liviofa
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giovedì 5 novembre 2015
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non ho capito ......... niente.
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Non c'è niente che mi faccia infuriare più di andare al cinema e uscire dicendomi "Ma che cosa voleva dire ?" Non ho capito niente. Ho capito che Sorrentino è un regista così affermato ed acclamato che può mettere insieme spezzoni di pellicola girati certo con grande maestria e fotografia di altissima qualità, li monta a modo suo e tutti gridano al capolavoro. Ma fatemi capire perchè dovrei pensare che è un film capolavoro........ C'è questa bellissima SPA nelle Alpi svizzere, ci sono artisti eccezionali in camei importanti, c'è Miss Universo che si mostra integralmente e il nudo è come il prezzemolo e ci sta, ci sono questi due vecchietti che stanno lì a cazzeggiare, poi c'è la Regina d'Inghilterra che vuole che uno dei due suoni ancora per un concerto, l'altro vorrebbe fare un film ma è una cosa complicata e non ce la fa.
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Non c'è niente che mi faccia infuriare più di andare al cinema e uscire dicendomi "Ma che cosa voleva dire ?" Non ho capito niente. Ho capito che Sorrentino è un regista così affermato ed acclamato che può mettere insieme spezzoni di pellicola girati certo con grande maestria e fotografia di altissima qualità, li monta a modo suo e tutti gridano al capolavoro. Ma fatemi capire perchè dovrei pensare che è un film capolavoro........ C'è questa bellissima SPA nelle Alpi svizzere, ci sono artisti eccezionali in camei importanti, c'è Miss Universo che si mostra integralmente e il nudo è come il prezzemolo e ci sta, ci sono questi due vecchietti che stanno lì a cazzeggiare, poi c'è la Regina d'Inghilterra che vuole che uno dei due suoni ancora per un concerto, l'altro vorrebbe fare un film ma è una cosa complicata e non ce la fa. Insomma un guazzabuglio di episodi, magari fosse stato Sorrentino che si inchiodava lungo la realizzazione, come fa quel regista interpretato da Keitel.
Mi potreste dire che non ho capito niente perchè non ho sensibilità. Può essere con grande attendibilità. O perchè sono duro di comprendonio. Sarà certamente così anche quello, ma almeno si avvisi nelle locandine << Questa pellicola è solo per chi ha Quoziente Intelligenza superiore a XXYY >>
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alexander 1986
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martedì 3 novembre 2015
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la piccola bellezza
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Un direttore d'orchestra in pensione (Michael Caine) afflitto da un passato che gli impedisce di tornare a teatro. Un regista cinematografico demodé (Harvey Keitel) e alla ricerca di un dignitoso finale di carriera. Un attore (Paul Dano) alle prese con un ruolo difficile e alla ricerca di indizi per interpretarlo. Questi, i principali personaggi ospitati da un prestigiosissimo hotel-resort-ospizio fra le Alpi Svizzere, lontano parente del sanatorio reso celebre da 'La montagna magica' di Thomas Mann. Qualche reminiscenza? Sì, in effetti sembra di rivedere i medesimi personaggi o tipi umani già visti ne 'La grande bellezza'. Addirittura, se ci fate caso, Caine somiglia in modo inquietante a Servillo/Gambardella.
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Un direttore d'orchestra in pensione (Michael Caine) afflitto da un passato che gli impedisce di tornare a teatro. Un regista cinematografico demodé (Harvey Keitel) e alla ricerca di un dignitoso finale di carriera. Un attore (Paul Dano) alle prese con un ruolo difficile e alla ricerca di indizi per interpretarlo. Questi, i principali personaggi ospitati da un prestigiosissimo hotel-resort-ospizio fra le Alpi Svizzere, lontano parente del sanatorio reso celebre da 'La montagna magica' di Thomas Mann. Qualche reminiscenza? Sì, in effetti sembra di rivedere i medesimi personaggi o tipi umani già visti ne 'La grande bellezza'. Addirittura, se ci fate caso, Caine somiglia in modo inquietante a Servillo/Gambardella. Pressoché i medesimi, anche i temi e le suggestioni stilistiche. Un'operazione un po' banale, che diventa anche volgarotta con le comparse del sosia di Maradona e nientemeno che di miss Universo, al secolo Madalina Ghenea. La quale, con tutto il rispetto per la spaventosa bellezza, sembra messa lì per suggerire un'alternativa naturale al viagra.
Mi dispiace dare un giudizio così basso a questa pellicola, essendo stato in tempi non sospetti un forte sostenitore de 'La grande bellezza' quando nessuno la apprezzava. Sorrentino non deve campare di rendita.
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sergio dal maso
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sabato 26 settembre 2015
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nel passato o nel futuro
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"Questo è quello che si vede da giovani: si vede tutto vicinissimo; quello è il futuro... e questo è quello che si vede da vecchi: si vede tutto lontanissimo; quello è il passato" Mick Boyle
Durante la lavorazione il titolo provvisorio del nuovo film di Paolo Sorrentino era In the future, nel futuro. Forse sarebbe stato più appropriato.
Non tanto perché i protagonisti di Youth - La giovinezza sono tutti anziani.
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"Questo è quello che si vede da giovani: si vede tutto vicinissimo; quello è il futuro... e questo è quello che si vede da vecchi: si vede tutto lontanissimo; quello è il passato" Mick Boyle
Durante la lavorazione il titolo provvisorio del nuovo film di Paolo Sorrentino era In the future, nel futuro. Forse sarebbe stato più appropriato.
Non tanto perché i protagonisti di Youth - La giovinezza sono tutti anziani. Il tema principale, la cornice che racchiude i visionari e immaginifici quadri che il maestro napoletano dipinge con i suoi tormentati personaggi e le loro storie, è l’inesorabile passare del tempo, con il passato che progressivamente sovrasta le aspettative nel futuro. Con la vecchiaia la speranza e la vitalità cedono alla disillusione, i desideri ai rimpianti e ai ricordi, i corpi logorati si abbruttiscono. E’ ancora possibile desiderare di vivere il futuro?
Youth si svolge quasi interamente in un albergo-resort di lusso nella quiete delle Alpi svizzere dove gli agiati e anziani ospiti vanno a riposare e rigenerarsi. Si ritrovano due vecchi amici.
Fred Balinger è un famoso direttore d’orchestra, oramai ritirato dalle scene. Si è rassegnato all’apatia e si lascia vivere, tanto che rifiuta persino di dirigere un concerto per la Regina d’Inghilterra. Mick Boyle, invece, è un importante regista, tenace e per nulla intenzionato a ritirarsi prima di aver girato il suo film-testamento. Il primo è accompagnato dalla figlia, il secondo soggiorna con un gruppo di giovani sceneggiatori con cui sta cercando l’ispirazione per il finale del suo film. Attorno ai due protagonisti ruota una serie di personaggi stravaganti e bizzarri, tra gli altri: un giovane attore in crisi perché non riesce a liberarsi dai ruoli hollywoodiani che lo hanno reso famoso, un asceta buddista in attesa della levitazione, un Maradona imbolsito e asmatico il cui corpo deforme è contrapposto alla bellezza ammaliante di una splendida Miss Universo.
Come i personaggi de La grande bellezza, di cui Youth per molti aspetti è la continuazione, anche questi rappresentano amaramente e malinconica-mente la decadenza e la crisi di chi vive il presente senza chiedere nulla al futuro. Con una differenza sostanziale. Mentre nel primo i vari personaggi, tanto esuberanti quanto sgradevoli, a partire da Jep Gambardella, erano di fatto dei falliti, sedicenti artisti e mondani frustrati, in Youth Fred e Mick sono degli artisti veri, hanno conosciuto e assaporato la bellezza dell’arte, vissuto una vita piena e creativa. Lo stesso Maradona è stato un’icona dello sport e della sua rappresentazione artistica.
Non c’è via di fuga neanche per loro. Il disincanto della vecchiaia conduce inevitabilmente alla crisi, alla difficile scelta se vivere ancorati al passato o trovare la forza di desiderare e immaginare un futuro.
Come sempre, però, le tematiche e le chiavi di lettura che i film di Sorrentino offrono sono molteplici: dal disagio esistenziale alla solitudine nella società odierna, dal rapporto generazionale tra genitori e figli all’arte e alla bellezza come possibilità di riscatto.
Nel microcosmo umano dell’albergo svizzero si alternano storie allegoriche e personaggi iconici, solo apparentemente slegati tra loro, in una struttura narrativa che procede per quadri filmici esteticamente stupefacenti.
Le immagini sontuose e ricercate, spesso visionarie e oniriche, sono associate a musiche avvolgenti e dialoghi brillanti, forse un po’ didascalici e aforistici, ma sempre suggestivi. Sorrentino sembra inseguire costantemente la perfezione estetica. Nell’uso geometrico della macchina da presa e dei carrelli è capace di virtuosismi incredibili e unici, tanto che le splendide immagini dei suoi film si riconoscono subito.
Se La grande bellezza era stato visto come la riproposizione attualizzata de La Dolce Vita felliniana, Youth non poteva che essere accostato a 8 e mezzo. In parte c’è del vero, i film del cineasta napoletano però hanno una poetica e una scrittura assolutamente personali.
Riguardo agli attori, l’interpretazione dei due protagonisti è semplicemente straordinaria: Micheal Caine e Harvey Keitel, due miti assoluti del cinema mondiale, danno vita a due personaggi intensi e malinconici. Fred e Mick hanno aspettative diverse rispetto al loro futuro, e questo dividerà le loro strade.
L’impossibilità di realizzare il suo film-culto, nel tentativo di ritrovare la giovi-nezza artistica, costituirà per Mick un trauma insuperabile.
Al contrario, Fred, accettando di ripren-dere in mano le bacchette e di dirigere il concerto tante volte rifiutato, sembra dirci che anche da vecchi si può continuare a vivere il presente, guardando al futuro senza rimpianti.
Senza più grandi passioni e smodati desideri, forse, ma ripartendo dalle canzoni semplici e dalla grande bellezza delle piccole cose.
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aldo marchioni
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mercoledì 16 settembre 2015
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cinque stelle perché di più non si può
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Di una bellezza sconvolgente.
Più di una volta, durante la visione, mi sono ritrovato a dirmi "Dio, che bello..."
Ovviamente, chi cerca azione, una trama lineare, o una trama tout court ... ci sono altri ottimi film che seguono le regole di unità di luogo, tempo ed azione. Questo no, questo tocca le emozioni. Come la musica o la poesia, che non raccontano una storia ma toccano le emozioni, la cosa può essere molto personale.
A me è piaciuto moltissimo, posso però capire chi non lo apprezza, o, addirittra, lo detesta.
Personalmente, ho già prenotato il DVD ...
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yellowcab
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lunedì 31 agosto 2015
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youth, il non senso della vita
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Un lussuoso albergo e centro benessere svizzero, nel quale si ritrovano personaggi famosi e ricchissimi a sottoporsi a massaggi e check up, è il luogo dove passano le vacanze estive i due amici ultrasettantenni Fred Balinger (Michael Caine) e Mick Boyle (Harvey Keytel): l’uno grande maestro d’orchestra e compositore in pensione, l’altro famoso regista hollywoodiano in procinto di creare il suo film-testamento. In questa Corte dei Miracoli tra le Alpi, tra un obeso alter ego di Maradona e un monaco buddista capace di levitare, i due protagonisti passano il loro tempo abbandonandosi a considerazioni sulla vita, sul passato e su una giovinezza che ormai sentono lontana.
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Un lussuoso albergo e centro benessere svizzero, nel quale si ritrovano personaggi famosi e ricchissimi a sottoporsi a massaggi e check up, è il luogo dove passano le vacanze estive i due amici ultrasettantenni Fred Balinger (Michael Caine) e Mick Boyle (Harvey Keytel): l’uno grande maestro d’orchestra e compositore in pensione, l’altro famoso regista hollywoodiano in procinto di creare il suo film-testamento. In questa Corte dei Miracoli tra le Alpi, tra un obeso alter ego di Maradona e un monaco buddista capace di levitare, i due protagonisti passano il loro tempo abbandonandosi a considerazioni sulla vita, sul passato e su una giovinezza che ormai sentono lontana. L’ambientazione “termale” di 8 1/2è il terreno fertile, al quale, con furbizia e con ostentazione, Sorrentino vuole rimandare. E come nel capolavoro felliniano vi era la crisi dell’intellettuale, qui invece vi è la crisi dell’uomo, o, meglio, dell’uomo che invecchia. La banalità
dei luoghi comuni trattati si contrappone alla bellezza pittorica di alcune inquadrature. Alle asserzioni metaforiche troppo esplicite e scontate fa specie il senso di risalita che ha il film, aiutato dalle musiche: Maradona palleggia, il monaco riesce a levitare e infine il direttore d’orchestra torna a dirigere. Il messaggio è fin troppo chiaro, la giovinezza non è da trovare in un’età, ma nel nostro io, è dentro ognuno di noi, indipendentemente da quanto il tempo ci abbia erosi. Il purpurri e il kitch predominano però sulle tematiche anche nobili che il film avrebbe da offrire. In altri termini, Sorrentino punta su grandi attori, belle musiche e visioni idilliache, ma l’apparato strutturale della sceneggiatura è alquanto lontano dalla “grande bellezza”.
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paride86
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lunedì 31 agosto 2015
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spettacolare involucro semivuoto
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Sorrentino è un regista di indubbio talento e ogni fotogramma dei suoi film ce lo ribadisce.
"Youth" è un film di spettacolare potenza visiva, accompagnata da trovate registiche originali e interpretazioni davvero d'eccezione.
Il problema è che tanta eccellenza estetica non si sposa con una solida trama e, alla fine, dopo due ore di film, l'unica domanda che rimane allo spettatore è: e quindi?
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gabriella
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venerdì 21 agosto 2015
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la montagna disincantata
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In un’opera d’arte la forma non può essere disgiunta dal contenuto : le disposizioni delle linee, del colore, della luce , dell’ombra, dei volumi e dei piani, per quanto incantevole come spettacolo, dev’essere anche intesa come portatrice di un significato che va aldilà del valore visivo; sosteneva lo storico d’arte Erwin Panofsky.
L’ultimo film di Sorrentino si addentra ancora una volta in peripezie visive, valorizzandole negli affondi di luce di Luca Bigazzi e si compiace della sua riconoscibilità stilistica, ma non riesce a incantare come è stato per “La grande bellezza”che è un film che racconta di un vuoto esistenziale e di una ricerca capace però di abitare un sogno in una Roma defraudata dal suo splendore.
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In un’opera d’arte la forma non può essere disgiunta dal contenuto : le disposizioni delle linee, del colore, della luce , dell’ombra, dei volumi e dei piani, per quanto incantevole come spettacolo, dev’essere anche intesa come portatrice di un significato che va aldilà del valore visivo; sosteneva lo storico d’arte Erwin Panofsky.
L’ultimo film di Sorrentino si addentra ancora una volta in peripezie visive, valorizzandole negli affondi di luce di Luca Bigazzi e si compiace della sua riconoscibilità stilistica, ma non riesce a incantare come è stato per “La grande bellezza”che è un film che racconta di un vuoto esistenziale e di una ricerca capace però di abitare un sogno in una Roma defraudata dal suo splendore. L’ambientazione stavolta si sposta in un hotel svizzero ai piedi delle Alpi ( lo stesso di Thomas Mann nella Montagna incantata), Fred Ballister ( Michel Caine ) e Mich Boyle ( Harwey Keitel), sono amici di vecchia data e stanno trascorrendo un periodo di relax. Compositore in pensione il primo e regista il secondo col progetto di realizzare il suo film testamento e accarezzare l’idea di essere ricordato, i due ottantenni che si raccontano solo le cose belle, passano le giornate tra bagni e massaggi, osservano gli altri ospiti del resort, peccato che i loro discorsi più veri e autentici riguardano la prostata, tutto il resto è un corollario di aforismi preconfezionati , dialoghi pseudo intellettuali ( la breve conversazione tra Miss Universo e il giovane attore è stucchevole oltre che elementare), tutto scorre lento e immutato, diatribe con i figli con i quali non si è saputo creare un rapporto affettivo, sia Fred che MIch sono artisti e vivono della loro arte o di quello che ne è stato, è l’unica cosa che conoscono. L’età senile è un periodo di riflessione, di rimpianti, forse, l’unica via di fuga è la capacità di accettare le sfide della vita, così Fred decide di riprendere la bacchetta d’orchestra ( unico scatto in avanti anche se prevedibile nel finale), mentre Mich sceglie di uscire di scena. Non c’è molto da dire , non c’è una storia vera e propria e nemmeno ce la vuole raccontare , c’è troppa autoreferenzialità, per questo il film non levita e forse non ce ne accorgiamo, come il monaco buddistha che riesce a sollevarsi da terra e nessuno è presenteall’evento. Molto meglio l’albergo svizzero di “Le conseguenze dell’amore e la sua essenziale raffinatezza , devo dire bravi gli attori ( ma si sapeva, sono una garanzia) e le tre stellette sono per loro, specie a Harwey Keytel.
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domenica 9 agosto 2015
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La cifra stilistica ormai inconfondibile del regista c'è, belle alcune scene per taglio registico, belli alcuni dialoghi per intensità, ma Youth non mi ha dato quella sensazione di intimo, profondo, ineffabile godimento che provo quando sono di fronte a un grande film, sensazione che tutti i cinefili conoscono. Sul set quasi cinematografico di una clinica-spa nelle montagne svizzere si intrecciano le vite, i destini e i personali fallimenti di vari personaggi: un anziano musicista vedovo, disincantato ed egocentrico accompagnato dalla figlia in crisi coniugale, un regista in declino, amico e coetaneo del muscista, un attore californiano, un simil Maradona obeso e claudicante, Miss Universo in viaggo premio più altre figure di contorno.
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La cifra stilistica ormai inconfondibile del regista c'è, belle alcune scene per taglio registico, belli alcuni dialoghi per intensità, ma Youth non mi ha dato quella sensazione di intimo, profondo, ineffabile godimento che provo quando sono di fronte a un grande film, sensazione che tutti i cinefili conoscono. Sul set quasi cinematografico di una clinica-spa nelle montagne svizzere si intrecciano le vite, i destini e i personali fallimenti di vari personaggi: un anziano musicista vedovo, disincantato ed egocentrico accompagnato dalla figlia in crisi coniugale, un regista in declino, amico e coetaneo del muscista, un attore californiano, un simil Maradona obeso e claudicante, Miss Universo in viaggo premio più altre figure di contorno.Il tema portante è quello del tempo, della giovinezza (perduta) evocata dal titolo, dei bilanci esistenziali. Qua è là echi felliniani, ad esempio nelle scene di spettacoli serali che si svolgono nell'orchestra semovente del giardino della clinica-spa, ma anche echi viscontiani di "Morte a Venezia", pur nella differente ambientazione. Film che forse devo rivedere, ma che mi ha convinto assai meno de "La grande bellezza" e che non posso classificare tra i film cult della mia vita.
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domenica 9 agosto 2015
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La cifra stilistica ormai inconfondibile del regista c'è, belle alcune scene per taglio registico, belli alcuni dialoghi per intensità, ma Youth non mi ha dato quella sensazione di intimo, profondo, ineffabile godimento che provo quando sono di fronte a un grande film, sensazione che tutti i cinefili conoscono. Sul set quasi cinematografico di una clinica-spa nelle montagne svizzere si intrecciano le vite, i destini e i personali fallimenti di vari personaggi: un anziano musicista vedovo, disincantato ed egocentrico accompagnato dalla figlia in crisi coniugale, un regista in declino, amico e coetaneo del muscista, un attore californiano, un simil Maradona obeso e claudicante, Miss Universo in viaggo premio più altre figure di contorno.Il tema portante è quello del tempo, della giovinezza (perduta) evocata dal titolo, dei bilanci esistenziali. Qua è là echi felliniani, ad esempio nelle scene di spettacoli serali che si svolgono nell'orchestra semovente del giardino della clinica-spa, ma anche echi viscontiani di "Morte a Venezia", pur nella differente ambientazione. Film che forse devo rivedere, ma che mi ha convinto assai meno de "La grande bellezza" e che non posso classificare tra i film cult della mia vita.
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antonioca
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domenica 2 agosto 2015
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peccato! un brutto fim.
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Ha fatto bene Sorrentino a cogliere l'occasione della notorietà internazionale ottenuta per l'Oscar a La grande bellezza proponendo un film per il mercato internazionale, che proprio grazie all'Oscar troverà distribuzione nelle sale di mezzo mondo. Peccato, però, che per questa occasione commerciale che capita poche volte, non abbia puntato a farsi "aiutare" da sceneggiatori e autori in grado di presentare un film almeno sufficiente. Youth - La giovinezza è infatti un film vuoto, privo di contenuti, esitante. E' molto difficile riuscire ad arrivare fino in fondo, ma già dopo pochi minuti si capisce che saranno due ore dure da passare e delle quali non resterà nulla.
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Ha fatto bene Sorrentino a cogliere l'occasione della notorietà internazionale ottenuta per l'Oscar a La grande bellezza proponendo un film per il mercato internazionale, che proprio grazie all'Oscar troverà distribuzione nelle sale di mezzo mondo. Peccato, però, che per questa occasione commerciale che capita poche volte, non abbia puntato a farsi "aiutare" da sceneggiatori e autori in grado di presentare un film almeno sufficiente. Youth - La giovinezza è infatti un film vuoto, privo di contenuti, esitante. E' molto difficile riuscire ad arrivare fino in fondo, ma già dopo pochi minuti si capisce che saranno due ore dure da passare e delle quali non resterà nulla. Peccato!
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