dalidax78
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martedì 30 giugno 2020
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un gran film fatto di carne e lacrime...
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Fassbender si agita all'interno di un mondo fatto di frustrazioni d impulsi che si rincorrono continuamente...un film crudo ma reale...il protagonista dietro l'apparenza da uomo sicuro e ricco di fascino vive il sesso e la passione in maniera frenetica e smisurata. La scelta registica di McQueen di introdurre il personaggio della sorella (Mulligan...ottima..), che fa precipitare ulteriormente la situazione è geniale e scopre il rapporto morboso tra i fratelli. Qualche punto debole nella descrizione dell' ambiente cattivo che ci circonda. Fassbender regge magistralmente il ruolo ed è abile a trasmettere il vuoto del personaggio. Geniale la scena del pub con descrizione dettagliata di cosa farebbe alla ragazza al bancone.
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Fassbender si agita all'interno di un mondo fatto di frustrazioni d impulsi che si rincorrono continuamente...un film crudo ma reale...il protagonista dietro l'apparenza da uomo sicuro e ricco di fascino vive il sesso e la passione in maniera frenetica e smisurata. La scelta registica di McQueen di introdurre il personaggio della sorella (Mulligan...ottima..), che fa precipitare ulteriormente la situazione è geniale e scopre il rapporto morboso tra i fratelli. Qualche punto debole nella descrizione dell' ambiente cattivo che ci circonda. Fassbender regge magistralmente il ruolo ed è abile a trasmettere il vuoto del personaggio. Geniale la scena del pub con descrizione dettagliata di cosa farebbe alla ragazza al bancone...sorretta da un ottimo montaggio alternato. Da vedere....
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boffese
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lunedì 20 febbraio 2012
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"vergogna"
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SHAME
“VERGOGNA”
Dopo Hunger penso che il regista Steve McQueen abbia dato conferme di grande talento.
Porta sullo schermo una New York molto poco cinematografica e tratta un argomento difficile in modo diretto e realistico , portandoci sullo schermo non tanto il sesso o l'erotismo , ma la malattia e la solitudine dei personaggi.
Ottimi dialoghi, supportati da una portentosa colonna sonora che batte i ritmi del film .
Ovviamente ,un applauso fragoroso va alla bravissima Mulligan (stupenda nella canzone New York New York) e standing ovation per Fassbender ,capace di mettersi a nudo non solo fisicamente.
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SHAME
“VERGOGNA”
Dopo Hunger penso che il regista Steve McQueen abbia dato conferme di grande talento.
Porta sullo schermo una New York molto poco cinematografica e tratta un argomento difficile in modo diretto e realistico , portandoci sullo schermo non tanto il sesso o l'erotismo , ma la malattia e la solitudine dei personaggi.
Ottimi dialoghi, supportati da una portentosa colonna sonora che batte i ritmi del film .
Ovviamente ,un applauso fragoroso va alla bravissima Mulligan (stupenda nella canzone New York New York) e standing ovation per Fassbender ,capace di mettersi a nudo non solo fisicamente.
Personalmente mi ha ricordato (non per la storia) per la psicologia dei personaggi e la caratterizzazione degli ambienti , la pellicola Biutiful di Inarritu.
Consiglio vivamente di andare a recuperare Hunger, l’opera prima del regista purtroppo non distribuito in italia ma rintracciabile con sottotitoli.
Se nel primo , la perdita di liberta’ era dettata dalla prigionia , in shame la troppa liberta’ diventa prigionia per la persona
Sicuramente e' uno dei film piu' belli di quest'anno.
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gianmarco.diroma
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sabato 10 novembre 2012
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gli integrati
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4 stelle invece di 5, solamente perché Steve McQueen, forse perché proviene dalla videoarte, quindi amando a tratti forse più la forma che la sostanza della bellissima storia che sta raccontando, contribuisce ad avvalorare ulteriormente un'affermazione contenuta ne "L'illusione difficile" di Federco di Chio: "Sempre più, insomma, le storie sono occasioni di smarrimento e non più guide per affrontare il caos". Gli integrati perché per chi abbia letto "Apocalittici e integrati" di Eco o chi, come me, ne conosca solo il titolo, potrebbe risultare "easy" leggere Shame come il complementare di Hunger. Complementare o speculare. Poco cambia. Il senso sta nel fatto che lì dove Hunger racconta la storia di un uomo che va incontro alla morte, martirizzando il proprio corpo, elevando il proprio corpo ad una causa (un verbo), affrontando il mondo senza compromessi, e per questo in chiave apocalittica, Shame parte e segna la via dell'integrazione silenziosa tra le "contorsioni" erotico-pornografiche del mondo, metafora di una condizione "shared & worldwide spread" che si propaga come un rizoma tra "case per uomini fieramente soli" e camere di alberghi affacciati sull'Hudson che non a caso di nome fanno Standard.
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4 stelle invece di 5, solamente perché Steve McQueen, forse perché proviene dalla videoarte, quindi amando a tratti forse più la forma che la sostanza della bellissima storia che sta raccontando, contribuisce ad avvalorare ulteriormente un'affermazione contenuta ne "L'illusione difficile" di Federco di Chio: "Sempre più, insomma, le storie sono occasioni di smarrimento e non più guide per affrontare il caos". Gli integrati perché per chi abbia letto "Apocalittici e integrati" di Eco o chi, come me, ne conosca solo il titolo, potrebbe risultare "easy" leggere Shame come il complementare di Hunger. Complementare o speculare. Poco cambia. Il senso sta nel fatto che lì dove Hunger racconta la storia di un uomo che va incontro alla morte, martirizzando il proprio corpo, elevando il proprio corpo ad una causa (un verbo), affrontando il mondo senza compromessi, e per questo in chiave apocalittica, Shame parte e segna la via dell'integrazione silenziosa tra le "contorsioni" erotico-pornografiche del mondo, metafora di una condizione "shared & worldwide spread" che si propaga come un rizoma tra "case per uomini fieramente soli" e camere di alberghi affacciati sull'Hudson che non a caso di nome fanno Standard. La sequenza iniziale (quella che dal titolo di testa che compare lì sul letto dove il corpo nudo del protagonista principale poggiava un attimo prima, passa tra le folle della metro di New York, tra donne che pur di essere richiamate da Brandon lasciano messaggi sconcertanti ma che alla fine strappano anche un sorriso in segreteria del tipo "ho un cancro, mi rimane una settimana di vita", tra occhi che tra le folle che affollano la metro di New York s'incontrano e non riescono più a mollarsi) rivela tutta la forza e la bravura di McQueen. Una forza che non perde di vigore nel corso del racconto, ma che semplicemente si disperde. Non perdita bensì dispersione. Dispersione nel mondo. Citando ancora di Chio, "messa in crisi della chiusura". Il film infatti non ha una chiusura, e per assurdo è un film tremendamente romantico. Romantico per come romantico era uno come Franz Schubert: romantico nel senso che il tema (musicale) non viene sviluppato (la forma sonata beethoviana), ma rimane su sé stesso, implode (come l'Incompiuta proprio di Schubert), rimane (nonostante l'alta fattura registica) materia grezza piegata, ripiegata su sé stessa che non diventa mai prodotto finito, ma che viene esposta così com'è. Come una colata di cemento esposta in una teca cercando di preservarne la caduta originaria. Nulla a che fare con Pollock però, perché di sicuro il corpo di Fassbender non è un corpo che balla, forse di più... le sculture di Medardo Rosso!
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elray
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domenica 29 settembre 2013
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shame: il labirinto della vergogna
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Immenso. Labirintico. Selvaggio.
Un melodramma intenso che scuote e ipnotizza.
La rappresentazione della vergogna di Brandon.
Un uomo slegato dal suo sé più profondo. Meccanicamente freddo, aggressivamente esplicito. Immerso nella società del profitto e della prestazione. Diviso tra pulsione animale e morale sociale castrante.
E del suo rapporto estetico/narcisistico/distruttivo con il sesso. Quello femminile. Che può essere innescato solo se distante, sconosciuto, estraneo.
Un film crudo che svela la solitudine di un uomo, così lontano così vicino, ad una società frigida e asettica, satura come le luci, i colori e le musiche che costituiscono il film e la città in cui piano sprofonda.
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Immenso. Labirintico. Selvaggio.
Un melodramma intenso che scuote e ipnotizza.
La rappresentazione della vergogna di Brandon.
Un uomo slegato dal suo sé più profondo. Meccanicamente freddo, aggressivamente esplicito. Immerso nella società del profitto e della prestazione. Diviso tra pulsione animale e morale sociale castrante.
E del suo rapporto estetico/narcisistico/distruttivo con il sesso. Quello femminile. Che può essere innescato solo se distante, sconosciuto, estraneo.
Un film crudo che svela la solitudine di un uomo, così lontano così vicino, ad una società frigida e asettica, satura come le luci, i colori e le musiche che costituiscono il film e la città in cui piano sprofonda.
Un alone malsano, incestuoso immerge i corpi dei protagonisti che sembrano sporcare tutto ciò che toccano. Sentimenti esasperati, corpi esibiti, muri di vetro, barriere. McQeen inquadra e segue Brandon nel suo delirio anaffettivo, con lunghe sequenze che ne sottolineano l'alienazione e la caduca romanticità. Lo rendono un gelido angelo caduto, destinato a morire avvolto su se stesso. Forse.
Un cane che si morde la coda, un amor fati che condanna a commettere gli stessi errori e le stesse azioni all'infinito, come se il proprio passato inficiasse in qualche modo ogni possibilità di futuro. Un presente continuo che vive di ripetizioni psicotiche e indotte. Un paziente sotto sedativi, una macchina scassata tenuta in piedi da un'innato istinto di sopravvivenza.
Shame è la volontà minata da una passività distruttrice.
Shame siamo noi.
Qui.
Adesso.
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stefano pariani
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domenica 15 gennaio 2012
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sesso e disperazione a tinte fredde
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Brandon (Michael Fassbender) è un fascinoso trentenne in carriera che vive a New York e trascorre ogni sua giornata alla costante ricerca di sesso e appagamento fisico con prostitute, siti on line pornografici, riviste hard e masturbazioni sia fra le mura di casa che nella toilette dell'ufficio. Qualsiasi momento è quello giusto, perchè Brandon non pensa ad altro: il suo sguardo è come perso e sul suo volto non splende il sorriso, ma c'è una maschera di freddezza che cela un'inquietudine interiore che forse neanche lui sa spiegare. Persino il tentativo di una storia amorosa con una collega di lavoro naufraga nel momento in cui al sesso s'uniscono l'intimità e la complicità.
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Brandon (Michael Fassbender) è un fascinoso trentenne in carriera che vive a New York e trascorre ogni sua giornata alla costante ricerca di sesso e appagamento fisico con prostitute, siti on line pornografici, riviste hard e masturbazioni sia fra le mura di casa che nella toilette dell'ufficio. Qualsiasi momento è quello giusto, perchè Brandon non pensa ad altro: il suo sguardo è come perso e sul suo volto non splende il sorriso, ma c'è una maschera di freddezza che cela un'inquietudine interiore che forse neanche lui sa spiegare. Persino il tentativo di una storia amorosa con una collega di lavoro naufraga nel momento in cui al sesso s'uniscono l'intimità e la complicità. Per di più ha una sorella (Carey Mulligan) che gli piomba in casa, portando con sè la sua dose di problemi, visto che, a differenza del fratello, è alla disperata ricerca d'amore, ma sfortunatamente non riesce ad avere relazioni stabili. La sua presenza e la sua ricerca d'affetto stridono con la personalità di Brandon che non nasconde la sua insofferenza nell'averla a casa. Con tutto questo peso comincia per Brandon una sorta di calvario che lo porta negli abissi di una notte newyorkese persa tra provocazioni e cazzotti in un bar di quartiere, labirinti dark di un locale gay e sesso con due prostitute di bassa lega, fino ad una sorta di catarsi finale, simbolicamente rappresentata da un pianto sotto la pioggia. Fassbender, coppa Volpi all'ultima mostra di Venezia, è bravo a rendere la freddezza esteriore del personaggio e tutto il fardello di disperazione che porta dentro, perchè Brandon non prova gioia nella conquista delle donne e nel possederle, ma vive la sua dipendenza come una prigione, un vortice nel quale è perso e che gli fa perdere il contatto con tutti gli altri aspetti della vita e delle cose più vere. I colori freddi e grigi della pellicola, le linee algide ed essenziali delle architetture e dell'appartamento di Brandon sono funzionali alla storia, così come ogni inquadratura di nudità o scena di sesso non è gratuita e fine a stessa. Nessuno scandalo, quindi, e nessuna oscenità. Si resta solo con la voglia di sapere un po' di più Brandon, di scavare un po' di più nella sua anima, di trovare un perchè e forse di vedere sullo schermo un guizzo di regia in più. Vien da chiedersi cosa ne avrebbe fatto Aronofsky. Probabilmente sono questi i limiti di un film che mostra senza andare troppo a fondo, osa senza turbare veramente ed ha un finale costruito a tavolino. Da antologia la sequenza iniziale in metropolitana con il dialogo di sguardi tra Fassbender, fermo e magnetico, e una giovane donna, dapprima sfuggente e compiaciuta e poi catturata come una preda.
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molenga
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lunedì 30 gennaio 2012
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a picco
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Brandon è un manager, vive a new york in un bell' appartamento ed è single...anche se forse non è "single" la patrola giusta per definirlo: brandon è un erotomane, mastuebatore compulsivo ed internauta pornografico, non riesce ad avere relazioni che comportino un lato sentimentale; per lui il sesso è necessario e anestetico: se prova ad andare oltre fa cilecca; Brandon( che è magistralmente interpretato da Fassbender) ha una sorella che si sdà ai maschi che incontra( lei è la prezzemolina carey mulligan), una ragazza senz'arte né parte, cantante incompiuta, donna mai cominciata. Insieme vivono un k-hole sul passato nel new jersey, entrambi sono lacrime e disperazione, in gabbia per sempre, corpi che si dimenano mentre affondano.
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Brandon è un manager, vive a new york in un bell' appartamento ed è single...anche se forse non è "single" la patrola giusta per definirlo: brandon è un erotomane, mastuebatore compulsivo ed internauta pornografico, non riesce ad avere relazioni che comportino un lato sentimentale; per lui il sesso è necessario e anestetico: se prova ad andare oltre fa cilecca; Brandon( che è magistralmente interpretato da Fassbender) ha una sorella che si sdà ai maschi che incontra( lei è la prezzemolina carey mulligan), una ragazza senz'arte né parte, cantante incompiuta, donna mai cominciata. Insieme vivono un k-hole sul passato nel new jersey, entrambi sono lacrime e disperazione, in gabbia per sempre, corpi che si dimenano mentre affondano.
Altra grande prova di McQueen che dipinge un affresco sulla solitudine e l'incapacità di vivere, la continua ricerca di compagnia di chi può vivere solo morendo. Fotografia e luci da Oscar, grandissimo Fassbender: la Mulligan è brava ma c'è un'inflazione della sua uimmagine: film da non perdere
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sassolino
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lunedì 30 gennaio 2012
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la vergogna nel basso ventre
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New York, mille luci notturne e mille tentatrici nella testa e negli istinti di Brian, 40 enne dalla carriera avviata che a un'emotività "normale" proprio non vuole arrendersi. Le cose scivolano ancor più nel basso ventre con l'arrivo della sorella Sissi, nottambula cantante di night clubs e compulsiva quanto un riccio delle Asturie! Il passato tutto irlandese dei due fratelli fallici nasconde forse qualche fitta trama incestuosa ma in Shame conta la visione, il ritmo tutto metropolitano (quasi un fuori orario delle nostre nevrosi), la forsennata pulsione al sesso che sembra sempre più distaccarci dall'amore, dalla naturale lentezza del vivere una vera storia affettiva. Esemplare la scena allo Standard Hotel dove l'approccio più sentimentale che sessuale della nera e conturbante collega blocca tutti gli appetiti perversi di Brian.
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New York, mille luci notturne e mille tentatrici nella testa e negli istinti di Brian, 40 enne dalla carriera avviata che a un'emotività "normale" proprio non vuole arrendersi. Le cose scivolano ancor più nel basso ventre con l'arrivo della sorella Sissi, nottambula cantante di night clubs e compulsiva quanto un riccio delle Asturie! Il passato tutto irlandese dei due fratelli fallici nasconde forse qualche fitta trama incestuosa ma in Shame conta la visione, il ritmo tutto metropolitano (quasi un fuori orario delle nostre nevrosi), la forsennata pulsione al sesso che sembra sempre più distaccarci dall'amore, dalla naturale lentezza del vivere una vera storia affettiva. Esemplare la scena allo Standard Hotel dove l'approccio più sentimentale che sessuale della nera e conturbante collega blocca tutti gli appetiti perversi di Brian.
Un film che con la potenza plastica del videoclip ci precipita in un Videodrome di masturbazioni interiori, uno spaccato lucido e tirato sull'incapacità di vivere bene quel che resta dell'amore e anche un piccolo saggio di incomunicabilità; nei gesti, negli spazi, nelle luci sempre soffuse, nella stessa videotelefonata del capo di Brian al figlio regna la solitudine che puo' risolversi solo autodistruggendosi, in un turbine vorace di sesso e compulsione.
Bravo Fassbender, capace di rendere tutta l'ambiguità del personaggio, la cupa disperazione che lo avvolge e soprattutto l'impotenza a lasciarsi vivere. Per chi spera in un finale incestuoso... piccola delusione.
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franky108
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venerdì 20 gennaio 2012
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forte,bello,ma..
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Brandon è un uomo con un buon lavoro ma con una vita un po' disastrata. È dipendente dal sesso e anche sua sorella,pur non avendo lo stesso problema,non se la passa meglio. È un film complesso che sicuramente tratta un tema che poche volte viene trattato nel cinema. I colori,i paesaggi e le storie si intrecciando sottolineando lo squallore di tutta quella situazione. Elemento principale della pellicola è la colonna sonora,importante,possente che a volte diventa persino protagonista lasciando le immagini che scorrono sullo schermo quasi come decorazione alla musica.
Il film,nonostante a volte risulti un po' lento, è fatto bene e riesce a coinvolgere abbastanza lo spettatore; il tutto é sicuramente reso più facile dalle (numerose) scene di nudo e dalla crudezza delle vicende rappresentate.
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Brandon è un uomo con un buon lavoro ma con una vita un po' disastrata. È dipendente dal sesso e anche sua sorella,pur non avendo lo stesso problema,non se la passa meglio. È un film complesso che sicuramente tratta un tema che poche volte viene trattato nel cinema. I colori,i paesaggi e le storie si intrecciando sottolineando lo squallore di tutta quella situazione. Elemento principale della pellicola è la colonna sonora,importante,possente che a volte diventa persino protagonista lasciando le immagini che scorrono sullo schermo quasi come decorazione alla musica.
Il film,nonostante a volte risulti un po' lento, è fatto bene e riesce a coinvolgere abbastanza lo spettatore; il tutto é sicuramente reso più facile dalle (numerose) scene di nudo e dalla crudezza delle vicende rappresentate. Insomma gli ingredienti per fare un capolavoro c'erano tutti eppure una volta usciti dalla sala l'impressione è che manchi qualcosa. Manca la motivazione. Brandon ha un problema col sesso e questo è chiaro sin dai primi minuti ma cosa lo ha spinto ad essere così? Perchè non riesce ad avere un rapporto con la donna di cui si sta innamorando?perché decide di 'scopare' qualsiasi cosa che respiri purchè sia insolito o perlomeno poco etico? E perchè anche sua sorella è così incasinata da tentare addirittura il suicidio? Sono una serie di interrogativi che potevano essere quantomeno accennati,avrebbero reso la storia molto più solida e interessante e avrebbero dato lo spunto allo spettatore di riflettere e non lasciarlo così attonito e passivo voyerista delle loro vite.
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goldy
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lunedì 6 febbraio 2012
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pretestuoso
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Se il dramma dell'uomo è di tipo patologico che condanna a una disperazione intollerabile allora si ricorra a cure adeguate. Se invece vuole essere profetico e sostenere la desertificazione totale dei sentimenti che caratterizzerà le generazioni future allora il film spaventa e mostra inequivocabilmente che senza illusioni non si può vivere. Il film non decolla mai perchè il punto di vista del regista rimane insondato. Non c' nessun tentativo introspettivo e nessuna volontà di guardarsi dentro per tentare di capire qualcosa di sè. Senza la strategia della parola il film diventa raffinato esibizionismo e una scusa per fare del sensazionalismo sessuale che non emoziona mai.
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Se il dramma dell'uomo è di tipo patologico che condanna a una disperazione intollerabile allora si ricorra a cure adeguate. Se invece vuole essere profetico e sostenere la desertificazione totale dei sentimenti che caratterizzerà le generazioni future allora il film spaventa e mostra inequivocabilmente che senza illusioni non si può vivere. Il film non decolla mai perchè il punto di vista del regista rimane insondato. Non c' nessun tentativo introspettivo e nessuna volontà di guardarsi dentro per tentare di capire qualcosa di sè. Senza la strategia della parola il film diventa raffinato esibizionismo e una scusa per fare del sensazionalismo sessuale che non emoziona mai. L'unico momento che mi ha preso è l'interpretazione della sorella di New York New York. Criticabile ìè anche l'uso dei brani musicali. Le Variazioni Goldberg e i Preludi di Bach sono più adatti a sottolineare la bellezza della casa ma non certo adatti a sottolineare il dramma dell'uomo
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[+] forse è vero
(di sergiotti)
[ - ] forse è vero
[+] basta variazioni goldberg.
(di italianpianist)
[ - ] basta variazioni goldberg.
[+] lovely
(di laszlo)
[ - ] lovely
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mantraliulai
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martedì 21 agosto 2012
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proprio una vergogna
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Steve Mcqueen non ce la racconta giusta. Avrà sicuramente visto 'American Psycho', il capolavoro di Mary Harron con uno strepitoso Christian Bale, ne sarà rimasto colpito e affascinato tanto da riportarlo pari pari nel suo 'Shame'. Difatti ritroviamo nel film alcune scene e persino inquadrature spudoratamente copiate dal thriller del 2000, a cominciare dall’apertura, dove Fassbender, appena alzato dal letto, gira per casa in mutande e va in bagno per la sua minzione quotidiana mostrando il suo fondoschiena da urlo, fino ai passaggi in cui guarda materiale pornografico. Anche lui è un hippie newyorkese privo di sentimenti, ossessionato dallo sport e dai bei vestiti; ciò che è cambiato è il tempo, in una decina di anni si è passati dal televisore ad un più comodo computer.
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Steve Mcqueen non ce la racconta giusta. Avrà sicuramente visto 'American Psycho', il capolavoro di Mary Harron con uno strepitoso Christian Bale, ne sarà rimasto colpito e affascinato tanto da riportarlo pari pari nel suo 'Shame'. Difatti ritroviamo nel film alcune scene e persino inquadrature spudoratamente copiate dal thriller del 2000, a cominciare dall’apertura, dove Fassbender, appena alzato dal letto, gira per casa in mutande e va in bagno per la sua minzione quotidiana mostrando il suo fondoschiena da urlo, fino ai passaggi in cui guarda materiale pornografico. Anche lui è un hippie newyorkese privo di sentimenti, ossessionato dallo sport e dai bei vestiti; ciò che è cambiato è il tempo, in una decina di anni si è passati dal televisore ad un più comodo computer. Tutto qui. Ma mentre Bale veniva supportato da un’eccellente sceneggiatura, Fassbender si deve barcamenare tra un copione scialbo e quasi del tutto inesistente puntando in totale sul suo bel faccino o sulla sua statuaria fisicità da apollo greco, fate voi…
L’ossigenata e canterina Carey Mulligan è messa lì giusto per aggiungere minuti alla pellicola, altrimenti vuota.
In conquibus: tanta noia, dialoghi scarni e banali, scene di sesso sterili che mettono in imbarazzo lo spettatore e gli attori stessi. Salverei soltanto la fotografia, rigorosa e lineare nelle ambientazioni, ma anch’essa fredda, sui toni verde/blu. Insomma, oltre alla furbata di aver chiamato un bellone teutonico molto in voga al cinema in questo momento, pare che il regista abbia azzeccato soltanto il titolo: una vergogna, appunto.
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