Titolo originale | La mort de Louis XIV |
Anno | 2016 |
Genere | Storico, Biografico, Drammatico |
Produzione | Francia |
Durata | 105 minuti |
Regia di | Albert Serra |
Attori | Jean-Pierre Léaud, Filipe Duarte, Patrick d'Assumçao, José Wallenstein, Irène Silvagni Bernard Belin, Philippe Crespeau, Marc Susini. |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 3,03 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 6 marzo 2017
Gli ultimi giorni di Luigi XiV, sovrano assoluto, re sole anche lui destinato alla fine mortale.
CONSIGLIATO SÌ
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1715. Al ritorno da una passeggiata nei suoi giardini, Luigi XIV non riesce dormire, a causa di un forte dolore alla gamba. Di giorno, cerca di fare il suo dovere, di partecipare alla messa quotidiana, di ascoltare i suoi ministri, ma le notti si fanno più e più agitate. Mangia sempre meno ed è sempre più affaticato. Il suo medico fidato, Fagon, lo segue da vicino, ma non riconosce la cancrena che minaccia la gamba fino a che non è troppo tardi. Comincia così la lenta agonia del più grande re di Francia, appassionato di donne, di architettura e di guerre, costretto come ogni comune mortale a prepararsi alla morte.
Dopo l'agonia di Casanova (Historia de la meva mort), il quarantenne catalano Albert Serra racconta quella di Luigi XIV, il Re Sole, costretto nel suo film dentro una stanza buia, senza aperture sull'esterno, luogo emblematico della condanna, di un destino cui non sfuggirà. Jean-Pierre Léaud, corpo sacro del cinema, simbolo di una stagione di capolavori e rivoluzioni, interpreta il sovrano alla fine della sua magnifica avventura e, malgrado non si allontani mai dal suo letto e dal suo presente, sembra portare negli occhi il ricordo dei fasti e dei discorsi di un tempo, improvisamente svanito, nel quale la sua autorità non aveva rivali.
Ora, come Molière, è in balia dei medici e delle loro conoscenze limitate, irrazionali, pseudoscientifiche, e la sua camera da letto diventa luogo di proiezione della fine delle umane illusioni, su tutte quella del governo del proprio tempo.
Ancora un film di fantasmi, in cui il soggetto umano, al centro del quadro, resta a suo modo imprendibile, a cavallo tra due dimensioni, tra intelligenza e afasia, sacro e profano, fasto e nudità. Il film nella sua interezza è pomposo e minimale insieme, splendidamente colorato dei colori primari del buio, del fuoco, del sangue (le viscere), del sudario.
Grave e paziente, a lungo immobilizzato, inghiotte lo spettatore nell'agonia di un uomo solo e di una stagione della storia d'Europa. Occorre attendere il finalissimo per un moto di stupore. L'ultima battuta ha la forma di un singulto, brevissimo, dissacrante e definitivo come l'estremo respiro di un uomo che muore.