stefano bruzzone
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martedì 10 dicembre 2013
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buon film anche se sopravvalutato
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forse 3 oscar sono eccessivi, ma il film è molto ben girato e sceneggiato. bravi tutti gli interpreti, ottima fotografia el ocation suggestive e realistiche. 6 canadesi si rifugiano a casa dell'ambasciatore in iran per sfuggire ad un golpe. sarà compito di un infiltrato della cia riportarli a casa sani e salvi...e lui metterà in piedi uno show degno di hollywood! azione, storia e qualche spunto comico fanno di questo film una pellicola completa, anche se non mancano le solite americanate e il solito finale made in usa tutto sorrisi e battutine. non lasciatevi ingannare, come me, dalla trama e dai primi minuti. non è il solito film noioso sulla guerra in iran.
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forse 3 oscar sono eccessivi, ma il film è molto ben girato e sceneggiato. bravi tutti gli interpreti, ottima fotografia el ocation suggestive e realistiche. 6 canadesi si rifugiano a casa dell'ambasciatore in iran per sfuggire ad un golpe. sarà compito di un infiltrato della cia riportarli a casa sani e salvi...e lui metterà in piedi uno show degno di hollywood! azione, storia e qualche spunto comico fanno di questo film una pellicola completa, anche se non mancano le solite americanate e il solito finale made in usa tutto sorrisi e battutine. non lasciatevi ingannare, come me, dalla trama e dai primi minuti. non è il solito film noioso sulla guerra in iran.
Voto: 7,5
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gianleo67
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mercoledì 4 dicembre 2013
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come salvammo la cia e inguaiammo hollywood
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Agente CIA specializzato in 'esfiltrazioni', escogita un ingegnoso quanto pericoloso stratagemma per liberare i sei ostaggi dell'ambasciata americana a Teheran, riparati presso la residenza dell'ambasciatore Canadese all'insaputa della polizia politica, dopo l'assalto da parte dei rivoltosi fedeli al regime dell'ayatollah Khomeyni appena insediatosi nel Gennaio del 1979. Con il supporto e la consulenza di un truccatore e di un produttore di Hollywood viene simulata la vera produzione di un falso film di fantascienza (con tanto di battage,locandine, storyboard e biglietti da visita) di cui i fuggiaschi avrebbero dovuto costituire il cast tecnico incaricato di un sopralluogo sulle location mediorientali.
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Agente CIA specializzato in 'esfiltrazioni', escogita un ingegnoso quanto pericoloso stratagemma per liberare i sei ostaggi dell'ambasciata americana a Teheran, riparati presso la residenza dell'ambasciatore Canadese all'insaputa della polizia politica, dopo l'assalto da parte dei rivoltosi fedeli al regime dell'ayatollah Khomeyni appena insediatosi nel Gennaio del 1979. Con il supporto e la consulenza di un truccatore e di un produttore di Hollywood viene simulata la vera produzione di un falso film di fantascienza (con tanto di battage,locandine, storyboard e biglietti da visita) di cui i fuggiaschi avrebbero dovuto costituire il cast tecnico incaricato di un sopralluogo sulle location mediorientali. Finale al cardiopalma.
Basato sulla storia vera riportata nell'omonimo libro dello stesso protagonista interpretato da Ben Affleck (il Tony Mendez alias Kevin Harkins del film), il belloccio di talento del cinema americano sforna un energico e rutilante spy-drama che, conscio della gloriosa tradizione yankee sospesa tra impegno civile e senso dello spettacolo, fa continuamente la spola tra l'America delle anticamere del potere politico e quelle dei mestieranti del cinema (dagli uffici di Langley dove non riescono a trovare nemmeno il numero del segretario degli esteri a quelli di una Hollywood dove non si puo' attraversare la strada per un 'ciak in corso') ed il clima di proscrizione della capitale iraniana messa a ferro e fuoco dopo la deposizione del tiranno filo-americano, coniugando mirabolmente le due principali inclinazioni dell''american way of life' da esportazione: il dominio nella politica estera e quello nella settima arte, spacciate entrambe per un sincero quanto dissimulato proselitismo democratico e culturale. Più costruito per intrattenere che per far riflettere, è comunque un film di azione drammatica che vanta una solida e articolata sceneggiatura di Chris Terrio e uno strepitoso montaggio di William Goldenberg (entrambi insigniti dell'Oscar) che riescono a condensare una materia narrativa carica di implicazioni politiche e storiche importanti (ma solo latamente sfiorate) lungo la direttrice consolidata dell'eroismo (del pragmatismo) a stelle e strisce dove ,un 'generale Custer' barbuto (in giacca e cravatta) e un pò anonimo, riesce a portare in salvo il suo settimo cavalleggeri dal ferale accerchiamento delle truppe cammellate jiadiste. Storia perfetta (e furbetta) per la riduzione cinematografica hollywoodiana, ha meriti più tecnici che puramente artistici pur mantenedo saldo il controllo su un registro di autoironia e di delizioso auto-citazionismo in cui nè la politica estera americana nè la credibilità dell'establishment culturale East-coast ci fanno una bella figura, ridotti come sono a ricorrere ad inverosimili espedienti pur di cavarsi fuori dal 'cul de sac' di un forsennato equilibrismo diplomatico ("Sei americani fatti uscire dalla casa di un diplomatico canadese e giustiziati è uno scandalo internazionale. Sei americani che sono sorpresi all'aereoporto a fingere di fare un film con la CIA e giustiziati è un imbarazzo nazionale") ma mostrando la potenza di affabulazione e di persuasione di una 'macchina dei sogni' in grado di arrivare là dove la becera politica Carteriana non sarebbe mai riuscita ad arrivare. Tra gli educativi storyboard che passano nei titoli di testa e gli inserti documentari in quelli di coda scorre un episodio di storia americana fatta di inganni e sotterfugi, make up ed effetti speciali, protagonisti e comprimari di un immaginario fantastico al servizio della causa (dalla potenza produttiva di 'Star Wars' allo scimmiottamento emulativo di 'Argo vaffanculo'). Bravo Affleck,bravissimo Goodman, inarrivabile Arkin. Tre Premi Oscar, 2 Golden Globe e 3 British Academy Film Awards. Troppa grazia, ma va bene così.
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matt83
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sabato 24 agosto 2013
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un'ottima prova da regista per ben affleck!
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Ho visto “Argo” ieri sera e solo poco prima di arrivare all'arena, ho scoperto che ha conquistato ben 3 Premi Oscar (compreso quello al miglior film dell’anno), 2 Golden Globe e 3 British Academy Film Awards. What else? Come direbbe George Clooney che è, insieme al neo regista Ben Affleck, il coproduttore della pellicola. Innanzitutto che si tratta di un film molto poco “facile” nonostante il suo protagonista così famoso, ancora una volta il caro Ben, e un film basato su fatti realmente accaduti a Teheran dopo la rivoluzione iraniana del 1979 e tratto dall’omonimo libro di Tony Mendez e Matt Baglio. Il film mette in scena, infatti, il cosiddetto Canadian Caper, ossia l’operazione segreta congiunta tra Stati Uniti e Canada – messa in piedi dallo stesso Mendez – per liberare, nell’ambito della crisi degli ostaggi, sei cittadini americani rifugiatisi nell’ambasciata canadese della capitale iraniana.
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Ho visto “Argo” ieri sera e solo poco prima di arrivare all'arena, ho scoperto che ha conquistato ben 3 Premi Oscar (compreso quello al miglior film dell’anno), 2 Golden Globe e 3 British Academy Film Awards. What else? Come direbbe George Clooney che è, insieme al neo regista Ben Affleck, il coproduttore della pellicola. Innanzitutto che si tratta di un film molto poco “facile” nonostante il suo protagonista così famoso, ancora una volta il caro Ben, e un film basato su fatti realmente accaduti a Teheran dopo la rivoluzione iraniana del 1979 e tratto dall’omonimo libro di Tony Mendez e Matt Baglio. Il film mette in scena, infatti, il cosiddetto Canadian Caper, ossia l’operazione segreta congiunta tra Stati Uniti e Canada – messa in piedi dallo stesso Mendez – per liberare, nell’ambito della crisi degli ostaggi, sei cittadini americani rifugiatisi nell’ambasciata canadese della capitale iraniana. Fin qui niente di nuovo sotto il sole. Nel senso che la sinossi del film potrebbe far pensare all’ennesima Americanata®. Mi spiego meglio. Ben potrebbe aver tranquillamente ceduto alla tentazione di fare un film su “quanto sono bravi gli americani” che, nonostante i cattivoni iraniani, sono riusciti a salvare le vite dei loro connazionli ingiustamente minacciati di morte da un popolo invasato dalla propagada inslamica del perfido ayatollah Ruhollah Mosavi Khomeini, capo spirituale e politico del suo Paese dal 1979 al 1989. Tentazione al quale Ben evidentemente non ha ceduto se è riuscito a far trasparire tutta l’inadeguatezza dei vertici sia politici e militari degli USA nell’affrontare la crisi scoppiata nel Medio Oriente. Infatti dopo alcune idee davvero balzane messe sul campo per liberare gli ostaggi, Tony Mendez, il protagonista interpretato da Ben Affleck, decide di spremersi le meningi e di mettere a rischio la sua stessa vita pur di “esfiltrare” (termine tecnico che mi rivendo ma che ho imparato solo ieri sera) i sei malcapitati. E a chi si rivolge? All’ONU? A una onlus prestigiosa? No, ad Hollywwod. E la cosa funziona. Perchè in fondo se “Vuoi venire ad Hollywood a spacciarti per qualcuno senza essere nessuno (…) sarai a tuo agio!”. Ed è così che la fabbrica dei sogni per antonomasia oltre a creare immensi profitti per una volta si presta a fare una buona azione. Esattamente come l’ambasciatore del Canada Ken Taylor che mette a rischio la sua posizione pur di fornire delle identità false ai 6 americani. Identità doppiamente false: false in quanto canadese e false perchè i 6 devono spacciarsi per una truope cinematografica in missione in Iran per valutare la possibilità di girare alcune scene del loro film fantascientifico proprio nell’esotica Repubblica Islamica. Argo appunto. Un film con grandi pretese che, tuttavia, serve solo da copertura. A tal proposito mi ha colpito molto la frase che John Chambers, il make-up artist che aveva già collaborato in precedenza con la CIA per dei travestimenti coinvolto da Medez, dice per dichiarare la sua disponibilità a prendere parte all’operazione: “Quindi tu vuoi venire a Hollywood e far finta che stai lavorando a un grande progetto senza realizzarlo, giusto? Allora hai scelto il posto giusto!”. Il buon Chambers mette in contatto Mendez anche con il produttore cinematografico alla fine della carriera Lester Siegel e in breve il gioco è fatto. Niente è più vero di una bugia? Forse è proprio così. Per una volta però la cosa è servita a qualcuno.
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nik deco
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martedì 13 agosto 2013
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il trionfo del cinema narratore di grandi storie
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Un tripudio di premi nel 2012 e 2013 hanno coronato "Argo", terzo film con Ben Affleck in veste di regista, come miglior film dell'anno. 3 Oscar (film, sceneggiatura nonoriginale e montaggio), 2 Golden Globe (film drammatico e regia), 3 BAFTA (film, regia, montaggio) bastano a definire un film che si colloca ben oltre il visibile e ridotto orizzonte degli action movie di stampo "Fast & Furious", coniugando sapientemente e morigeratamente "azione da cinema di guerra, commedia hollywoodiana e dramma storico", come recensisce Gabriele Niola. Un film che riesce a confermarsi come uno dei migliori dell'anno e a confermare il suo regista come una nascente stella registica nel panorama hollywoodiano.
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Un tripudio di premi nel 2012 e 2013 hanno coronato "Argo", terzo film con Ben Affleck in veste di regista, come miglior film dell'anno. 3 Oscar (film, sceneggiatura nonoriginale e montaggio), 2 Golden Globe (film drammatico e regia), 3 BAFTA (film, regia, montaggio) bastano a definire un film che si colloca ben oltre il visibile e ridotto orizzonte degli action movie di stampo "Fast & Furious", coniugando sapientemente e morigeratamente "azione da cinema di guerra, commedia hollywoodiana e dramma storico", come recensisce Gabriele Niola. Un film che riesce a confermarsi come uno dei migliori dell'anno e a confermare il suo regista come una nascente stella registica nel panorama hollywoodiano. Con Argo si ritorna allo stile dei grandi narratori di grandi storie come lo Spielberg di "Munich" e "Salvate il Soldato Ryan" o quell'ormai mistificato a unanime consenso Lean di "Lawrence d'Arabia" e "Il ponte sul fiume Kawai". Con Argo Ben Affleck si (ri)conferma l'erede più che legittimo di Clint Eastwood, capace come il suo mentore di raccontare la "grande" America attraverso gli occhi dei suoi piccoli eroi quotidiani che ogni giorno si collocano su un fronte di rischi e pericoli pur di conseguire il successo di madre America. Ed è sul fronte dell'analisi tecnica che la pellicola si dimostra un lavoro misurato e curato secondo per secondo, minuto per minuto, che riesce a far rimanere lo spettatore incollato allo schermo fino all'emozionante e apprensivo epilogo. Ben Affleck è più che credibile nel suo ruolo di agente CIA (forse esagerata la candidatura al BAFTA come miglior attore) lanciato in un'impresa che determinerà le sorti non solo degli ostaggi ma anche quelle dell'intero complesso politico statunitense in merito alla questione mediorientale. Con magistrale bravura tecnica ed empatica l'Affleck regista si afferma come l'indiscusso protagonista della pellicola, grazie anche alla lodevole sceneggiatura di Chris Terrio (esagerata forse anche in questo caso la vittoria agli Oscar) e alla distinte interpretazioni di Arkin in particolare, ma anche di Cranston e Goodman. La gradevole fluidità dell'opera è abilmente sottolineata dalle scelte di montaggio di William Goldenberg, a cui è stato meritatamente assegnato un Oscar e un BAFTA per il suo eccezionale lavoro. Da segnalare la buona, come di norma, colonna sonora di Alexandre Desplat, che tuttavia è possibile apprezzare in tutta la sua emotività solamente nei titoli di coda. Argo è una lode e una satira allo stesso tempo del cinema Hollywoodiano, quel cinema che per lungo tempo, ancor oggi, riesce ad incantarci e stupirci ma anche farci indignare di fronte a pellicole che non hanno il minimo scopo morale ed etico ma esclusivamente di lucro. Argo è la lode del cinema dei grandi capolavori, delle grandi storie che ci hanno raccontato la Storia, con i suoi grandi e piccoli eroi di tutti i giorni. È la lode di coloro che, per un bene morale ed umano più alto, si lanciano in imprese di dubbia riuscita. È la lode di tutti coloro che, con grandi e piccoli gesti, riescono a costruire le fondamenta di un futuro migliore e che, senza pensare al loro bene se non prima pensando a quello degli altri, lo realizzano guardando con attenzione ad uno schivo e oscuro presente. Un film che si dimostra essere rappresentazione della società del non così lontano '79, specchio di quella del presente e profezia di quella del futuro.
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timothyfalcodissidissegna
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venerdì 9 agosto 2013
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affleck come ulisse, in “argo” la storia si risolv
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Che gli americani fossero eccellenti nel risolvere delicati problemi internazionali (più o meno pacificamente) ce lo confermano tonnellate di film su agenti speciale, missioni segrete e piani diabolici sventati per il bene dell'umanità che da anni riempiono le sale cinematografiche di mezzo mondo. O quanto meno questo è quello che l'immaginario comune ormai pensa, con la figura del Rambo di turno che, armato dalla testa ai piedi con tutti i modelli di arma da fuoco esistesti a questo modo, affronta da solo l'esercito nemico e ovviamente ne esce vincitore. Quindi, verrebbe da pensare che la spia che rimane dietro la propria scrivania sia assolutamente in contrasto con praticamente tutto il cinema d'azione made in Hollywood, con i vari Schwarzeneger e Chuck Norris che la fanno da padroni indiscussi, e che sia impensabile che una pellicola con al centro, appunto, un agente segreto che preferisce l'astuzia ai muscoli possa sbancare il botteghino.
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Che gli americani fossero eccellenti nel risolvere delicati problemi internazionali (più o meno pacificamente) ce lo confermano tonnellate di film su agenti speciale, missioni segrete e piani diabolici sventati per il bene dell'umanità che da anni riempiono le sale cinematografiche di mezzo mondo. O quanto meno questo è quello che l'immaginario comune ormai pensa, con la figura del Rambo di turno che, armato dalla testa ai piedi con tutti i modelli di arma da fuoco esistesti a questo modo, affronta da solo l'esercito nemico e ovviamente ne esce vincitore. Quindi, verrebbe da pensare che la spia che rimane dietro la propria scrivania sia assolutamente in contrasto con praticamente tutto il cinema d'azione made in Hollywood, con i vari Schwarzeneger e Chuck Norris che la fanno da padroni indiscussi, e che sia impensabile che una pellicola con al centro, appunto, un agente segreto che preferisce l'astuzia ai muscoli possa sbancare il botteghino. Ma per fortuna esistono persone che non la pensano così, e tra queste c'è Ben Affleck che, ispirandosi a una vicenda realmente accaduta alla fine degli anni '70 in Iran, è riuscito a creare una pellicola avvincente e coinvolgente, con le adeguate aggiunte per rendere la storia ancora più accattivante.
“Argo”, questo il titolo del film, lo ha visto partecipe a 360°, rivestendo i panni di attore, regista e produttore. Il risultato è stato ottimo, con l'apprezzamento di pubblico e critica.
Siamo a Teheran, 1979. L'ayatollah Komheini, guida religiosa e politica del Paese, è ritornato in patria dopo l'esilio iniziato nel 1953, e la popolazione si scatena contro il “nemico americano”, irrompendo nell'ambasciata degli Stati Uniti. Sette funzionari riescono a scappare e tocca a Tony Mendez (Affleck), agente della Cia, riportarli a casa sani e salvi. L'idea arriva per caso, ed è sull'onda dei successi cinematografici dell'epoca: fingere di essere una troupe cinematografica che sta vedendo i luoghi per girare un film di fantascienza. “Argo”, appunto. Sono, infatti, gli anni dei primi tre capitoli di Star Wars, saga che compare spesso all'interno della pellicola, e i paesaggi orientali dell'Iran sono ideali per le riprese. Entra così in scena l'intelligenza e l'astuzia di Mendez, che vola a Teheran per aiutare il gruppo, sostituendo appieno la forza bruta del piombo e addirittura diverte, sempre però con il fiato sospeso quando i soldati iraniani fermano i protagonisti all'aeroporto.
Ne esce quasi un omaggio all'antico eroe greco Ulisse (Argo era il suo cane), che privilegiava il cervello ai muscoli, e non sfigura affatto ma anzi è un chiaro esempio di come la Storia si ripresenti spesso nelle stesse forme, e per risolverla ci si può affidare all'arma migliore che l'uomo possegga: il cervello.
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zummone
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mercoledì 19 giugno 2013
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salvare ostaggi con un film!
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Nel 1979 l'ambasciata americana a Tehran, in Iran, venne presa d'assalto e occupata da studenti e cittadini. Dentro c'erano decine di funzionari e impiegati, che furono presi in ostaggio. Gli iraniani volevano che gli Stati Uniti "restituissero" Reza Phalavi, lo Scià di Persia cacciato dalla rivoluzione di Khomeini, che si era rifugiato negli Usa.
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Nel 1979 l'ambasciata americana a Tehran, in Iran, venne presa d'assalto e occupata da studenti e cittadini. Dentro c'erano decine di funzionari e impiegati, che furono presi in ostaggio. Gli iraniani volevano che gli Stati Uniti "restituissero" Reza Phalavi, lo Scià di Persia cacciato dalla rivoluzione di Khomeini, che si era rifugiato negli Usa. Gli ostaggi rimasero prigionieri per oltre un anno e questo smacco (insieme a un mancato tentativo di liberazione) costò la rielezione a Jimmy Carter, allora Presidente.
Questa è storia, anche abbastanza risaputa. Quel che si conosceva poco, invece, è narrato nel bel film di Ben Affleck (qui alla terza regia e anche protagonista), "Argo". Infatti, un episodio collaterale della storia vera, fu la fuga dall'ambasciata di sei americani, che si rifugiarono a casa dell'ambasciatore canadese. Un agente della CIA (Affleck) cerca di portarli fuori dall'Iran, proponendo un piano folle: fingersi un produttore che vuolgirare un film ("Argo", appunto!), ambientato in Iran, e spacciare i sei americani come membri del cast tecnico, lì per un sopralluogo. E così comincia la costruzione della finzione: una sceneggiatura, bozzetti, un presunto cast, un ufficio di produzione, un truccatore celeberrimo, conferenze stampa e articoli sui giornali. Tutto falso, ma fatto ad arte, perchè sembri vero.
La realtà, lo sappiamo, può superare di gran lunga la fantasia e il film si ispira a fatti davvero accaduti: l'agente Cia Tony Mendez e la sua piccola "impresa". Con un ritmo serrato e una bella sceneggiatura, capace di ricostruire, in maniera chiara, un fatto sconosciuto ai più, con una progressione drammatica einserti brillanti (impareggiabili i dialoghi con il produttore Alan Arkin e il mago degli effetti speciali John Goodman), "Argo" è un bel prodotto a metà strada, tra l'intrattenimento intelligente, il film ispirato a fatti storici e l'action movie. Provare per credere!
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jacopo b98
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lunedì 27 maggio 2013
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affleck ci regala un gran thriller adrenalinico
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1979-1980, Iran in piena rivoluzione islamica. Un agente della CIA (Affleck), specializzato in “estrazioni”, deve tirare fuori sei diplomatici americani che, riuscendo a scappare dal consolato prima dell’invasione, si sono rifugiati presso l’ambasceria canadese. Inventa perciò un bizzarro piano: con l’aiuto del truccatore John Chambers (1923-2001, Oscar per il trucco de Il pianeta delle scimmie, Goodman) e del produttore Lester Siegel (Arkin) mette su un falso film di fantascienza, Argo, entra nel paese con la scusa di dover girare il film e fa passare per membri della troupe i diplomatici. La storia vera di Tony Mendez è leggenda nella CIA, e Affleck al suo terzo film da regista ne ha tratto un indimenticabile thriller.
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1979-1980, Iran in piena rivoluzione islamica. Un agente della CIA (Affleck), specializzato in “estrazioni”, deve tirare fuori sei diplomatici americani che, riuscendo a scappare dal consolato prima dell’invasione, si sono rifugiati presso l’ambasceria canadese. Inventa perciò un bizzarro piano: con l’aiuto del truccatore John Chambers (1923-2001, Oscar per il trucco de Il pianeta delle scimmie, Goodman) e del produttore Lester Siegel (Arkin) mette su un falso film di fantascienza, Argo, entra nel paese con la scusa di dover girare il film e fa passare per membri della troupe i diplomatici. La storia vera di Tony Mendez è leggenda nella CIA, e Affleck al suo terzo film da regista ne ha tratto un indimenticabile thriller. Ben (e intelligentemente) sceneggiato da Chris Terrio, prodotto da George Clooney e Grant Heslov, è stato il film dell’anno, premiato agli Oscar con tre statuette: film, sceneggiatura non originale (da documenti segreti poi declassificati) e montaggio; ai Golden Globe con due: film e regia e ai BAFTA con tre film, regia e montaggio, oltre agli altri riconoscimenti internazionali. Forse la statuetta del miglior film, contando che in gara c’erano, tra gli altri, anche Les Misérables, Django Unchained, Re della terra selvaggia e Lincoln; ma è davvero stato un reato non premiare il film con la statuetta della regia (per cui il film agli Oscar non ha neanche ricevuto la candidatura, nell’anno in cui vinse scandalosamente Ang Lee per per Vita di Pi): Affleck racconta una storia già vista, già sentita e abbastanza ovvia, ma lo fa così bene e con una maestria così grande da realizzare un film teso in modo quasi insostenibile, indimenticabile il finale in aeroporto a Teheran, con le auto che sfrecciano sulla pista. Inoltre il film è spiritoso, grazie alla riuscita accoppiata Goodman-Arkin, entrambi bravissimi, seppur serio, non troppo patriottico nei confronti degli Stati Uniti, seppur profondamente americano, esagerato ed un tantino sentimentalista nel finale. È un film d’azione, ma è così bello, così ben fatto da risultare davvero godibile, mai sciocco e tantomeno gratuito. Affleck ci regala un’ottima interpretazione di un personaggio complesso e non banale, anche se forse ha più talento dietro la macchina da presa che non davanti. Assolutamente imperdibile.
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kyuss
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giovedì 2 maggio 2013
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dove film e realtà collidono
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Ben Affleck, alla sua terza uscita dietro la macchina da presa, si rivela un regista misurato e compentente. Le precedenti prove (Gone Baby Gone e The Town) avevano mostrato, non senza qualche stupore delle malelingue, che Affleck sapeva il fatto suo, che l'attore americano poteva offrire una prova dignitosa e d'autore anche in cabina di regia. Argo è la prova matura e vibrante di un talento che, fra scelte sbagliate e qualche incompiutezza, è finalmente
sbocciato ed emerso, affrancandosi dal pesante fardello di essere unicamente "... quello che aveva scritto la sceneggiatura di Will Hunting - Genio Ribelle con Matt Damon".
L'idea di fondo è lodevole sotto diversi punti di vista: la scelta della sceneggiatura sobria e senza andare a coprire il lato più "spettacolare" ed eclatante della rivolta culturale/sociale iraniana, l'utilizzo di colori freddi/caldi a seconda della necessità e un andamento della cinepresa lento e capace di assorbire alcune sfumature emotive dei personaggi principali ma non solo (anche quelli più abbozzati e non completamente caratterizzati hanno buona definizione).
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Ben Affleck, alla sua terza uscita dietro la macchina da presa, si rivela un regista misurato e compentente. Le precedenti prove (Gone Baby Gone e The Town) avevano mostrato, non senza qualche stupore delle malelingue, che Affleck sapeva il fatto suo, che l'attore americano poteva offrire una prova dignitosa e d'autore anche in cabina di regia. Argo è la prova matura e vibrante di un talento che, fra scelte sbagliate e qualche incompiutezza, è finalmente
sbocciato ed emerso, affrancandosi dal pesante fardello di essere unicamente "... quello che aveva scritto la sceneggiatura di Will Hunting - Genio Ribelle con Matt Damon".
L'idea di fondo è lodevole sotto diversi punti di vista: la scelta della sceneggiatura sobria e senza andare a coprire il lato più "spettacolare" ed eclatante della rivolta culturale/sociale iraniana, l'utilizzo di colori freddi/caldi a seconda della necessità e un andamento della cinepresa lento e capace di assorbire alcune sfumature emotive dei personaggi principali ma non solo (anche quelli più abbozzati e non completamente caratterizzati hanno buona definizione).
Piacevole è lo spunto di utilizzare strutturare una pellicola su un film falso, tale Argo, e poi far procedere a pari passo le due storie, quella vera della rivoluzione iraniana ed il recupero dei diplomatici (seguita da Ben Affleck) e quella ingannevole con protagonisti gli stessi personaggi ma solo con una prospettiva più hollywoodiana. La capacità di sfumare i contorni e di rendere indistinto il confine fra la realtà-divenuta-finzione di Argo e la finzione-trattata-come -realtà del falso Argo è una delle armi realmente forti della cinepresa e del cinema di Affleck. Il continuo interscambio fra le due intercapedini consente all'autore di giostrare una narrazione con ottimi attimi di suspence (il finale è
realmente da cuore in gola, si è partecipi come non mai alle sorti dei diplomatici) e momenti di rilascio quasi documentaristico pur nella loro componente fortemente cinema-oriented.
Questa volta Affleck ha osato, ha cercato di portare il suo talento ad un livello superiore, ed i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Argo è stato premiato con la statuetta dell'Oscar (cosa che non è sempre un sintomo di effettiva bontà del film) ma è la consistenza della storia proposta che lo porta ad essere un ottima pellicola.
Consigliato caldamente.
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martedì 16 aprile 2013
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mentire
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Argo di Ben Affleck [Mentire] 7/10
Mentire è un’arte; talvolta una necessità. Per la CIA è un’abitudine e dissimulare fa parte del corredo di ogni agente e della struttura stessa. L’Agenzia e Hollywood sono addirittura l’essenza stessa della menzogna e, uniti per necessità, riuscirono (nel 1980) a concludere un capolavoro. Non un film, ma una reale missione impossibile. Questo narra Argo di Ben Affleck ovvero di come un agente (Tony Mendez) riuscì a salvare sei ostaggi prigionieri a Teheran ai tempi della rivoluzione khomeynista nel 1979.
Lo scià Reza Pahlavi ripara negli Stati Uniti e, benché prossimo a morire di cancro, è preteso in patria per un processo e una sicura impiccagione.
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Argo di Ben Affleck [Mentire] 7/10
Mentire è un’arte; talvolta una necessità. Per la CIA è un’abitudine e dissimulare fa parte del corredo di ogni agente e della struttura stessa. L’Agenzia e Hollywood sono addirittura l’essenza stessa della menzogna e, uniti per necessità, riuscirono (nel 1980) a concludere un capolavoro. Non un film, ma una reale missione impossibile. Questo narra Argo di Ben Affleck ovvero di come un agente (Tony Mendez) riuscì a salvare sei ostaggi prigionieri a Teheran ai tempi della rivoluzione khomeynista nel 1979.
Lo scià Reza Pahlavi ripara negli Stati Uniti e, benché prossimo a morire di cancro, è preteso in patria per un processo e una sicura impiccagione. Gli Usa non cedono, il mondo tentenna, i rivoluzionari in Iran e sotto le ambasciate americane protestano; i civili e i diplomatici fuggono da un paese diventato insicuro e controllato dalle forze rivoluzionarie fondamentaliste. L’ambasciata americana in Iran è invasa dalla folla urlante; 52 addetti e diplomatici sono presi in ostaggio, sei passano fortunosamente all’ambasciata canadese. Vi resteranno mesi.
Intanto la CIA studia un piano per la loro liberazione e tra le tante stravaganti proposte –tutte saggiamente rifiutate dai cervelli dell’Intelligence e dai politici – vince la più assurda: trasformare i sei ostaggi in una troupe del cinema. L’idea dell’agente Tony Mendez vince perché la macchina della menzogna (se il cinema è menzogna Hollywood è la patria della bugia) è più efficiente della verità diplomatica o della forza militare (entrambe già fallite). Mentire è più saggio che affrontare con la determinatezza della politica (internazionale) e con vero senso di responsabilità un caso diplomatico e umano che rischia di far esplodere una guerra.
In breve tempo la produzione del “film” parte secondo la prassi consueta e con la diffusione delle indispensabili informazioni (fasulle) che depisteranno i servizi segreti iraniani. Si cercano e si trovano lo sceneggiatore, il produttore, il produttore esecutivo che si divertono come matti a fingere di fare (dunque a mentire) un finto film. La CIA e la politica si perdono in discussioni e tutto rischia di andare all’aria: come spesso succede nella preparazione di un film, come sempre succede nella vita vera.
Ben Affleck, qui alla sua terza prova di regista (dopo “Gone Baby Gone”, 2007 e “The Town”, 2010) dimostra grandi capacità di narratore e sa creare la giusta tensione (non eccessiva perché il finale è ovvio) semmai punta l’obbiettivo (fotografia Rodrigo Prieto) sull’ambiente iraniano già martoriato dalla lotta rivoluzionaria. Paese semidistrutto, povero, presidiato da soldati armati, controllato dalle spie. Il montaggio di “Argo” (William Goldenberg) è la vera forza del film e sviluppa il racconto a sezioni parallele dando forza alla lunga preparazione del piano (in America) e ritmando (la vicenda e la sua rappresentazione hanno tempi quasi simili) la parte finale della fuga.
Tuttavia, nell’insieme, “Argo” è un film tradizionale ben costruito, interpretato con misura da professionisti, senza esagerazioni. È stato definito un film di “destra” ma forse è più corretto definirlo “conservatore” di quei valori molto americani come l’obbedienza, il senso del dovere e del sacrificio, la superiorità su tutti. Eppure non è privo di ironia e di qualche critica al sistema, al campionario umano desolante (politici, agenti e persino qualche ostaggio), alla protezione ostinata dei fatti e alla obbligatoria segretezza (la vicenda resterà ignota per un paio di decenni). L’America è sempre Dio e la CIA resta il suo profeta.
Argo è un film che supera la cronaca dei fatti per raccontare un brandello di storia esemplare mettendo in evidenza il sistema della menzogna di Stato anche se, mentendo, talvolta si fa esplodere la verità, dopo trent’anni.
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