|
|
rita branca
|
lunedì 23 settembre 2013
|
vergogna d’amare?
|
|
|
|
Shame, film (2011) di Steve McQueen con Michael Fassbender, Carey Mulligan, James Badge Dale, Nicole Beharie
Questo film drammatico dal ritmo lento, ambientato a New York, espone con efficacia la tragedia dello squallore umano elevato alla massima potenza, riempiendo lo spettatore dello stesso sgomento provocato da storie di cronaca contemporanea anche vicinissime a noi.
Attraverso la vita del protagonista, il single Brandon Sullivan, un algido uomo qualunque con lavoro regolare, dallo sguardo impenetrabile e vagamente inquietante, si esplora il percorso esasperante di una creatura alla ricerca di piacere solo fisico, che sembra non conoscere vie alternative, che, anzi quando casualmente le incrocia, ne è disorientato.
[+]
Shame, film (2011) di Steve McQueen con Michael Fassbender, Carey Mulligan, James Badge Dale, Nicole Beharie
Questo film drammatico dal ritmo lento, ambientato a New York, espone con efficacia la tragedia dello squallore umano elevato alla massima potenza, riempiendo lo spettatore dello stesso sgomento provocato da storie di cronaca contemporanea anche vicinissime a noi.
Attraverso la vita del protagonista, il single Brandon Sullivan, un algido uomo qualunque con lavoro regolare, dallo sguardo impenetrabile e vagamente inquietante, si esplora il percorso esasperante di una creatura alla ricerca di piacere solo fisico, che sembra non conoscere vie alternative, che, anzi quando casualmente le incrocia, ne è disorientato. Ciò avviene solo con due persone, negli innumerevoli e squallidi rapporti sessuali casuali o ricercati che vive: uno con una sua collega che, nel corso di un approccio fisico, lo tratta come succede in un vero rapporto d’amore e le carezze di lei prima lo stupiscono, facendolo frenare, e poi lo bloccano completamente come durante una comunicazione in cui il codice da usare è sconosciuto; l’altro è quello con la problematica sorella, molto desiderosa di dare e ricevere affetto e che, forse proprio per questo Brendon vorrebbe respingere, profondamente turbato. I sentimenti sono accuratamente scansati da lui, come se scottassero. La sua esistenza è colmata di pornografia sia per mezzo di riviste patinate, locali del sesso, che di chat porno on line, insomma niente che somigli anche vagamente ad un rapporto appagante che superi l’attimo fuggente anche affrontando l’altra faccia dei rapporti umani, quella che ad ognuno chiede un tributo di responsabilità.
Steve McQueen offre un caleidoscopio dalle tinte cupe dove si muovono piccole figure Infelici alla ricerca dell’effimero super temporaneo incapace di lasciare tracce d’emozione o squarci di gioia duratura e appagante.
Dopo una tragedia sfiorata che coinvolge fratello e sorella, il protagonista, inquadrato al centro di una carreggiata, si scioglie in un pianto dirotto…. finalmente il segno che forse, molto in fondo al suo cuore, qualcosa di umano è rimasto insieme ad una punta di shame, vergogna, e, ben alimentato, potrebbe crescere e far sperare in una vita più significativa e felice, degna di un uomo maturo insomma.
Rita Branca
[-]
|
|
|
[+] lascia un commento a rita branca »
[ - ] lascia un commento a rita branca »
|
|
d'accordo? |
|
|
|
al. angel....
|
venerdì 23 novembre 2018
|
e' un peccato
|
|
|
|
Ho appena finito di vedere questo film e ho subito cercato le recensioni a riguardo con l'intenzione comunque di iscrivermi e lasciarne una propria .
Preferisco rimanere nell'anonimato per ovvie ragioni che sicuramente comprenderete.
Il film è un vero capolavoro. Il regista ha voluo rappresentare in questa e sua sorella una condizione patologica sempre più diffusa oggi.
Mi fu diagnosticata una patologia che forse pochi conoscono ma con cui molti convivono denominata DBP ed oggi sono in terapia con la volontà di cambiare la mia condizione e quella della mia famiglia e di mia moglie che in modo straordinario mi è rimasta accanto aiutandomi in questo percorso.
[+]
Ho appena finito di vedere questo film e ho subito cercato le recensioni a riguardo con l'intenzione comunque di iscrivermi e lasciarne una propria .
Preferisco rimanere nell'anonimato per ovvie ragioni che sicuramente comprenderete.
Il film è un vero capolavoro. Il regista ha voluo rappresentare in questa e sua sorella una condizione patologica sempre più diffusa oggi.
Mi fu diagnosticata una patologia che forse pochi conoscono ma con cui molti convivono denominata DBP ed oggi sono in terapia con la volontà di cambiare la mia condizione e quella della mia famiglia e di mia moglie che in modo straordinario mi è rimasta accanto aiutandomi in questo percorso.
Finito di vedere il film non ho potuto fare altro che riflettere sulla tragicità di questa sofferenza che viviamo dentro la nostra prigione.
Conosco molto bene le cause che possono portare un individuo a tali condizioni ma questo oggi, dopo aver preso coscienza dela mia patologia e di tutto ciò che comporta per me e per gli altri.
Ho riconosciuto il ripetersi all'infinito dell'oblio della morte a cui non ci si può sottrarre schiavi della nostra incapacità cognitiva, e soprattutto della nostra incapacità di riconoscere le nostre emozioni.
Quando il dolore è stato atroce ed intollerabile nel passato si smette di riconoscere le emozioni, proprie e degli altri.
Si ripete all'infinito il dramma come se a volerlo controllare, come se "questa possa essere la volta buona(per morire)".
A volte invece si rivive all'infinito il dramma per poterci dire che non ci ha ucciso.
Ho riconosciuto in Brandon la sofferenza, le pulsioni, il bisogno di morire, l'anaffettività ( spesso la mancanza di affetto in tenera età è la causa principale che determina l'anaffettività nei bambini che invece di ottenere il giusto "attaccamento" si trovano da soli a combattere con una forzata autonomia emotiva rimanendo nella confusione .
Riconosco in Brandon il sentimento della vergogna che viene eluso in men che non si dica prendendo al volo un assist offerto dal datore di lavoro nel momento in cui parla di "password forzata del pc" ed il sentimento di vergogna quando viene sorpreso dalla sorella sotto la doccia a masturbarsi che si trasforma in rabbia.
Riconosco il sentimento di RABBIA, sentimento che è ricorrente nei soggetti borderline, sentimento irrazionale che prende il posto della delusione, della tristezza.
Il sesso compulsivo altro non è che il tentativo di sconfiggere quella depressione, quel senso di vuoto che caratterizza la personalità borderline che a differenza del depresso, reagisce cercando sensazioni forti per poter compensare .
Ricnosco anche il bisogno di amore, di affetto della sorella anch'essa afflita dal medesimo male che come la scienza a dimostrato si trasmette da genitori a figli in una catena che si ripete di generazione in generazione se non viene spezzata. Una donna con il bisogno di instaurare rapporti di dipendenza affettiva, una donna che come il 70/80% dei casi diagnosticati borderline tenta il suicidio almeno una volta ed il 10% infine vi riesce.
Angosciante è il momento in cui Brandon corre verso casa per salvare la sorella e per salvarsi . Quante volte mi è capitato di correre dilaniato dal pensiero che fosse oramai troppo tardi per salvarsi e quante volte ho deciso di cambiare vita ma, senza gli strumenti, sono sempre finito con il rincontrare quella donna nella metro, all'infinito.
"Shame" in Inglese significa "è un peccato". E' un peccato che si continui a cercare la morte all'infinito in modo inconsapevole, c'è qualcosa che si può fare per cambiare tutto questo, ma da soli non ci riusciremo mai ed è un peccato
[-]
|
|
|
[+] lascia un commento a al. angel.... »
[ - ] lascia un commento a al. angel.... »
|
|
d'accordo? |
|
|
|
flyanto
|
lunedì 16 gennaio 2012
|
quando la crisi è estrema e porta ad una forma di
|
|
|
|
Film sulla profonda crisi esistenziale dell'uomo (newyorkese) del secondo millenio a cui, sembra, non esserci via di d'uscita se non, forse, dopo un evento altamente drammatico. La società della città di New York qui ricorda lontanamente quella della crisi dei valori descritta nel romanzo (e film) di Jay Mc Inerney "Le mille luci dei New York" dove però il "riscatto" appariva più probabile. Molto bravo l'attore Michael Fassbender (giustamente premiato a Venezia come miglior attore maschile) in un ruolo che avrebbe potuto essere interpretato da Jeremy Irons, ovviamente in età giovanile. Degna di nota anche Carey Mulligan nel ruolo della fragile sorella Sissy.
[+]
Film sulla profonda crisi esistenziale dell'uomo (newyorkese) del secondo millenio a cui, sembra, non esserci via di d'uscita se non, forse, dopo un evento altamente drammatico. La società della città di New York qui ricorda lontanamente quella della crisi dei valori descritta nel romanzo (e film) di Jay Mc Inerney "Le mille luci dei New York" dove però il "riscatto" appariva più probabile. Molto bravo l'attore Michael Fassbender (giustamente premiato a Venezia come miglior attore maschile) in un ruolo che avrebbe potuto essere interpretato da Jeremy Irons, ovviamente in età giovanile. Degna di nota anche Carey Mulligan nel ruolo della fragile sorella Sissy.
[-]
|
|
|
[+] lascia un commento a flyanto »
[ - ] lascia un commento a flyanto »
|
|
d'accordo? |
|
|
|
icutino
|
sabato 28 gennaio 2012
|
il dramma di un uomo prigioniero del sesso.
|
|
|
|
"Shame" seconda regia di Steve McQueen è un film cupo e introspettivo sul dramma di un uomo malato di bulimia sessuale. Ambientato in una New York notturna e anonima , il regista lascia da parte facili giudizi e tratteggia quasi come in un documentario,la storia di Brandon, interpretato da un bravo Fassbender. Il risultato è un film complesso e sfaccettato, giocato sugli sguardi e sulla duplicità di quest'uomo tormentato da una vera e propria dipendenza. Il film è orientato verso un raggiungimento di consapevolezza e un tentativo di guarigione del protagonista che va di pari passo con una maggiore comunicazione e emotività soprattutto nei confronti della sorella, unico rapporto affettivo di Brandon.
[+]
"Shame" seconda regia di Steve McQueen è un film cupo e introspettivo sul dramma di un uomo malato di bulimia sessuale. Ambientato in una New York notturna e anonima , il regista lascia da parte facili giudizi e tratteggia quasi come in un documentario,la storia di Brandon, interpretato da un bravo Fassbender. Il risultato è un film complesso e sfaccettato, giocato sugli sguardi e sulla duplicità di quest'uomo tormentato da una vera e propria dipendenza. Il film è orientato verso un raggiungimento di consapevolezza e un tentativo di guarigione del protagonista che va di pari passo con una maggiore comunicazione e emotività soprattutto nei confronti della sorella, unico rapporto affettivo di Brandon.
Tuttavia il regista McQueen non lascia intravedere una risolvimento definitivo della vicenda che rimane sospesa trovando una chiave di senso forse nell'ambiguità dello sguardo e nella psicologia del protagonista.
Ottima fotografia
[-]
|
|
|
[+] lascia un commento a icutino »
[ - ] lascia un commento a icutino »
|
|
d'accordo? |
|
|
|
leonardo malaguti
|
sabato 11 febbraio 2012
|
troppa arte e poco cinema
|
|
|
|
Brandon, yuppie newyorkese rispettabile e di bell’aspetto convive segretamente (o quasi) con una patologica dipendenza dal sesso che gli impedisce di avere una vera vita. Un giorno gli piomba in casa la sorella, cantante complessata e tremendamente bisognosa di attenzioni che scombina completamente lo schematico scorrere della sua vita.
Steve McQueen prima di passare alla regia cinematografica era un video artista e si nota: tutto il film è montato su immagini evocative e figurativamente bellissime, curate nel minimo dettaglio, visivamente impressionanti (letteralmente). Troppo spesso però a ciò e ciò soltanto sembra ridursi. Il risultato è un film lento, manierato, la cui ricerca del momento scioccante e dell’inquadratura suggestiva, invece di rafforzare il crudo realismo che vorrebbe mettere in scena, lo indebolisce, lo edulcora involontariamente limitandolo ad una sequenza di monotone sebben brutali scene di sesso.
[+]
Brandon, yuppie newyorkese rispettabile e di bell’aspetto convive segretamente (o quasi) con una patologica dipendenza dal sesso che gli impedisce di avere una vera vita. Un giorno gli piomba in casa la sorella, cantante complessata e tremendamente bisognosa di attenzioni che scombina completamente lo schematico scorrere della sua vita.
Steve McQueen prima di passare alla regia cinematografica era un video artista e si nota: tutto il film è montato su immagini evocative e figurativamente bellissime, curate nel minimo dettaglio, visivamente impressionanti (letteralmente). Troppo spesso però a ciò e ciò soltanto sembra ridursi. Il risultato è un film lento, manierato, la cui ricerca del momento scioccante e dell’inquadratura suggestiva, invece di rafforzare il crudo realismo che vorrebbe mettere in scena, lo indebolisce, lo edulcora involontariamente limitandolo ad una sequenza di monotone sebben brutali scene di sesso. In Shame c’è troppa arte e poco cinema e McQueen è troppo artista e poco regista. Manca una concezione cinematografica dell’opera, non ce n’è la tempistica né la metodologia di narrazione organica della vicenda. La sceneggiatura sfiora solamente le tematiche trattate, si avverte spesso la mancanza di profondità nello scavo psicologico dei personaggi, come si avverte la debolezza dell’intreccio, che ingrana pianissimo, sembra a un certo punto raggiungere finalmente un climax per poi invece scemare nuovamente.
A coprire le falle però interviene Fassbender. La sua interpretazione è semplicemente sublime, quasi perfetta nella sua commistione di rabbia, dolore feroce, battaglia interiore, il suo Brandon è un fascio di nervi, una bomba a orologeria repressa dietro un fragile muro di irreprensibilità. A tutto ciò che manca del personaggio nella sceneggiatura Fassbender ovvia con il suo viso, con il suo corpo, con un’espressività sorprendente e, a differenza della regia, sotto le righe, per nulla manierata. Anche Carey Mulligan, nel ruolo di Sissy, spicca per credibilità e intensità e la sintonia tra i due attori è tangibile.
Un film discreto che poteva essere un ottimo film, ma che probabilmente è solo l’esordio di un regista promettente ma non ancora del tutto capace, valido soprattutto per le struggenti interpretazioni dei protagonisti.
Voto **1/2
[-]
[+] bravo
(di lem10)
[ - ] bravo
|
|
|
[+] lascia un commento a leonardo malaguti »
[ - ] lascia un commento a leonardo malaguti »
|
|
d'accordo? |
|
|
|
albet
|
sabato 11 febbraio 2012
|
corto-.circuito
|
|
|
|
McQueen prima di essere un regista è un artista visivo e da qui io partirei nell'interpretazione critica di questo film. I dialoghi sono scarni ed essenziali proprio perchè Shame è un film sulla solitudine e la fatica di vivere; sono le immagini che avvolgono e sostengono tutto l'apparato concettuale del film. E' una storia di persone, fratello e sorella,in forte difficoltà sul piano dei sentimenti che si rifugiano costruendosi una parvenza di vita sociale, con più o meno successo dal punto di vista materiale, cercando di aggirare l'inespresso dolore attraverso la pornografia e la sessualità compulsiva per il fratello, figura centrale della trama, ed anche negli illusori stereotipi urbani, come la vita bohemien nella grande metropoli, per la sorella.
[+]
McQueen prima di essere un regista è un artista visivo e da qui io partirei nell'interpretazione critica di questo film. I dialoghi sono scarni ed essenziali proprio perchè Shame è un film sulla solitudine e la fatica di vivere; sono le immagini che avvolgono e sostengono tutto l'apparato concettuale del film. E' una storia di persone, fratello e sorella,in forte difficoltà sul piano dei sentimenti che si rifugiano costruendosi una parvenza di vita sociale, con più o meno successo dal punto di vista materiale, cercando di aggirare l'inespresso dolore attraverso la pornografia e la sessualità compulsiva per il fratello, figura centrale della trama, ed anche negli illusori stereotipi urbani, come la vita bohemien nella grande metropoli, per la sorella. Guarda caso il clamore e le aspettative per le scene di sesso esplicito fiondano direttamente lo spettaotre dentro il mondo del protagonista maschile: la ricerca di un immaginario sessuale ipertrofico.La fotografia nitida e iper-reale rende benissimo l'idea del mondo fittizio che il protagonista si crea per mimetizzarsi nel caos esistenziale in cui vive. Una rappresentazione concettuale molto raffinata che cerca di portare al disvelamento di conflitti esistenziali molto profondi, molto laceranti ma assolutamente negati ufficialmente da tutti, o quasi..., nel mondo della felicità e dell'io ipertrofico che ci sta schiacciando au jour d'hui. A mio parere il lavoro del regista è un po' più ampio di quello che si può credere, è una specie di corto-circuito , un ribaltamento di prospettiva, non è lo spettatore che guarda, è il regista che gli mostra chi lui è e perchè ha pagato il prezzo del biglietto........e va dritto dritto al nocciolo della questione.
[-]
|
|
|
[+] lascia un commento a albet »
[ - ] lascia un commento a albet »
|
|
d'accordo? |
|
|
|
pepito1948
|
lunedì 20 febbraio 2012
|
deludente e banale
|
|
|
|
“ Volevo riflettere sul fatto che tutta la libertà di oggi talvolta si trasforma in una vera e propria prigione”. McQueen riassume così l’idea di fondo del film: la nostra libertà di azione spesso ci spinge a rinchiuderci dentro un recinto da cui resta difficile uscire, si chiami anaffettività o disperato bisogno di calore umano. Ogni dipendenza è una prigione, anche se tentiamo di venirne fuori sbattendo freneticamente contro le pareti come una mosca contro il vetro di una finestra. Il film si snoda su un doppio binario tematico, la sessomania di Brandon e la disperata carenza affettiva di Sissi. Naturalmente si tratta di “convergenze parallele” perché i due temi interagiscono in un contesto familiare.
[+]
“ Volevo riflettere sul fatto che tutta la libertà di oggi talvolta si trasforma in una vera e propria prigione”. McQueen riassume così l’idea di fondo del film: la nostra libertà di azione spesso ci spinge a rinchiuderci dentro un recinto da cui resta difficile uscire, si chiami anaffettività o disperato bisogno di calore umano. Ogni dipendenza è una prigione, anche se tentiamo di venirne fuori sbattendo freneticamente contro le pareti come una mosca contro il vetro di una finestra. Il film si snoda su un doppio binario tematico, la sessomania di Brandon e la disperata carenza affettiva di Sissi. Naturalmente si tratta di “convergenze parallele” perché i due temi interagiscono in un contesto familiare. Brandon e Sissi sono fratelli, ed il loro incontro improvviso si trasforma in un lacerante conflitto. La domanda di sentimenti, di attenzioni, di interesse per la propria vita (con annessi ricatti) dell’una non trova riscontro nell’offerta pressoché inesistente dell’altro. Brandon è malato di sesso,e in quanto tale è privo di sensibilità emotiva, non “vede” le donne pur compiacenti se non come oggetto di sfogo dei sensi, e pertanto anche la sorella, in quanto donna, è più un elemento di disturbo che di arricchimento interiore. I movimenti dei due contendenti sono però inversi: se Brandon tende a lasciarsi cadere verso l’inferno del più totale degrado, Sissi cerca di elevarsi dal deserto emotivo del suo io nello spasmodico tentativo di aggrapparsi ad un rapporto che non promette sviluppi evolutivi. Solo un evento estremo ridarà un’identità rigenerativa ad entrambi. Bisogna riconoscere a Steve McQeen il merito di aver costruito una confezione raffinata, che si esprime in immagini impeccabili nella descrizione sia degli interni sia di una città fredda e vitrea come il protagonista. Ma questo non basta a compensare i limiti di un prodotto largamente imperfetto che non emoziona e non trascina. Il tema della dipendenza di Brandon è sviluppato attraverso un armamentario scontato di rapporti fugaci, masturbazioni, pornografia via internet, agganci in metropolitana e quant’altro, senza un approfondimento psicologico adeguato che la gravità della malattia, ormai quasi una piaga sociale, meriterebbe. Né aiutano i dialoghi, spesso poveri e banali, come nel rapporto con la ragazza di colore, così come è prevedibile il finale fin dalla prima scena (l’uomo che, ravvedendosi, rifiuta l’ultima tentazione). Qualche briciolo di pathos (per il resto grande assente) regala invece lo scontro tra i due fratelli, la cui dinamica a tinte forti attira più che le performance di sesso a perdere; ma il cinema è pieno di storie di scontri familiari tra richieste e rifiuti di amore o affetti, anche se per lo più confinati nei rapporti tra genitori e figli. Quindi anche qui niente di nuovo sotto il sole. Restano alcuni frammenti apprezzabili, come la struggente interpretazione di New York,new York da parte di Sissi, ma sono isolate palline di vetro colorato tra tante biglie opache di plastica. Riguardo infine alla coppa Volpi di Fassbender, belloccio assai ma attore appena discreto, viene da chiedersi: quale riconoscimento per confronto avrebbero dovuto assegnare ai vari Hopkins, De Niro, Penn, Streep per le loro migliori interpretazioni se non una torre Eiffel d’oro massiccio? Insomma un film deludente di un regista emergente e certamente interessante, da cui è lecito tuttavia aspettarsi ben altre prove all’altezza del suo talento.
[-]
|
|
|
[+] lascia un commento a pepito1948 »
[ - ] lascia un commento a pepito1948 »
|
|
d'accordo? |
|
|
|
james oogway
|
domenica 1 luglio 2012
|
schiavitù dell'uomo contemporaneo
|
|
|
|
Il secondo film della coppia McQueen-Fassbender supera con coraggio ciò che di buono era già stato mostrato con Hunger. Persiste sempre la volontà di costringere lo spettatore ad osservare, e non solo guardare, tutta l’immagine a disposizione; tuttavia la forse eccessiva lentezza e mancanza di trattazione del primo lavoro vengono superate da pochi e taglienti dialoghi che mai permettono allo spettatore di assumere un atteggiamento di sufficienza. Come sempre con McQueen, la visione non è semplice e si richiede allo spettatore (ed alla spettatrice forse di più) un atto di elaborazione alla Strehler cui non siamo più abituati e che, grazie ad una sempre obiettività ragionata del regista irlandese, riesce a non scadere nel banale/volgare nonostante il tema trattato.
[+]
Il secondo film della coppia McQueen-Fassbender supera con coraggio ciò che di buono era già stato mostrato con Hunger. Persiste sempre la volontà di costringere lo spettatore ad osservare, e non solo guardare, tutta l’immagine a disposizione; tuttavia la forse eccessiva lentezza e mancanza di trattazione del primo lavoro vengono superate da pochi e taglienti dialoghi che mai permettono allo spettatore di assumere un atteggiamento di sufficienza. Come sempre con McQueen, la visione non è semplice e si richiede allo spettatore (ed alla spettatrice forse di più) un atto di elaborazione alla Strehler cui non siamo più abituati e che, grazie ad una sempre obiettività ragionata del regista irlandese, riesce a non scadere nel banale/volgare nonostante il tema trattato. L’eros tormenta Fassbender che, grazie all’interpretazione estremamente verosimile ci costringe a immaginare se egli stesso in realtà fosse il soggetto primordiale della sceneggiatura, vive il proprio essere erotomane non più come metafora del reale ma come la realtà stessa. Siamo infatti di fronte al realismo più attuale, prosecuzione in chiave anglofona di un neorealismo che con il passare del tempo si era perso nelle distinzioni di classe la dimensione umana della trattazione cinematografica. La pellicola infatti ci mostra, forse per la prima volta, la vulnerabilità dell’uomo moderno nei confronti di una mercificazione del corpo e che, svuotato di ogni valore, non riesce a trovare un significato alla sua assenza. Intrecciato su due filoni principali, sesso e fraternità, la sceneggiatura si dipana in maniera parallela e priva di quei trucchi da blockbuster statunitense ai quali troppo siamo abituati grazie anche ad una Carey Mulligan che aggiunge quel tocco di femminile violenza tale da rendere il tutto equilibrato nel suo squilibrio. In una New York cupa e desolata, dove il contatto umano metropolitano è solo violento e cinico, dove la cupezza del cielo riflette la mancanza di prospettive dei personaggi, è difficile ravvisare il tentativo, additato da alcuni critici, di individuare… Una menzione particolare ricevono infine gli unici momenti musicali che proprio per il fatto di essere tanto rari sottolineano la gravità della situazione colpendo lo spettatore come un pugno ma dandogli l’impressione di una dolce carezza, fine ultimo della pellicola.
[-]
|
|
|
[+] lascia un commento a james oogway »
[ - ] lascia un commento a james oogway »
|
|
d'accordo? |
|
|
|
amandagriss
|
mercoledì 17 aprile 2013
|
come è dolce e sì dolente naufragar in questo mar
|
|
|
|
Brandon è un erotomane,un affamato di sesso,che soddisfa regolarmente ogni giorno più volte al giorno da solo,in compagnia di prostitute,via internet,attraverso incontri fortuiti,in club a luci rosse,in alberghi poco discreti,in appartamenti di dubbia moralità.Ricerca spasmodica del piacere sessuale la sua,divenuta vera e propria dipendenza,che lo ha reso prigioniero consapevole della sua ossessione,malato senza remissione di un subdolo morbo al punto da non riuscire ad allacciare rapporti interpersonali se non a un livello superficiale e,con le donne,non oltre l'intimo contatto fisico.All’apparenza è un giovane ‘normale’, prestante,sano,socialmente integrato,libero,autonomo economicamente,ma dentro è un impotente sentimentale,un disaddattato emotivo,un eremita introspettivo: la lucida consapevolezza della sua condizione lo lacera nel profondo,infliggendogli insondabili sofferenze,che tiene ben nascoste.
[+]
Brandon è un erotomane,un affamato di sesso,che soddisfa regolarmente ogni giorno più volte al giorno da solo,in compagnia di prostitute,via internet,attraverso incontri fortuiti,in club a luci rosse,in alberghi poco discreti,in appartamenti di dubbia moralità.Ricerca spasmodica del piacere sessuale la sua,divenuta vera e propria dipendenza,che lo ha reso prigioniero consapevole della sua ossessione,malato senza remissione di un subdolo morbo al punto da non riuscire ad allacciare rapporti interpersonali se non a un livello superficiale e,con le donne,non oltre l'intimo contatto fisico.All’apparenza è un giovane ‘normale’, prestante,sano,socialmente integrato,libero,autonomo economicamente,ma dentro è un impotente sentimentale,un disaddattato emotivo,un eremita introspettivo: la lucida consapevolezza della sua condizione lo lacera nel profondo,infliggendogli insondabili sofferenze,che tiene ben nascoste.L’improvvisa incursione della sorella Sissy(con cui condivide un torbido segreto)finirà con l’innescare una precipitosa discesa all’inferno per entrambi,infliggendo il colpo di grazia alla sua già agonizzante dignità di persona(più apprezzabile della dignità di chi vive una doppia vita,nell'assoluta tranquillità e pace interiori,senza rimorso alcuno,senza dolore e tormento,dividendosi tra il ruolo del marito premuroso e padre affettuoso e quello dell’amante occasionale,come il capo e ‘amico’ di Brandon).Steve McQuenn cala il suo protagonista in una New York anomala,non più terra promessa,grande mela da addentare,emblema del glamour e dello sfavillìo spumeggiante di felici esistenze ruggenti ma una città decadente,tetra,svuotata del proprio caratteristico caos.È la proiezione della sua anima.La sua ombra.Gli fa da sfondo,sempre filmata in relazione a lui,al suo vissuto.Non le è resa nessuna panoramica,nessuna inquadratura solista; è silente presenza in quella in cui rientra(al millimetro)l'attore.Di lei non ci giungono che frammenti: nebbiosa dietro le vaste vetrate di un hotel sul fiume Hudson,coi suoi marciapiedi deserti a notte fonda per un improvvisato-salvifico jogging, unica testimone del momento massimo di disperazione sulla banchina del molo.Una New York afflitta,la sola possibile,come il canto triste a lei dedicato,eseguito a fil di voce da Sissy.Il regista lascia al flusso delle immagini il ruolo di voce narrante,capaci di toccare vette di grande lirismo―straordinaria è la scena iniziale dove eloquenti sguardi s'incrociano nel treno in corsa della metropolitana―,e alla sensibilità dello spettatore un vasto raggio d'azione(incluso lo splendido finale aperto).Non è un'indagine psicologica ma la contemplazione di ciò che oggi,adesso,sono Brandon e Sissy.Coraggiose sospensioni/dilatazioni di ritmo(andante,fluido,avvolgente)e narrazione accrescono la tensione già forte e creano(volutamente)un ‘certo fastidio’ da parte del pubblico ‘che sta a guardare’,essendo momenti visivamente insostenibili,che la ‘logica cinetica’ del cinema decurterebbe.Pellicola elegante,sensuale,fredda nella messa in scena ma perturbante nei contenuti.Fotografia plumbea e tonalità di colore tendenti al blu(il blu come malinconia,tristezza).Minimalismo formale scarnificato,riflesso inequivocabile del vuoto emotivo/affettivo del protagonista.Tragedia moderna che declina al presente i concetti di schiavitù e solitudine,che trasforma un intimo dolore autolesionistico in un sentire universale.Splendido.
[-]
|
|
|
[+] lascia un commento a amandagriss »
[ - ] lascia un commento a amandagriss »
|
|
d'accordo? |
|
|
|
jacopo b98
|
giovedì 22 agosto 2013
|
un'opera coraggiosa con un grande fassbender
|
|
|
|
A New York, Brandon (Fassbender) lavora in un’azienda ed è un uomo di successo, è discretamente bello e molto affascinante. Ma è profondamente infelice: è infatti un maniaco sessuale, è malato di sesso, si masturba a casa e in ufficio, va a letto con tutte le sue conquiste serali, frequenta prostitute, organizza orge, guarda video porno mentre mangia cena. Nonostante ciò non riesce a intrattenere una relazione, non riesce ad avere un rapporto fisso con una donna, proprio a causa della sua dipendenza. L’arrivo della sorella Sissy (Mulligan) lo sconvolgerà, ma servirà una tragedia a cambiarlo e guarirlo. Forse. È il secondo film dell’afroamericano McQueen ed il secondo con Fassbender protagonista, dopo Hunger (2008, ma in Italia è uscito dopo Shame, proprio per il successo di pubblico, critica e scandalo di quest’ultimo).
[+]
A New York, Brandon (Fassbender) lavora in un’azienda ed è un uomo di successo, è discretamente bello e molto affascinante. Ma è profondamente infelice: è infatti un maniaco sessuale, è malato di sesso, si masturba a casa e in ufficio, va a letto con tutte le sue conquiste serali, frequenta prostitute, organizza orge, guarda video porno mentre mangia cena. Nonostante ciò non riesce a intrattenere una relazione, non riesce ad avere un rapporto fisso con una donna, proprio a causa della sua dipendenza. L’arrivo della sorella Sissy (Mulligan) lo sconvolgerà, ma servirà una tragedia a cambiarlo e guarirlo. Forse. È il secondo film dell’afroamericano McQueen ed il secondo con Fassbender protagonista, dopo Hunger (2008, ma in Italia è uscito dopo Shame, proprio per il successo di pubblico, critica e scandalo di quest’ultimo). È un film desolante, triste e grigio. E non parliamo solo dei colori della fotografia, bensì del colore che il film lascia nello spettatore: è un film sconvolgente quest’opera sulla dipendenza dal sesso. E qui si pone la domanda: quanto c’è di erotico nelle numerose scene di sesso e nudo (incluso quello frontale di Fassbender all’inizio)? Ben poco. La sequenze sessuali sono girate, come tutto, con occhio distaccato e l’ultima orgia, muta, con Brandon insieme alle due prostitute, è priva totalmente di erotismo, anzi, è la sua depravazione. C’è solo la musica, che fa contorno alla vera protagonista della scena e del film: la disperazione, che è dovunque. Commovente, ricco di sequenze memorabili (la corsa verso casa finale e soprattutto il ritrovamento della sorella moribonda in un lago di sangue). McQueen non commenta, si astiene dal giudicare: mostra e basta. Estrema cura nella scelta delle inquadrature che impreziosiscono un’opera di notevole valore. Fassbender, Coppa Volpi a Venezia 68, ci regala un’interpretazione da Oscar, premio a cui non fu neanche nominato. Sua degna compagna e complice è la Mulligan, all’ennesima dimostrazione di bellezza e talento. Magnifica colonna sonora musicale, che alterna pezzi originali (composti da Harry Escott) a brani classici (Bach).
[-]
[+] precisiamo
(di irene)
[ - ] precisiamo
|
|
|
[+] lascia un commento a jacopo b98 »
[ - ] lascia un commento a jacopo b98 »
|
|
d'accordo? |
|
|
|