle colleghe e la prepotenza di un sistema amministrativo conservatore e dispotico. Con l'aiuto del suo compagno e di un avvocato agguerrito, Nina avrà giustizia. Per sé, per sua figlia e per tutte le donne a venire.
Inseguono tutti lo stesso sogno i personaggi del cinema di Marco Tullio Giordana: cambiare il mondo e renderlo un po' meno ingiusto di quello che è.
Sorella ideale del ragazzo di Cinisi (I cento passi) e dei fratelli Carati (La meglio gioventù), tocca a Nina questa volta sottrarsi alle regole del gioco, rompendo un 'contratto sociale' basato sulla connivenza, il silenzio e l'omertà. Nina denuncia l'orco dentro un film girato nell'urgenza e nella necessità di raccontare i nodi irrisolti e le contraddizioni laceranti della realtà sociale contemporanea.
Dopo il caso Weinstein, che ha rimesso violentemente in discussione i privilegi, la dominazione e i crimini sessisti, (anche) il cinema italiano prende la parola e si interroga provando a smontare il meccanismo del patriarcato. Marco Tullio Giordana racconta una storia emblematica, il rovesciamento di un ordine antico drammatizzato a blocchi e sbalzi, interrotto da punti esclamativi visivi, qualche 'spiegone' di troppo e lampi di passato che scompaginano la logica narrativa, fiaccando l'indignazione e la tensione morale. Al di là dei contenuti (nobili), le intenzioni (lodevoli) e i risultati (illustrativi), il cinema dell'autore respira ancora l'aria di impegno civile e l'orgoglio di chi si sente e si vuole diverso dalla cultura diffusa e condivisa. Come Nina che non tollera la tentazione di giustificare (don Roberto Ferrari) o di accettare (Alina e colleghe) l'abuso per il semplice fatto che esiste.
Coerente coi personaggi rappresentati da Marco Tullio Giordana, la sua eroina (stra)ordinaria è fedele a una scelta etica di fondo che la porta a fare dell'onestà, soprattutto con se stessa, un imperativo categorico irrinunciabile. Se La meglio gioventù è un fluviale come eravamo, Nome di donna è un sincopato come siamo nell'epoca di un rinnovato impegno femminista. Un impegno che per l'autore e la sua protagonista passa per una presa di coscienza comune, per la capacità di sostituire al gioco della competizione un'immagine di adesione, di solidarietà, di uguaglianza.
Interpretato con misura da Cristiana Capotondi e scritto con (troppa) enfasi da Cristiana Mainardi, il film, quasi un legal drama, soffre il didascalismo e fatica a trovare le parole giuste. A svolgere un'operazione formale sul linguaggio per costringerlo a dire altro rispetto all'ovvietà della significazione quotidiana, per creare un mondo e renderlo plausibile, facendoci sentire l'assoluta e umanissima banalità del male.
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Marco Tullio Giordana, regista de “I Cento Passi” e “La Meglio Gioventù”, con “Nome di Donna”, porta sul grande schermo un film che cerca di mettere a nudo uno dei temi che più di tanti altri ha sconvolto il mondo del cinema, soprattutto quello a stelle e strisce: le molestie sul posto di lavoro.
“Nome di donna” (2018) è il decimo lungometraggio del regista milanese Marco Tullio Giordana. Sulla scia della sua filmografia il regista aggiunge una storia sull’emisfero femminile raccontando problemi inerenti le molestie sessuali, il ritegno del nascondimento e lo sfruttamento nel mondo del lavoro.
Buon film,realistico per tutto ciò che il mondo del lavoro offre,soprattutto per quelle donne meno fortunate che pur di mantenersi il lavoro subiscono soprusi di ogni genere. La colpa di tutto ciò è l'arroganza che il potere che qualcuno usa per sottomettere le persone deboli ed indifese,la malattia che riscontrano queste persone è frutto di una consapevolezza nell'ambit [...] Vai alla recensione »
I recenti scandali riguardanti le molestie sessuali sulle donne nel mondo del cinema (e non solo) hanno portato molti registi a intraprendere la strada verso la realizzazione di pellicole che parlassero di questo tema, più che in passato. Con "Nome di donna", Marco Tullio Giordana riprende in mano il modo di fare cinema che lo contraddistingue da molti anni e che gli ha permesso [...] Vai alla recensione »
In seguito al contemporaneo caso del produttore cinematografico statunitense Wenstein e dei suoi abusi sessuali, esce nelle sale cinematografiche italiane il film "Nome di Donna" del regista Marco Tullio Giordana. E proprio di molestie sessuali si parla in questa inserviente presso una prestigiosa casa di cura per anziani, si vede essere oggetto dell' attenzione del tanto [...] Vai alla recensione »
spiace molto per marco t.giordana e pure per la capotondi, ma il film non mi ha particolarmente intrigato a dir il vero come altri nel genere. si narra la vicenda giudiziaria, o il contesto ostile e nemico ma manca il profondo sentire della persona coinvolta la descrizione della sua umiliazione, il disagio, la rabbia della solitudine, dei silenzi la sensazione di stare dalla parte giusta, ma [...] Vai alla recensione »
Purtroppo non bastano le buone intenzioni ed un tema forte per fare un buon film. Stretto tra una sceneggiatura scolastica ed una regia dal sapore televisivo, il film si regge sulle sole interpretazioni della Capotondi e di Binasco.
Nientedicchè: nessun sussulto, nessuna tensione; Il film scivola via su binari convenzionali, qualche clichè ed un happy end sulle note di "you make me feel like a natural woman" francamente imbarazzante. Il cinema di denuncia merita rispetto ma questo film sembra pensato e scritto per un facile passaggio televisivo: superficiale e banale.
La vicenda raccontata è di grande attualità e sicuramente di interesse, ma ciò nonostante a mio avviso il film non riesce a coinvolgere lo spettatore.Lo vedrei meglio come prodotto televisivo per il grande pubblico che macina di tutto; deludente ancor di più se si pensa ai lavori precedenti del regista.
Wow, girato in Villa Fenaroli? merita di visitarla. Penso che il film sia un tratto da tante situazioni vere che si vedono in tv, per me la donna se ne doveva andare, dimissioni immediate! anche perche sono cose cosi complesse e difficili che non se ne viene mai ha capo, chi ha voglia di lavorare un lavoro duro e onesto lo trova. Bravo e coraggioso il regista, credo che abbia gestito bene [...] Vai alla recensione »
Una storia di grande attualità raccontata con precisione, lucidità e passione. Bravissimi tutti gli attori. In particolare Valerio Binasco, il capo molestatore, e Bebo Storti, il Don Roberto socio in affari, che agiscono con freddezza e tranquilla spietatezza convinti che la loro posizione di potere conferisca loro il diritto di avere sempre ragione.
Un vademecum descritto con una semplicità potente e comunicativa, apparentemente didascalica, dove tutte le generazioni possono decifrare le dinamiche che, troppo spesso, coloro che hanno potere possono esercitare negli altri. Nel mondo del lavoro, per esempio; un uomo su una donna, altro esempio. La storia è chiarissima; i personaggi e i suoi attori precisi come in una favola; le ferite da curare [...] Vai alla recensione »
Quest'anno la festa dell'8 marzo è celebrata da un film che pienamente ne rispecchia lo spirito, a partire dal titolo, Nome di donna : ovvero appartenente a quel genere femminile da millenni aduso, salvo debite eccezioni, a vedersi relegato in una posizione di inferiorità all'interno della società civile. Magari un tempo, quando i problemi di sopravvivenza si risolvevano a colpi di clava, l'idea di [...] Vai alla recensione »
Ci sono film al servizio di un tema nobile e rispettabile che, a prescindere dal loro valore estetico, ne hanno uno civile. Ma il confine è sempre sottile, tra film al servizio di un tema e film che vengono divorati dal tema, fino all'inefficacia. Mi sembra questo il caso dell'ultimo film di Marco Tullio Giordana, che parla di molestie sessuali sui luoghi di lavoro.
Indagine Istat sui ricatti sessuali, sostegno di Amnesty, uscita l'8 marzo. La causa da difendere spazza via le più elementari regole del cinema. Sciatta la fotografia, la sceneggiatura, la recitazione (difficile risultare credibili con battute calate da un'astronave carica di luoghi comuni). L'avvocatessa che difende il molestatore arriva in tribunale scollata, truccata, tacchi alti.
Con l'amabile fluidità del regista di "I cento passi" e "La meglio gioventù" entriamo nell'animazione di articoli di cronaca d'abuso sessuale sul lavoro. È una prima volta del cinema italiano (diverso fu il "Mobbing" di F. Comencini) e nella precisione di contesto e dettagli (una casa di riposo gestita da un direttore predatore e un monsignore complice) la sceneggiatura è impegnata a non perdere per [...] Vai alla recensione »
Nina viene assunta in una residenza per anziani. Un lavoro che le permette, dignitosamente, di mantenere anche la figlia. Una sera, però, il direttore la convoca nel suo ufficio e la molesta. Denunciare? Subire? Un tema importantissimo, quanto mai attuale (MeToo), che, però, qui non ha il respiro e la profondità emotiva di un certo cinema civile, alla Ken Loach.