Titolo originale | Vertical Conquests |
Titolo internazionale | Vertical Conquests |
Anno | 2015 |
Genere | Documentario |
Produzione | Italia |
Durata | 67 minuti |
Regia di | Rosa Chiara Scaglione |
Attori | Alice, Jef Aérosol, Borondo, Daleast, Gaia (II) Pablo S. Herrero, Hyuro, Agostino Iacurci, Malabrocca, Mentalgassi, Rero, Sbagliato. |
Tag | Da vedere 2015 |
MYmonetro | 3,25 su 2 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 12 novembre 2020
Un viaggio alla scoperta della terza generazione degli Street Artist più importanti del panorama mondiale.
CONSIGLIATO SÌ
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Il fascino e i numerosi livelli di lettura dell'arte di strada sono complessi e articolati. Quando si parla di street art si attivano degli elementi interessanti, che appartengono solo a questo mondo: dei codici, dei simboli e dei modi di agire quasi rituali. E ogni racconto è diverso. Vertical Conquests di Rosa Chiara Scaglione è un documentario girato in Italia che dà voce ai soli artisti di strada - pittori, ex graffitari e veri e propri street artist - provenienti da tutto il mondo. Da Stati Uniti, Spagna, Francia, Germania, Cina, Sudafrica, gli artisti vengono a dipingere sui muri delle città, in maniera più indipendente e nascosta, oppure invitati in eventi strutturati come il Memorie Urbane Festival.
L'Italia rappresenta ancora un terreno fecondo per la pittura, la sperimentazione e il disegno che riattivano un luogo, urbano o naturale. Roma ha una atmosfera accogliente per gli artisti, come dimostra l'americano Gaia che, passeggiando per la zona Eur deserta, viene ispirato dalle arcate fasciste e da quella piazza "dechirichiana" - che infatti riprenderà nel suo enorme disegno a parete in strada - o dall'edificio della "Nuvola", il centro conferenze dell'Eur realizzato da Fuksas.
Sempre a Roma il francese Rero dissemina le sue scritte nere in scotch industriale ritagliate su bianco, indicando messaggi universali lasciati pendere dalle finestre, o tracciati come frammenti in mezzo alle vie dei quartieri popolari. Una grande scritta "Inward", ad esempio, indica che li dentro, dove è stato installata quell'opera, c'è qualcosa da scovare. O che in ogni cosa c'è qualcosa da scoprire. Messaggi rivolti a tutti in contesti sempre diversi, dove il pubblico non si aspetta di trovare un dipinto, una installazione, una traccia.
L'arte pubblica ha questa specialità: può essere una sorpresa e può far riflettere chiunque. Ecco perché Sten & Lex, il noto duo italiano che è stato chiamato anche in luoghi istituzionali - il museo Macro di Roma inaugurò con una loro installazione esterna, permanente - per interagire con il pubblico e la strada, in Vertical Conquests, appoggiati dalla galleria milanese Wunderkammen, che da anni si occupa di street art, realizzano la facciata di un'intera palazzina.
O Borondo, spagnolo trasferito a Roma, che dipinge col rullo le sue figure umane per le strade, tra cabine abbandonate e vetrine in disuso, fino a giungere, insieme a Gaia, a dipingere un intero spazio presso il Palazzo Collicola Arti Visive di Spoleto, invitato a una mostra collettiva di artisti di strada.
Il rapporto street art/graffiti e galleria privata è sempre stato contestato e complesso: la street art, il murale, il graffito nascono in strada e li, secondo i puristi, deve restare, altrimenti perde la sua forza, il suo messaggio. Dagli anni ottanta ad oggi invece alcuni mercanti e galleristi si sono appropriati di questa cultura per venderla all'interno di luoghi espositivi. Se fatto bene, può funzionare. Ma il rispetto e le regole per il lavoro di strada non devono essere traditi. Perché gli artisti dipingono soggetti straordinari per essere fruiti da tutti. Così vale per il grande cigno dalle ali che sgocciolano di Faith47, artista sudafricana che racconta i diversi livelli di lettura delle sue opere, tanti quanti quelli legati alle esperienze di vita vissuta. O Deleast che, dalla Cina, è in Italia per sperimentare nuovi luoghi, lasciando raffinati disegni in bianco e nero per un pubblico ignaro, che spera di fare sognare attraverso il suo immaginario.
Azione estetica e sociale dunque: la street art è anche "la faccia del ripopolamento delle periferie e dei piccoli centri", racconta Gaia. Serve per "far fare un sorriso alle persone", indicano Mentalgassi, mentre installano i fogli con disegnati personaggi in grigio sui panettoni di strada. O i coloratissimi soggetti di Agostino Iacurci, che ravvivano un territorio già da lontano. E così l'adulto francese Jeff Aerosol, pioniere della street art parigina, l'argentina Hyuro, con le sue donne bellissime dipinte su una grande parete, e poi Sbagliato, Pablo S. Herrero, E1000, Alice, C215, SAM3, Malabrocca e MP5, descrivono, attraverso poche parole e tanti gesti, le loro "conquiste verticali", realizzando delle opere importanti alla portata di tutti.
Mandrake su un'intera facciata di un palazzone di quattro piani in via Tonale 6 nel quartiere romano del Tufello. Mandrake sulla serranda del Brancaccio. Mandrake immortalato nella celebre pièce di "A me gli occhi, please". Dalla scomparsa di Gigi Proietti, lo scorso 2 novembre, data già tristemente nota e funesta per la cultura italiana, nella città di Roma spuntano un po' ovunque, nei luoghi più [...] Vai alla recensione »