Da Emanuele Svezia, un esemplare mockumentary sul tracollo della Leda.
di Mauro Gervasini
The Fake Gem – La vera storia di Leda, contenuto speciale tra gli extra del dvd Il gioiellino di Andrea Molaioli (Bim-Feltrinelli), è un film esemplare. Accompagna lo spettatore nei meandri della principale azienda di latticini d'Italia partendo dalla fine. Dal fallimento tragico che mise sul lastrico migliaia di risparmiatori. E dalla voragine finanziaria si va a ritroso, fino alle origini dell'impero del cavaliere Amanzio Rastelli, che partì dalla salumeria del nonno per costruire una multinazionale con attività in Brasile, Stati Uniti, Europa e Russia.
La macchina da presa scava, scruta, coglie lo sconcerto dei coltivatori diretti e degli allevatori di mucche pieni di crediti verso l'azienda, scatta istantanee di famiglia, recupera scene e backstage del film che sulla Leda è stato girato, Il gioiellino appunto. Ma perché è esemplare The Fake Gem? Semplice. Perché Leda non esiste. Perché gli autori del lungometraggio hanno ricostruito tutto ispirandosi alla realtà (il crack Parmalat) ma ricollocandola in un luogo diverso (Acqui Terme al posto di Parma) con protagonisti inventati nonostante le assonanze (Amanzio Rastelli come Callisto Tanzi). Per il resto, fatti e circostanze sono rispettosi del vero, dalla vertiginosa crescita della ditta al passo più lungo della gamba del suo commendatore, che parte alla conquista del mondo sperperando quantità folli di denaro tra squadre di calcio e tour operator, fino all'"invenzione dei soldi" del ragionier Ernesto Botta (Toni Servillo nel film di Molaioli), "Ernestino", che facendo quotare l'azienda in borsa comincia a far girare quattrini inesistenti. Nella realtà Tanzi, messo alle strette, disse con involontario senso dell'umorismo che Parmalat era un gioiellino «a parte il buco da 14 miliardi di euro». Una cifra che il pensiero non considera. Nella finzione di Molaioli, Remo Girone nei panni di Rastelli ripete più volte il concetto. The Fake Gem si colloca a metà tra Tanzi e Girone, realtà e finzione, seguendo una modalità cinematografica di moda oggi e che potremmo definire "diversamente finta". Oppure, con il termine inglese che le è proprio, mockumentary, letteralmente "il film che fa il verso al documentario" oppure "il documentario che ti prende in giro".
Perché Leda e non Parmalat? Per due motivi. Il primo, per evitare noie di tipo legale e avere le mani libere nel processo drammaturgico (la realtà si può romanzare). Il secondo è per dare alla vicenda un maggior senso di universalità. Ci si ispira al crack Parmalat ma quella di Leda è una vicenda comune a decine di multinazionali, in un regime di finanza creativa che ha portato alla più spaventosa crisi economica che l'Occidente si potesse immaginare. Da qui la scelta del mockumentary, realizzato però con tutti gli strumenti tipici del docu, dai materiali di repertorio alle interviste on the road alla didattica degli eventi (i difficili raggiri contabili sono spiegati con cristallina evidenza). Un prodotto, come si diceva, esemplare.
Non nuovo, perché il concetto di diversamente falso piace al cinema contemporaneo, come dimostrano per esempio Death of a President di Gabriel Range (2006), sul finto attentato al presidente George W. Bush, oppure l'ottimo Il mistero di Lovecraft (2005) di Federico Greco e Roberto Leggio, sul fantomatico ma non impossibile viaggio nel Polesine di H.P. Lovecraft. Solo per citare due titoli che vogliono apparire più docu che fiction usciti regolarmente nelle sale o in dvd. Hanno invece una diversa accezione, nonostante le confusioni, quegli horror alla The Blair Witch Project (1999), L'ultimo esorcismo (2010) su su fino all'insuperato modello Cannibal Holocaust (1979), che sfruttano lo stratagemma del found footage, ovvero il ritrovamento di materiale video girato da persone o morte o scomparse in circostanze misteriose. Restando invece al mockumentary ortodosso, oltre a The Fake Gem – La vera storia di Leda, consigliamo un altro titolo notevole che si vedrà in anteprima al prossimo Torino Film Festival: Freakbeat di Luca Pastore. Storia del viaggio di Roberto "Freak" Antoni, fondatore degli Skiantos e fresco vincitore del premio Tenco, insieme alla figlia adolescente sulle tracce di una mitica incisione dell'Equipe 84 con Jimi Hendrix (!). Incisione che rappresenta il Santo Graal di tutto il beat italico, ma diciamo che Freak Antoni è un Parsifal un po' sui generis. Ecco, anche in questo caso Pastore, regista che condivide con l'eccentrico musicista una certa predisposizione al punk, utilizza tutti gli strumenti di illustrazione del vero tipici del documentario per raccontare la ricerca di qualcosa di palesemente falso. O no?