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stefano67
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venerdì 26 giugno 2015
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sorrentino ancora grande
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GRANDE CINEMA QUELLO OFFERTO DA SORRENTINO - DOPO UN FILM PERFETTO COME "LA GRANDE BELLEZZA" NON ERA FACILE....
CAST DI ALTISSIMO QUALITA' CON UNA RECITAZIONE ALL'ALTEZZA (TRANNE KEITEL FORSE FUORI RUOLO). CAMEO DI JANE FONDA STRAORDINARIO.
DIALOGHI DI SPESSORE CHE SUPPORTANO RAPPORTI UMANI COMPLESSI (SCUSATE SE E' POCO...) CON GRANDE SENSIBILITA' - UNA VISIONE-VISIONARIA MOLTO FELLINIANA MA ORIGINALE.
DA VEDERE E RIVEDERE. SENZA IL MINIMO DUBBIO.
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stefano67
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mercoledì 24 giugno 2015
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sorrentino non deludemai
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L'ISPIRAZIONE NON SI E' APPANNATA. LA CADUTA DOPO IL CAPOLAVORO DE LA GRANDE BELLEZZA NON C'E' STATA.
UN FILM MOLTO DIVERSO DAL PRECEDENTE MA DOVE IL "PASSO" DEL FUORICLASSE SORRENTINO SI SENTE. DIALOGHI DI SPESSORE CHE NON DELUDUNO E TI RIMANGONO ADDOSSO,VISIONI VISIONARIE DA GRAN CINEMA, ATTORI ALL'ALTEZZA (FORSE KEITEL UN GRADINO SOTTO...), CAMEO IMPERDIBILE DI JANE FONDA.
LA SENSAZIONE E' CHE NON SI VORREBBE PIU' USCIRE DALLA SALA...
DA VEDERE E RIVEDERE SENZA INCERTEZZE.
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ginux85
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lunedì 22 giugno 2015
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la vecchiaia secondo paolo
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C'è tanto di tante cose in questo nuovo film del regista Paolo Sorrentino.
Tanti sono i protagonisti. Due quelli principali: Fred, malinconico, cinico direttore d'orchestra in pensione, altezzoso e rassegnato al declino impostogli dall'età veneranda, interpretato da un Michael Caine sostanzialmente perfetto. Diverso ma altrettanto riuscito l'amico Harvey: anch'egli anziano, ma energico e combattivo regista che, nella febbricitante ricerca dell'inquadratura giusta, appare degna controfigura dell'amico. Prima della fine il film ci farà ricredere sul destino di entrambi.
Accanto a questi, molti altri personaggi sono memorabili.
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C'è tanto di tante cose in questo nuovo film del regista Paolo Sorrentino.
Tanti sono i protagonisti. Due quelli principali: Fred, malinconico, cinico direttore d'orchestra in pensione, altezzoso e rassegnato al declino impostogli dall'età veneranda, interpretato da un Michael Caine sostanzialmente perfetto. Diverso ma altrettanto riuscito l'amico Harvey: anch'egli anziano, ma energico e combattivo regista che, nella febbricitante ricerca dell'inquadratura giusta, appare degna controfigura dell'amico. Prima della fine il film ci farà ricredere sul destino di entrambi.
Accanto a questi, molti altri personaggi sono memorabili. Stupendo il finto Maradona: palleggiatore abilissimo seppur grasso e sempre a rischio asfissia. Bello l'alpinista: barbuto, silenzioso, espressivo. Allusivo il personaggio della figlia, di una fragilità quasi ineludibile, a dispetto dell'età, non più giovane.
Accanto a quelli in carne e ossa, alcuni temi sono protagonisti indiscussi non meno evidenti degli attori.
In primis il passato. Tutto nel film esiste in antitesi con il proprio passato: affrontare, superare quando anche solo non dialogare con il passato, assume per (quasi) tutti i personaggi le sembianze di un rebus senza via d'uscita. Il passato, ineludibile, cancella e sopprime; di qui l'angoscia pressante per ciò che si dimentica e che sparisce, perso probabilmente per sempre. Come ogni lieto fine impone, il film propone la più logica soluzione al problema.
Le emozioni.
Al di la dei successi terreni, delle gioie e dei dolori, degli amore e dei tradimenti. Oltre e a dispetto di tutto ciò, restano importanti e davvero preziose solo le emozioni, che la vita ci ha dato, e inaspettatamente continua a darci. Il dolore per la perdita della persona amata. La bellezza conturbante di una formosa Miss Mondo. Il dolore lancinante di un abbandono. I suoni armoniosi della natura, e il sogno ad occhi aperti che questi inducono. Perspicaci e ricorrenti, le emozioni irrompono persino in un'austera coppia di coniugi muti; improvvisamente travolti da una passione scatenata in una cornice bucolica.
Vicenda e attori sono ambientati in un “non luogo”: lussuoso ma freddo, isolato, austero e sfuggente. Un lussuoso hotel svizzero, incastonato tra delle montagne di struggente bellezza; ed è facile vedere negli idillici panorami delle Alpi svizzere, un contraltare ai due principali protagonisti, problematici e quasi “sporchi”: non cattivi in se, piuttosto “consunti”, come segnati da vite lunghe e piene di successi, quanto di segreti e ombre, come le vite delle persone potenti (e a volte anche dei comuni mortali) sanno essere.
Un po' come anche ne La grande bellezza, tutto questo “tanto” a tratti genera un po' di confusione. Il “disordine creativo” a cui Sorrentino un po' ci aveva abituati nelle suo opere precedenti, trova in questo film, prosieguo naturale. Ma dopo tutto questo è il minimo della pena a fronte delle tante qualità di quest'opera.
Il film è emozionante, pieno di ispirazioni, arricchito con alcune citazioni colte che lasciano il segno nello spettatore medio; (dirette: Novalis. Indirette: La Montagna incantata di T.M. con la relativa introspezione e spaccati sociali).
Intelligenti e profondi molti dei dialoghi, (banale qualche altro); ancora migliori alcuni lunghi silenzi che accompagnano i panorami. Di una bellezza sorprendente alcune riprese; assolutamente originale e bellissima la colonna sonora.
In sintesi un film non comune, da vedere con attenzione, che ci conferma, qualora ce ne fosse bisogno, quanto Sorrentino sia un regista non solo bravo ma anche che ha tanto da dire e da dare al nostro cinema.
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ralphscott
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lunedì 22 giugno 2015
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ormai é una garanzia,sorrentino
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Immagini di bellezza pura e delicata. Un film sorprendente,molto divertente,sincero tanto da rendere accettabli alcuni argomenti tabù. Attori straordiari,tutti. Da antologia la parte di Jane Fonda,irriconoscibile diva sul viale del tramonto.
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stefafonta
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lunedì 22 giugno 2015
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giovani e vecchi , un film che non funziona
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La vita, la vecchiaia , la morte, la giovinezza dell’animo oltre la vecchiaia: temi alti trattati con apparente leggerezza, ma che, più che una scelta stilistica, appare un limite invalicabile di chi ha scritto e diretto il film. Per l’incredibile superficialità dei dialoghi, incorniciati da silenzi o da suadenti musiche, come fossero le massime della summa filosofica del terzo millennio. Per quei monologhi a sorpresa (spesso infarciti di parolacce) che dovrebbero creare snodi narrativi e che invece muoiono come innocue nuvolette in una giornata di alta pressione. Per quelle immagini, talvolta esteticamente simili (ma di gran lunga inferiori) alla ‘Grande Bellezza’ e, ancora di più che nel precedente film, fini a se stesse, senza capacità di riverberarsi, spente, come fossero degli spot pubblicitari di se stesse.
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La vita, la vecchiaia , la morte, la giovinezza dell’animo oltre la vecchiaia: temi alti trattati con apparente leggerezza, ma che, più che una scelta stilistica, appare un limite invalicabile di chi ha scritto e diretto il film. Per l’incredibile superficialità dei dialoghi, incorniciati da silenzi o da suadenti musiche, come fossero le massime della summa filosofica del terzo millennio. Per quei monologhi a sorpresa (spesso infarciti di parolacce) che dovrebbero creare snodi narrativi e che invece muoiono come innocue nuvolette in una giornata di alta pressione. Per quelle immagini, talvolta esteticamente simili (ma di gran lunga inferiori) alla ‘Grande Bellezza’ e, ancora di più che nel precedente film, fini a se stesse, senza capacità di riverberarsi, spente, come fossero degli spot pubblicitari di se stesse. Scene che vorrebbero essere comiche come quella nel negozio degli orologi a cucù, riescono solo a rendere ancora più ridicolo il film stesso. Tutto è autoreferenziale in questo lavoro costoso ed inconsistente.
Film compiacente, dove ognuno in fondo è buono o ha dentro qualcosa di buono, come il direttore d’Orchestra/compositore che la figlia accusa di aver pensato solo a se stesso nella vita, di aver tradito la moglie e trascurato i figli solo per la musica, per poi farci scoprire che la sua composizione migliore sono delle ‘Simple songs’ scritte per la moglie e da lei cantate. Lei che ora non c’è più, ormai ridotta ad una larva umana in una clinica di Venezia, ma che lui rimpiange come il suo unico grande amore. E certo non ci vengono risparmiate le lacrime della figlia quando ella scopre che grande uomo è in fondo il padre. Personaggio ingessato e così poco credibile questo musicista così come altrettanto poco credibile è l’amico ex regista di successo e che ora insegue il sogno di un ultimo grande film, lavorando con un gruppo di assistenti che sembra siano stati messi insieme solo per partorire idee idiote e mediocri. Intorno ai due protagonisti principali si muove uno zoo di personaggi ancora più improbabili: la diva tutta rughe cattiva ma non troppo, la vamp che rapisce il fidanzato, Maradona, il bonzo che alla fine levita…. Fare il nome di Fellini diventa a questo punto solo una pura cattiveria: tanto il surreale, il grottesco, in quel talentuoso regista, si innestava perfettamente nella struttura narrativa ed in esso si veniva trasportati come per incanto, quanto invece, nella pellicola di Sorrentino, tali elementi servono solo ad accrescerne l’inconsistenza e a rivelare la mancanza di una visione.
A poco servono, in questo senso le musiche raffinate di David Lang che, così lisce, così sempre coerenti all’immagini, finiscono alla lunga per addormentarla ulteriormente. Tutto è smussato, tutto è pacato in questo film al contempo ‘vecchio’ nell’anima e giovanilmente superficiale. Comunque almeno di una cosa per il momento non dobbiamo preoccuparci: Sorrentino non soffre di problemi alla prostata altrimenti saprebbe che chi ne soffre (o pensa di soffrirne) non piscia poco (come i due protagonisti), ma piscia spesso.
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andrea giostra
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lunedì 15 giugno 2015
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non è un film per tutti!
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Prima di scrivere questa recensione ne ho lette diverse. Ho sentito diversi commenti di amici che amano il cinema e lo vivono con passione e competenza. E’ sulla base di queste prime valutazioni che mi sento di affermare che l’ultimo film di Paolo Sorrentino, Youth, non è un film per tutti. Nel senso che non tutti gli amanti del cinema, ovvero coloro che vanno al cinema per divertirsi e rilassarsi, riescono ad apprezzare questo film che a mio avviso è un vero capolavoro narrativo prima ancora che cinematografico. “Youth” aderisce perfettamente all’approccio culturale contemporaneo di matrice francese, che vede il cinema come il vero erede della filosofia quale arte del pensiero e della riflessione sul senso della vita, per migliorare la propria vita terrena, e per arrivare alla Saggezza frutto di sani principi quali l’Etica, la Moralità e l’Estetica.
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Prima di scrivere questa recensione ne ho lette diverse. Ho sentito diversi commenti di amici che amano il cinema e lo vivono con passione e competenza. E’ sulla base di queste prime valutazioni che mi sento di affermare che l’ultimo film di Paolo Sorrentino, Youth, non è un film per tutti. Nel senso che non tutti gli amanti del cinema, ovvero coloro che vanno al cinema per divertirsi e rilassarsi, riescono ad apprezzare questo film che a mio avviso è un vero capolavoro narrativo prima ancora che cinematografico. “Youth” aderisce perfettamente all’approccio culturale contemporaneo di matrice francese, che vede il cinema come il vero erede della filosofia quale arte del pensiero e della riflessione sul senso della vita, per migliorare la propria vita terrena, e per arrivare alla Saggezza frutto di sani principi quali l’Etica, la Moralità e l’Estetica.
Sorrentino in Youth maneggia con estrema maestria, eleganza e apparente leggerezza i grandi temi dell’uomo di ogni epoca: il senso della vita, il tempo, l’amore, la giovinezza, la vecchiaia, la fedeltà, il tradimento, il romanticismo, la passione, la bellezza, la cultura, la sensibilità, le arti quali espressione dell’animo umano, la speranza, il futuro, la fiducia, la disperazione, il significato del suicidio, la famiglia, l’amore filiale e l’amore dei figli verso i genitori, insomma tutti i concetti che dall’origine dell’uomo sono stati al centro della sua riflessione e del suo pensiero speculativo e filosofico.
Il film narra di due grandi artisti oramai anziani (impersonati dai magnifici Michael Caine e Harvey Keitel), amici da sempre, che sulla soglia degli ottanta anni decidono di passare nello stesso Resort di lusso svizzero, alle pendici delle Alpi, un periodo di vacanza e di riposo. Caine è un compositore di fama mondiale che ha abbandonato i teatri per la pensione; Keitel un grande regista hollywoodiano che sta lavorando al suo ultimo film testamento insieme ai suoi fidati collaboratori. Caine pensa che il modo migliore per abbandonare il successo e la grande notorietà, sia l’uscita di scena silenziosa e riservata. Keitel, invece, vuole uscire di scena con la sua ultima opera, un film testamento che dovrà entrare nella storia del cinema.
E’ dal confronto tra i due grandi artisti, Caine e Keitel, che Sorrentino ci parla dei grandi temi dell’uomo di ogni tempo. E’ da come Caine e Keitel osservano gli ospiti e il personale del Resort, e ne commentano le azioni, i discorsi, i silenzi, le posture, che ci fa entrare in un flusso di pensieri straordinariamente ricco e stimolante, come tanti aghi di medicina cinese che ci vengono infilati lentamente nel corpo e che, stimolando punti precisi del nostro cervello, scatenano emozioni e riflessioni che altrimenti mai avremmo fatto. Ed è a questo punto che il film di Sorrentino si inquadra come “cinema che prende il posto della filosofia”. Ed è per questo stesso motivo che Youth non è un film per tutti.
PS - Per concludere questa breve recensione, parafrasando Aristotele, potremmo dire che chi pensa che nel ventunesimo secolo per essere uomini e donne al passo coi tempi, colti e stimolati nel pensiero e nella riflessione, non sia necessario andare al cinema per vedere film come Youth, dà l’addio alla vita poiché tutte le altre arti al confronto appaiono solo come chiacchiere e vaniloqui.
“Chi pensa sia necessario filosofare deve filosofare e chi pensa non si debba filosofare deve filosofare per dimostrare che non si deve filosofare; dunque si deve filosofare in ogni caso o andarsene di qui, dando l'addio alla vita, poiché tutte le altre cose sembrano essere solo chiacchiere e vaniloqui”. Aristotele, Protreptico o Esortazione alla filosofia, 350 a.C..
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maurizio d'anna
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lunedì 15 giugno 2015
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quant'è bella giovinezza che si fugge tuttavia
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Un Sorrentino crepuscolare che non ti aspetti. Un indugiare malinconico sul trascorrere del tempo... i ricordi, i rimpianti.
Frasi memorabili fornite ai personaggi. Quadri surreali di rara bellezza. Musiche di forte suggestione emotiva. Contrappunti linguistici e narrativi raffinati. [+]
Un Sorrentino crepuscolare che non ti aspetti. Un indugiare malinconico sul trascorrere del tempo... i ricordi, i rimpianti.
Frasi memorabili fornite ai personaggi. Quadri surreali di rara bellezza. Musiche di forte suggestione emotiva. Contrappunti linguistici e narrativi raffinati.
Se solo si dilungasse meno in alcune scene, direi che l'appagamento del palato sarebbe totale.
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jaylee
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domenica 14 giugno 2015
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la vita vista da vicino
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In perfetto ossimoro col titolo (Giovinezza), la trama riguarda la permanenza in un lussuoso chalet svizzero di Fred, anziano compositore e direttore d’orchestra ormai in pensione, al quale viene richiesto di eseguire per l’ultima volta il suo pezzo più famoso Con lui, il suo amico regista, Mick alla scrittura del suo ultimo film, il suo testamento artistico, con il quale passa il suo tempo a disquisire di tutto, riflettendo sulle loro esperienze ora che si avvicina il crepuscolo.
In realtà, Youth è molto meno crepuscolare di quanto possa apparire, molti gli sprazzi leggeri (sempre amarognoli) che alleggeriscono il contesto e l’ambientazione, dominata dal bianco e dal grigio all’interno dello chalet, ma dal verde dei monti svizzeri al di fuori di questo (non è casuale, come rivelerà un medico quasi alla fine).
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In perfetto ossimoro col titolo (Giovinezza), la trama riguarda la permanenza in un lussuoso chalet svizzero di Fred, anziano compositore e direttore d’orchestra ormai in pensione, al quale viene richiesto di eseguire per l’ultima volta il suo pezzo più famoso Con lui, il suo amico regista, Mick alla scrittura del suo ultimo film, il suo testamento artistico, con il quale passa il suo tempo a disquisire di tutto, riflettendo sulle loro esperienze ora che si avvicina il crepuscolo.
In realtà, Youth è molto meno crepuscolare di quanto possa apparire, molti gli sprazzi leggeri (sempre amarognoli) che alleggeriscono il contesto e l’ambientazione, dominata dal bianco e dal grigio all’interno dello chalet, ma dal verde dei monti svizzeri al di fuori di questo (non è casuale, come rivelerà un medico quasi alla fine). In effetti, questo film appare più appartenente alle atmosfere rarefatte di un opera come Le Conseguenze Dell’amore (anche questo ambientato in Svizzera) piuttosto che ai barocchismi saturi de La Grande Bellezza o Il Divo, con tempi dilatati, scanditi da dialoghi che , in pieno stile sorrentiniano, appaiono spesso sospesi, integrati e definiti dalle immagini più che dalle parole.
Questa integrazione necessaria di parole ed immagini è forse la cifra stilistica più importante di Sorrentino, che in qualche modo lo assimila al più europeo dei grandi registi USA, ovvero Terence Malick: e senza le immagini, le parole diventano incomprensibili, e le immagini senza le parole, troppo ampie. Per fare un esempio musicale, un po’ come Comfortatbly Numb dei Pink Floyd o La Donna Cannone di De Gregori, perfette fusione di testi e note.
Cosa è la Giovinezza secondo Sorrentino? È la vita stessa. La Passione, il ruolo da protagonista nel tuo Grande Spettacolo. Il resto dell’esistenza è una mera comparsata, o la replica di uno spettacolo già visto fin troppe volte. Come ci dirà Mick, forse nel momento più emblematico (e occhio al finale… dove siamo noi?) : la Vita vista da vicino.
Detto questo, però, e purtoppo, per quanto sia apprezzabile come lo scostamento rispetto a La Grande Bellezza sia notevole e coraggioso, Youth appare fin troppo rarefatto. Molte scene e molti personaggi, a differenza dei suoi precedenti lavori, appaiono spuri e difficilmente collocabili nell’ottica del film: l’omaggio a Maradona, la massaggiatrice-danzatrice da Wii, l’attore che interpreta Hitler, o fin troppo prevedibili (la storia della figlia di Fred con lo scalatore, la giovane prostituta per “anziani”, lo spettacolo finale). Non che manchino scene davvero significative: oltre a quella che vede Miss Universo “trasfigurata” fare il bagno coi nostri due eroi (la locandina del film), bella quella dove Fred “scova” la musica in una mandria di placide vacche. La Musica (la Vita) è ovunque.
Bravi i protagonisti (più Harvey Keitel che Michael Caine), meno efficaci gli altri (Rachel Weisz in testa, ma anche Paul Dano sembra un po’ fuori forma), splendide le immagini. Attenzione anche alla breve, ma intensa apparizione di Jane Fonda, sboccata ma disincantata musa di Mick. Stavolta però, la musica (ed è paradossale vista la trama) è meno efficace di tante volte, meno emozionante.
Ci azzardiamo a dire che se Youth fosse uscito prima de La Grande Bellezza, sarebbe probabilmente passato inosservato. Un film minore nella cinematografia di Sorrentino: speriamo che, a differenza di Mick, non sia questo il Testamento artistico del regista napoletano. (www.versionekowalski.it)
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ska82
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domenica 14 giugno 2015
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sorrentino non delude mai
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Come sempre Sorrentino divide il pubblico, tipico di chi fa film "non per tutti". Si conferma il migliore regista del panorama italiano. Inutile aggiungere altro, complimenti!!!!
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no_data
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venerdì 12 giugno 2015
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il suo sguardo.
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"Non servono le parole, si puo' sentire con il corpo" . Questa la vera natura del film. I miei occhi han goduto e con essi (di conseguenza) il mio pensiero.
Forse ,questo, anche il segreto della vita, a qualunque età.
[+] e' vero.
(di marezia)
[ - ] e' vero.
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