orione95
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giovedì 28 gennaio 2016
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inarritu ci mostra il suo concetto di western
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"Revenant - Redivivo" è un film molto complesso, poiché nella sua palese e lineare semplicità cerca disperatamente di risollevare un genere, il western, la cui grandiosa era si è ormai conclusa da decenni. E per un fine tanto ambizioso, il noto regista messicano Alejandro Gonzalez Inarritu si avvale dell'incredibile storia vera di un grande sconosciuto, quale l'esploratore statunitense Hugh Glass (vissuto nell'America del diciannovesimo secolo), riportandolo alla vita mediante un Di Caprio la cui recitazione (mai così matura) convince a pieni voti, risultando, nel suo frequente silenzio, estremamente "fisica" e credibile.
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"Revenant - Redivivo" è un film molto complesso, poiché nella sua palese e lineare semplicità cerca disperatamente di risollevare un genere, il western, la cui grandiosa era si è ormai conclusa da decenni. E per un fine tanto ambizioso, il noto regista messicano Alejandro Gonzalez Inarritu si avvale dell'incredibile storia vera di un grande sconosciuto, quale l'esploratore statunitense Hugh Glass (vissuto nell'America del diciannovesimo secolo), riportandolo alla vita mediante un Di Caprio la cui recitazione (mai così matura) convince a pieni voti, risultando, nel suo frequente silenzio, estremamente "fisica" e credibile. Ed è proprio il "riportare alla vita" che fa da chiave di volta all'intera vicenda: esattamente come più di 10 anni fa Russel Crowe, sfuggito all'esecuzione, votava la sua vita di gladiatore alla vendetta, in "Revenant - Redivivo" il protagonista, scampato per un soffio alla morte, divenuto forza della natura nella natura, si trascina in una sopravvivenza forzata finalizzata esclusivamente alla vendetta per il brutale omicidio di suo figlio e per il tradimento subito. Certo, la storia originale del soggetto Hugh Glass subisce in "Revenant - Redivivo" numerosi cambiamenti, più che altro per banali esigenze di trama, ma che contribuiscono a focalizzare l'attenzione dello spettatore sul tema centrale del film: la spietatezza della sopravvivenza, cruda ed essenziale come lo scenario, innevato ed inospitale, che fa da sfondo alla drammatica vicenda, e disegnata come un istinto capace di mettere gli uomini gli uni contro gli altri, conducendoli alfine alle brutalità più efferate e inenarrabili.
Per quanto concerne il resto del cast, a mio avviso, non v'è nessuno veramente capace di eguagliare l'assolutamente dominante performance del Di Caprio protagonista, pur non mancando però attori dalla comprovata bravura come Tom Hardy, Will Poulter e Domhnall Gleeson.
Il comparto sonoro, poliglotta come il film (perché curato da tre artisti di nazionalità diverse tra loro, quali Ryuichi Sakamoto, Carsten Nicolai e Bryce Dessner) riesce ad accompagnare efficacemente la vicenda, sposandosi perfettamente con l'atmosfera dell'opera.
In conclusione "Revenant - Redivivo", indipendentemente dall'esito finale degli Oscar 2015-2016, si configura senza alcun dubbio come il (tanto atteso) rito di passaggio del Di Caprio, da stella di Hollywood a vero grande attore della storia del cinema.
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lofox
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giovedì 28 gennaio 2016
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un iñárritu diverso
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Un film bellissimo, una fotografia stupenda e un recitato magistrale da parte di DiCaprio ma anche degli altri attori non protagonisti.
Il film è costruito ad hoc per farti empatizzare ed entrare più possibile nei panni del personaggio, lo spettatore sente freddo, si sente piccolo davanti ai maestosi paesaggi americani, sente i morsi e le artigliate dell'orso, l'ansia di essere scoperto dagli indiani e oscilla tra desiderare il lieto fine e addirittura arrivare ad auspicare la morte del personaggio ( per dare sollievo alle sue sofferenze).
La quinta stella non c'è esclusivamente perché secondo me il film indaga troppo poco la psicologia dei personaggi, soprattutto del protagonista, troppo preso dalla fame di sopravvivere per potere pensare e avere una dimensione più profonda.
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Un film bellissimo, una fotografia stupenda e un recitato magistrale da parte di DiCaprio ma anche degli altri attori non protagonisti.
Il film è costruito ad hoc per farti empatizzare ed entrare più possibile nei panni del personaggio, lo spettatore sente freddo, si sente piccolo davanti ai maestosi paesaggi americani, sente i morsi e le artigliate dell'orso, l'ansia di essere scoperto dagli indiani e oscilla tra desiderare il lieto fine e addirittura arrivare ad auspicare la morte del personaggio ( per dare sollievo alle sue sofferenze).
La quinta stella non c'è esclusivamente perché secondo me il film indaga troppo poco la psicologia dei personaggi, soprattutto del protagonista, troppo preso dalla fame di sopravvivere per potere pensare e avere una dimensione più profonda.
Un Inarritu diverso perché é un film "fisico" e non " mentale", diverso dai film come 21 grammi o Babel.
DiCaprio da Oscar, con un personaggio che non parla quasi mai riesce comunque a trasmettere quello che il personaggio vorrebbe dire ( anzi urlare).
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silver surfer
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giovedì 28 gennaio 2016
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inarritu in revenant si incarta e perde la poesia
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Oh mio amato Inarritu! Ci hai fatto sognare con 21 grammi e con Biutiful e poi, dopo aver fatto man bassa di premi, ecco l'inevitabile caduta. Forse in preda al delirio di onnipotenza, hai voluto esplorare acque che non risultano congeniali al tuo modo di far cinema. Andiamo al dunque! Con estremo dolore, è obbligo dire che la sceneggiatura risulta quasi inesistente. Ci si aspetta ben altro da un film che pretende di stravincere agli oscar! Spero che i membri dell'Accademia Award non si lascino abbindolare dai più che virtuosi movimenti della macchina da presa e da una fotografia IMMENSA ma purtroppo fine a se stessa. Non c'è cosa peggiore che essere in sala e sentire delle risate nelle scene più drammatiche.
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Oh mio amato Inarritu! Ci hai fatto sognare con 21 grammi e con Biutiful e poi, dopo aver fatto man bassa di premi, ecco l'inevitabile caduta. Forse in preda al delirio di onnipotenza, hai voluto esplorare acque che non risultano congeniali al tuo modo di far cinema. Andiamo al dunque! Con estremo dolore, è obbligo dire che la sceneggiatura risulta quasi inesistente. Ci si aspetta ben altro da un film che pretende di stravincere agli oscar! Spero che i membri dell'Accademia Award non si lascino abbindolare dai più che virtuosi movimenti della macchina da presa e da una fotografia IMMENSA ma purtroppo fine a se stessa. Non c'è cosa peggiore che essere in sala e sentire delle risate nelle scene più drammatiche. Cari sceneggiatori, la scena dell'orso è imbarazzante, per non parlare poi del salto nel vuoto con il cavallo! Di supereroi ce ne sono già tanti in giro. Può sembrare paradossale ma il film risulta lento perché privo di una storia che possa giustificare il calvario di un Di Caprio convincente ma non fino al punto da vincere l'ambita statuetta. Mi viene in mente Cast Away, ma caro Alejandro, quel film vantava una sceneggiatura più che perfetta, che ti teneva inchiodato allo schermo! Inarritu perde la poesia, la magia e si allontana da quel pubblico che lo ha amato. Torna in te! Credo che sia meglio fare un passo indietro per tornare a stupirci e a farci sognare ad occhi aperti.
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tmpsvita
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mercoledì 27 gennaio 2016
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la gelida vendetta di un padre
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The Revenant è uno di quei pochi film difficili da commentare perché non esistono parole che possano esprimere cosa ho realmente provato guardandolo, la parola che più si avvicina è dolore, sia fisico che psicologico è un film che ti fa provare tutto in prima persona questo grazie alla magnifica regia di Inarritu: con inquadrature mozzafiato e movimenti di macchina memorabili che regalano scene d'azione indimenticabili e incredibilmente realistiche. Inarritu rende questo film incredibilmente immersivo, crudo e realistico.
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The Revenant è uno di quei pochi film difficili da commentare perché non esistono parole che possano esprimere cosa ho realmente provato guardandolo, la parola che più si avvicina è dolore, sia fisico che psicologico è un film che ti fa provare tutto in prima persona questo grazie alla magnifica regia di Inarritu: con inquadrature mozzafiato e movimenti di macchina memorabili che regalano scene d'azione indimenticabili e incredibilmente realistiche. Inarritu rende questo film incredibilmente immersivo, crudo e realistico. È un film da vedere con la mente vuota senza pensieri perché sono due e mezza di colpi allo stomaco, ogni sfida, dolore o sofferenza lo spettatore la prova come se lui stesso fosse all'interno della pellicola. DiCaprio in ogni film che fa è perfetto ma qui lui supera la perfezione e supera qualsiasi barriera la recitazione possa porre, qui supera la bidimensionalità e la tridimensionalità, qui con i suoi sguardi, con le sue espressioni e con i suoi sospiri arriva a toccare direttamente lo spettatore portandolo all'interno della storia con se. Dal punto di vista tecnico il film è impeccabile, come già detto in precedenza la regia è incredibile ma anche la fotografia è impressionante visto e considerato che si tratta sempre di luce naturale è sbalorditivo. La colonna sonora quasi minimalista con pochi suoni ripetuti durante la durata del film l'ho trovata in perfetta linea con lo stile della pellicola. È un film che consiglio vivamente ma con qualche avvertenza perché comunque non è un film per tutti: è molto lungo, lento e in alcune parti anche pesante ed è un film che ti logora. Voto 9+/10.
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no_data
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mercoledì 27 gennaio 2016
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impressionante ma eccessivo
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Pur rimanendo impressionato dal film, in particolare per molte scene, rimane la sensazione che il regista abbia un pò abusato nel suo esercizio stilistico e nella sua ricerca continua di estremizzare le situazioni, la crudeltà delle scene, per renderle il più realistiche possibili. L'eccessivo prolungarsi e la ripetitività di queste situazione fa alla lunga perdere una certa tensione narrativa, compattezza e forse veridicità. Le singole scene rimangono cariche di tensione e bellissime dal punto di vista realizzativo ma, come spettattore, ad un certo punto mi viene più da chiedermi "cosa succederà adesso?" più che continuare a credere si stia raccontando una storia vera. La scena dell'orso è bellissima ma è indicativa in questo senso.
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Pur rimanendo impressionato dal film, in particolare per molte scene, rimane la sensazione che il regista abbia un pò abusato nel suo esercizio stilistico e nella sua ricerca continua di estremizzare le situazioni, la crudeltà delle scene, per renderle il più realistiche possibili. L'eccessivo prolungarsi e la ripetitività di queste situazione fa alla lunga perdere una certa tensione narrativa, compattezza e forse veridicità. Le singole scene rimangono cariche di tensione e bellissime dal punto di vista realizzativo ma, come spettattore, ad un certo punto mi viene più da chiedermi "cosa succederà adesso?" più che continuare a credere si stia raccontando una storia vera. La scena dell'orso è bellissima ma è indicativa in questo senso. In questa scena regista fa un capolavoro filmico ma alla fine eccede un pò, in particolare concludendola con l'orso che rotola sopra il corpo del protagonista, rendendola poco credibile. Ecco è questa la sensazione, che se il regista si fosse limitato in certe scene, pensando più al tempo della narrazione che al modo, avrebbe reso il film più efficace. La bellezza di un film è spesso quello che il regista di fa immaginare senza mostrarti e questo è decisamente mancanto in questo film.
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catcarlo
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mercoledì 27 gennaio 2016
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the revenant
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Una persona sola intrappolata in una situazione all’apparenza senza scampo dalla quale può uscire solo facendo affidamento sulle proprie forze, un aiuto che giunge insperato, un sentimento forte che aiuta a superare le asperità: dopo il raffinato gioco psicologico e teatrale di ‘Birdman’, Iñárritu affronta i grandi spazi in un epico filmone di oltre due ore e mezza intrecciando alcuni temi classici del western (la fellonia e la conseguente rivalsa) assieme al racconto di sopravvivenza. Alla base della storia sta l’avventura di Hugh Glass, lasciato per morto sull’alto corso del Missouri in seguito all’assalto di un orso – molto bella la costruzione dell’intera scena con il bestione che sbatacchia il buon Leo qua e là - ma capace di cavarsela malgrado le ferite e il gelo invernale: il regista e il co-sceneggiatore Mark L.
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Una persona sola intrappolata in una situazione all’apparenza senza scampo dalla quale può uscire solo facendo affidamento sulle proprie forze, un aiuto che giunge insperato, un sentimento forte che aiuta a superare le asperità: dopo il raffinato gioco psicologico e teatrale di ‘Birdman’, Iñárritu affronta i grandi spazi in un epico filmone di oltre due ore e mezza intrecciando alcuni temi classici del western (la fellonia e la conseguente rivalsa) assieme al racconto di sopravvivenza. Alla base della storia sta l’avventura di Hugh Glass, lasciato per morto sull’alto corso del Missouri in seguito all’assalto di un orso – molto bella la costruzione dell’intera scena con il bestione che sbatacchia il buon Leo qua e là - ma capace di cavarsela malgrado le ferite e il gelo invernale: il regista e il co-sceneggiatore Mark L. Smith ci hanno aggiunto un figlio mezzosangue (Forrest Goodluck) ucciso dal cattivo di turno Fitzgerald per alimentarne il desiderio di vendetta in un universo popolato di uomini brutti, sporchi – chi volete che si lavasse con delle temperature del genere? - e cattivi. E’ lampante il contrasto tra una natura bellissima e incontaminata (location in Canada e in Argentina visto che, a furia di tirarla per le lunghe, è arrivato il disgelo) e gli esseri umani, minuscoli al confronto, che si dibattono guidati dall’avidità: per i bianchi ogni comportamento è ammesso allo scopo di mettere le mani sui guadagni assicurati dal mercato delle pellicce e i francesi sono quelli che ci fanno la figura peggiore. Il più distaccato di tutti, anche perché segnato dalla vita negli affetti più intimi, è quello che è costretto ad affrontare l’esperienza più severa: in prolungate sequenze in cui al più viene pronunciato qualche grugnito, Glass prima si trascina, poi barcolla infine percorre la via del ritorno sostentandosi con il poco che si trova nell’ambiente ostile, dalle radici al fegato crudo di un bisonte. Quando alla fine ritrova Fitzgerald, lo scontro si risolve in una lotta bestiale che richiama quella avuta con il plantigrado dato che l’umanità è in entrambi quasi cancellata tanto che la conclusione è tutto meno che liberatoria. Nei suoi panni, DiCaprio riprova per l’ennesima volta la scalata all’Oscar sottoponendosi a una serie di prove estreme (incluso, pur essendo vegetariano, mangiare il sullodato organo interno) e riuscendo a rendere con l’espressione, giacchè le parole sono ridotte al minimo, le sofferenze fisiche e mentali di un personaggio che però, per colpa della scrittura e non sua, non può essere definito a fuoco: l’interpretazione è così un’ulteriore conferma delle capacità dell’ attore ma, nel complesso, si fatica a capire per quale motivo dovrebbe arrivare dove non sono giunte quelle più rimarchevoli del recente passato. Al suo fianco, è davvero notevole il lavoro di Tom Hardy nele ritrarre un Fitzgerald ben più sfaccettato, pieno com’è di doppiezze e piccole vigliaccherie, mentre non sono certo da dimenticare l’ennesimo ruolo convincente di Domnhall Gleeson come capitano della sfortunata spedizione e Will Poulter che incarna la difficoltà di scegliere del giovane Bridger. Tutti, pare, messi a dura prova dalla complessa lavorazione, prolungata dalla decisione del regista di girare con la luce naturale: le poche ore a disposizione sono state sfruttate in modo mirabile da Emanuel Lubeszki che riesce a trasportare lo spettatore in un mondo lontano nello spazio e nel tempo (si sfiorano i due secoli, ormai). Sulla base di tali immagini, Iñárritu costruisce un film con meno alzate d’ingegno rispetto al precedente, sebbene non rinunciando a una componente onirica che a volte risulta un po’ forzata: per il resto, a parte un pugno di piani sequenza verticali, la narrazione si mantiene entro canoni più tradizionali, eppure – anche grazie all’incastro delle vicende dei vari personaggi – non ci sono momenti di stanca che appesantiscano il passo calibratamente cadenzato. Il risultato è un’opera molto legata agli schemi holliwoodiani seppur ravvivata da numerose pennellate d’autore: non all’altezza di ‘Birdman’, ma comunque un’avventura appassionante raccontata in modo mai banale.
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tavololaici
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mercoledì 27 gennaio 2016
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brutto film con bravi attori
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In altri tempi si sarebbe potuto definire un colossal, definizione che come si sa non è piu' di moda.
Il cinema era pieno in ogni ordine di posti per questo western fine ottocento tra ghiacci e pellicce, incentrato sulle tecniche di sopravvivenza di uno scout che si scontra con l'aspetto deteriore delle cose, degli esseri umani, della natura ostile.
Bella fotografia di stile paesaggistico.
Brutto film, pesante e violento, violentissimo, di sangue, morte, squartamenti, violenze di ogni genere e gratuite, ripetute stragi e quanto di peggio.
Gianni-Padova
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maopar
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martedì 26 gennaio 2016
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sui monti del dakota come sulle "montagne russe"
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Mi sono occorsi tre giorni per decidermi a commentare il film.. Chi conosce la mia passione per il
Cinema mi ha chiesto per questo silenzio…La verità è che questo film è fortemente coinvolgente,
già dalle prime inquadrature si “sguazza” in una splendida Natura ….quasi irreale per chi non è abituato a
queste visioni .E’ una immersione continua in acque turbolente di rapide mozzafiato , attraversamenti di
boschi secolari tra montagne innevate, una esuberanza che raggiunge livelli di sorprendente pathos.
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Mi sono occorsi tre giorni per decidermi a commentare il film.. Chi conosce la mia passione per il
Cinema mi ha chiesto per questo silenzio…La verità è che questo film è fortemente coinvolgente,
già dalle prime inquadrature si “sguazza” in una splendida Natura ….quasi irreale per chi non è abituato a
queste visioni .E’ una immersione continua in acque turbolente di rapide mozzafiato , attraversamenti di
boschi secolari tra montagne innevate, una esuberanza che raggiunge livelli di sorprendente pathos.
Le manifeste difficoltà ambientali fanno da cornice alla grande fatica del vivere, che il regista descrive
Con meticolosa precisione con una ambientazione superlativa.
Questo film non è solo un Western che parla di cacciatori di pelli…si tratta di un affascinante viaggio
Nel sentimento più profondo dell’innato istinto di sopravvivenza. Una voce di fondo ,a volte sottotitolata,
esorta Hugh Glass a resistere alle avversità , a non arrendersi .Ma cosa veramente spinge il personaggio
a risorgere dalla fossa ,che hanno scavato per lui, a entrare nel ventre di un cavallo in una sorta di
parto cesario al contrario.. che lo renderà IL REDIVIVO ? Un bisogno di giustizia o di vendetta?
E con sconvolgente dinamismo, fatto di riprese eccezionali Ignarritu ,tra questi monti del Dakota,
ci lancia a tutta velocità in un su e giù di spericolate “Montagne Russe”…Questa è la mia piacevole
sensazione all’uscita del cinema ma anche con un po’di stordimento … Il grande regista ha la capacità
di inzuppare di Spiritualità i suoi racconti ,nei momenti onirici dove la drammatica realtà viene addolcita
da visioni consolanti quali quella di poter rivedere il figlio amato ,al cospetto di Dio .A quel Dio che
affiderà il corpo del nemico Fitzgerald ,perché solo Lui deve attuare la Vendetta , che credo
sia più opportuno definire Giustizia …Il Film termina con un suggestivo sguardo di Hugh diretto al
pubblico, una inquadratura a tutto schermo ,che al contrario del Pietoso incoraggiamento del Cristo
Pantocratico , trasmette un disperato Urlo di disperazione…
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salmacis
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martedì 26 gennaio 2016
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lento e noioso, non da oscar
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Mi aspettavo di più visto la spinta mediatica per spingere Di Caprio per l'Oscar, cosa che sinceramente non merita per questo film dove in pratica non parla quasi mai. Il film ha molte situazioni inverosimili, trama lenta dove accade poco a parte far vedere i paesaggi, con il protagonista che da moribondo dopo pochi giorni corre e salta nemmeno fosse Lazzaro. Belle inquadrature e bei paesaggi non fanno un film, è un film passabile che si può vedere ma che non rivedrei per la sua lentezza e assenza di dialoghi e di una trama interessante. E se un film non ti invoglia a rivederlo può essere un bel film? Dare 4 o 5 stelle per un film del genere mi sembra esagerato
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giorgio47
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martedì 26 gennaio 2016
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una grandissima delusione
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Il film mi ha deluso! Mi aspettavo un film che oltre alla spettacolarità avesse anche qualcosa, ma è solo e puro spettacolo, tra l'altro forse troppo lungo, ripetitivo ed abbastanza slegato. Secosndo me la prima pecca è nella sceneggiatura che va oltre ogni limite nel rappresentare l'odissea del protagonista e nello stesso tempo salta da situazioni al limite della sopravvivenza a salvezza raggiunta, senza nessun legame. Detto questo posso dire che è girato benessimo e che le scene e la fotografia è molto bella, ma scusate pretendevo molto di più!
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