Dog Sweat

Film 2010 | Drammatico 90 min.

Regia di Hossein Keshavarz. Un film con Ahmad Akbarzadeh, Tahereh Esfahani, Bagher Forohar, Shahrokh Taslimi, Rahim Zamani. Genere Drammatico - Iran, 2010, durata 90 minuti. - MYmonetro 3,00 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

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Ultimo aggiornamento lunedì 11 ottobre 2010

Incompresi dalle famiglie e incapaci di vivere in una società troppo tradizionalista, sei giovani iraniani cercano di dare sfogo ai loro desideri.

Consigliato sì!
3,00/5
MYMOVIES 3,00
CRITICA
PUBBLICO 3,00
CONSIGLIATO SÌ
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Cinema
Trailer
Opera clandestina che allarga lo sguardo sulla gioventù iraniana.
Recensione di Edoardo Becattini
domenica 31 ottobre 2010
Recensione di Edoardo Becattini
domenica 31 ottobre 2010

Le vite di sei giovani nella Teheran di oggi accomunati da legami di sangue o di amicizia. Un gruppo di amici in cerca di trasgressione interrompe bruscamente i bagordi quando uno di questi scopre che la propria madre è rimasta coinvolta in un incidente provocato dai fondamentalisti. Una ragazza vorrebbe emanciparsi dal proprio ruolo di subordinazione in famiglia ma la relazione clandestina con un parente sposato le impedisce di compiere l'ultimo passo. Nel frattempo, suo fratello, studente di cinema da poco rientrato in Iran, intraprende una storia con una sua amica ma vive il problema di non avere un luogo per stare da solo con lei. Un omosessuale con una relazione stabile non riesce a contrastare le decisioni della madre di vederlo sposato e decide di accettare un matrimonio combinato con un'aspirante cantante, la quale a sua volta non trova il modo di registrare e distribuire i suoi pezzi a causa del regime repressivo. Accanto ai Gatti persiani di Bahman Ghobadi e ai Green Days raccontati dalla giovani Hana Makhmalbaf, il film dell'esordiente Hossein Keshavarz contribuisce a disegnare i contorni dell'"animale" giovanile invisibile dell'Iran contemporaneo. Grazie alla leggerezza e al mimetismo delle videocamere digitali, ognuna di queste opere contribuisce a testimoniare il fermento culturale e la resistenza giovanile girando clandestinamente in luoghi appartati o in situazioni a rischio. Diversamente però sia dal contesto sotterraneo della scena musicale rock de I gatti persiani che dal documento partigiano e metalinguistico sul movimento verde e la sanguinosa repressione delle elezioni del 2009 della più giovane Makhmalbaf, Dog Sweat (termine slang per indicare i superalcolici illegali e, più estensivamente, il desiderio di trasgressione giovanile) sceglie una via intermedia, forse la più difficile da percorrere, fra realismo sociale ad ampio raggio e finzione programmatica. Attraverso la narrazione multipla, Keshavarz allarga il campo delle generazioni coinvolte (si va dalle turbe adolescenziali ai dilemmi degli adulti) e quindi il tentativo di descrizione della cultura repressiva dell'Iran di Ahmadinejad. Il buon ritmo di montaggio e la naturale costruzione di certe situazioni si fanno perdonare l'eccessivo schematismo del progetto (ogni personaggio è un emblema delle varie cause persecutorie del regime), ma è soprattutto la capacità di ribaltare i limiti naturali della produzione in pregi formali a dare valore all'esperimento. Dog Sweat ha il merito, volontariamente e meno non è importante, di riuscire a trasmettere in ogni inquadratura il senso clandestinità e la pesante atmosfera furtiva e precaria delle sue condizioni di ripresa. Com'è ovvio, tale forza civile e testimoniale è indirettamente proporzionale a qualunque possibilità di ulteriore lettura, di possibile stratificazione che non sia visibile in presa diretta. Ma è il messaggio di Keshavarz a superare la durata del film: un messaggio finale che manifesta una spiccata preferenza verso il destino dei più giovani, la cui spinta alla fuga e a non rinunciare al diritto ad amare rappresentano l'unica prospettiva possibile per il paese.

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