job8
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venerdì 11 aprile 2008
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tagliente, coinvolgente, emozionante.
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Era da diverso tempo che andando al cinema le mie palpebre non raggiungevano un così basso numero di sbattimenti al minuto.
Il film di Virzì è forte e valido sia nel "cosa" che nel "come".
La regia nervosa e accattivante procede attraverso una trama non scontata, pur decisamente conseguenziale, descrivendo mirabilmente i personaggi stereotipati, ma sfaccettati e credibili, e toccando in maniera coinvolgente un tema così sensibile dei nostri tempi.
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michele
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giovedì 10 aprile 2008
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un film disonesto
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Il film di Virzì, onestamente, lascia perplessi. Con tanto rumore pubblicitario, il pubblico italiano ha incoronato al botteghino questa pellicola, molta la critica entusiasta. Eppure, personalmente, il film non mi ha convinto.
Se da un lato è innegabile il ritmo e l'aggressività registica di Virzì (stupendo il lavoro sulle location e sulle scenografie), dall'altro è evidente che l'opera - che vorrebbe essere un mix tra fiaba, grottesco, dramma (persino "tragedia") - è squilibrata. Ci sono, soprattutto nella seconda parte, sbalzi di tono, scossoni registici e sottolineature eccessive. Prendiamo i personaggi: tutti troppo esemplari per non essere i soliti cliché (il capo azienda lampadato con la moglie che si rifà le tette, la Ferilli bisognosa d'amore che se la fa col capo, l'amica-ragazza madre che perde il lavoro e subito si prostituisce, Elio Germano il rappresentante con scompensi caratteriali, la Bambina piccola motivo di gioia per chi le sta intorno, etc).
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Il film di Virzì, onestamente, lascia perplessi. Con tanto rumore pubblicitario, il pubblico italiano ha incoronato al botteghino questa pellicola, molta la critica entusiasta. Eppure, personalmente, il film non mi ha convinto.
Se da un lato è innegabile il ritmo e l'aggressività registica di Virzì (stupendo il lavoro sulle location e sulle scenografie), dall'altro è evidente che l'opera - che vorrebbe essere un mix tra fiaba, grottesco, dramma (persino "tragedia") - è squilibrata. Ci sono, soprattutto nella seconda parte, sbalzi di tono, scossoni registici e sottolineature eccessive. Prendiamo i personaggi: tutti troppo esemplari per non essere i soliti cliché (il capo azienda lampadato con la moglie che si rifà le tette, la Ferilli bisognosa d'amore che se la fa col capo, l'amica-ragazza madre che perde il lavoro e subito si prostituisce, Elio Germano il rappresentante con scompensi caratteriali, la Bambina piccola motivo di gioia per chi le sta intorno, etc). Il tono è troppo attaccato alla realtà per essere un contrappunto comico nel contesto del film (possibile che tutte le telefoniste siano un gruppo di galline piagniucolone?) e soprattutto troppe sottolineature (i troppi finali che tirano le fila: prima la tragedia, prima la madre, poi la vecchina) e escamotage di scrittura che non c'entrano col tema (l'omicidio, la pazzia della Ferilli, il tumore della madre della protagonista -davvero gratuito-, l'incidente in macchina). Il tema è sacrosanto, ma Virzì usa tutti gli strumenti più facili e aggressivi (e quindi non credibili) per arrivare a fare la sua moralina. Anche se, bisogna ammetterlo, il regista sa dirigere molto bene gli attori.
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orfeo
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mercoledì 9 aprile 2008
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molto meglio di quanto mi aspettassi
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Sicuramente lo spettatore medio è prevenuto visto che 9 volte su 10 sia i film per il cinema che le fiction di produzione italiane fanno letteralmente schifo. Io stesso temevo la solita accozzaglia di luoghi comuni e invece ho trovato un buon film che descrive un argomento molto drammatico confezionato come una commedia. I momenti drammatici e/o di riflessione sono sapientemente alternati a quelli più divertenti e il film riesce a raccontare la realtà del mondo del precariato con tutte le sue sfumature ma senza deprimere coloro che la vivono
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patmartel
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mercoledì 9 aprile 2008
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precari sotto la lente dolce amara ma mai banale
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GRANDE VIRZI' DOLCE AMARO ALLEGRO MA MAI BANALE O SCONTATO, AMMIRO LA SUA ONESTA' INTELLETTUALE CHE SI RIFLETTE SU TUTTI I SUOI FILMS. FILM OTTIMO
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elena milano
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mercoledì 9 aprile 2008
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angosciante,ma attento!!!
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IERI HO VISTO IL FILM...E' ANGOSCIANTE,MA TRAGICAMENTE REALISTICO PERCHE' E' LA NOSTRA PICCOLA E SQUALLIDA ITALIA AD ESSERE ANGOSCIANTE...IO NON SONO ANCORA LAUREATA,SONO ISCRITTA IN LETTERE CLASSICHE E MI STO TOGLIENDO LA VITA PER CERCARE DI RAGGIUNGERE QUESTO TRAGUARDO,MA DOPO???C'E' SOLO UN GROSSO PUNTO INTERROGATIVO NELLA MIA VITA...NEL FILM E' DESCRITTO BENISSIMO IL MONDO UNIVERSITARIO,IL BARONAGGIO UNIVERSITARIO..ALL'UNIVERSITA' IN ITALIA ENTRI SOLO SE SEI "FIGLIO DI..." O "NIPOTE DI..."...IL TUTTO E' ESTREMAMENTE TRISTE...STRUGGENTI ALCUNE SCENE,COME QUELLA DELLA NONNA CHE PARLA DELLA NIPOTE E QUELLA DELLA MORTE DELLA MADRE...PER IL RESTO,APPARTE LA TEMATICA CHE E' INTERESSANTE,IL FILM NON MI E' PIACIUTO MOLTISSIMO,MI ASPETTAVO DI PIU' DALLA FERILLI.
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IERI HO VISTO IL FILM...E' ANGOSCIANTE,MA TRAGICAMENTE REALISTICO PERCHE' E' LA NOSTRA PICCOLA E SQUALLIDA ITALIA AD ESSERE ANGOSCIANTE...IO NON SONO ANCORA LAUREATA,SONO ISCRITTA IN LETTERE CLASSICHE E MI STO TOGLIENDO LA VITA PER CERCARE DI RAGGIUNGERE QUESTO TRAGUARDO,MA DOPO???C'E' SOLO UN GROSSO PUNTO INTERROGATIVO NELLA MIA VITA...NEL FILM E' DESCRITTO BENISSIMO IL MONDO UNIVERSITARIO,IL BARONAGGIO UNIVERSITARIO..ALL'UNIVERSITA' IN ITALIA ENTRI SOLO SE SEI "FIGLIO DI..." O "NIPOTE DI..."...IL TUTTO E' ESTREMAMENTE TRISTE...STRUGGENTI ALCUNE SCENE,COME QUELLA DELLA NONNA CHE PARLA DELLA NIPOTE E QUELLA DELLA MORTE DELLA MADRE...PER IL RESTO,APPARTE LA TEMATICA CHE E' INTERESSANTE,IL FILM NON MI E' PIACIUTO MOLTISSIMO,MI ASPETTAVO DI PIU' DALLA FERILLI...OTTIMA INVECE L'INTERPRETAZIONE DELLA RAMAZZOTTI...IL MIO VOTO E' 7
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robmamba
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mercoledì 9 aprile 2008
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la nsotra italiaetta
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Virzì non presenta originalità nelle sue storie, ma il modo come le racconta e come sono interpretate è sublime.Un ritratto della nsotra Italietta quella dei precari,dei capoazienda più tristi dei precari,delle nonne che sono sempre le più calorose del mondo.
Gli attori sono tutti bravissimi,la Ferilli in particolar modo, le situazioni sono maledettamente reali il tutto ambientato nelle periferie di roma quelle che stanno ancora finendo di costruire, questi residence futuristici,ma freddi architettonicamente.Virzì non poteva scegliere teatro migliore per questa storia.
La Vera commedia Italiana, è proprio vero, non ci scoccia mai, con l'umorismo che và al di sopra dei nostri problemi reali.
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Virzì non presenta originalità nelle sue storie, ma il modo come le racconta e come sono interpretate è sublime.Un ritratto della nsotra Italietta quella dei precari,dei capoazienda più tristi dei precari,delle nonne che sono sempre le più calorose del mondo.
Gli attori sono tutti bravissimi,la Ferilli in particolar modo, le situazioni sono maledettamente reali il tutto ambientato nelle periferie di roma quelle che stanno ancora finendo di costruire, questi residence futuristici,ma freddi architettonicamente.Virzì non poteva scegliere teatro migliore per questa storia.
La Vera commedia Italiana, è proprio vero, non ci scoccia mai, con l'umorismo che và al di sopra dei nostri problemi reali.
Inviterei SILVIO BERLUSCONI a vedere questo film!
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fiorents
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martedì 8 aprile 2008
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what will i be?
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Quando ero giovane chiesi a mia madre: cosa diventerò? Sarò bella? Sarò ricca? E questo lei mi disse: mia cara bambina tu sarai una precaria… tu sarai una precaria; si perde non poco l’entusiasmo per il futuro, si perde non poco la poesia, si acquista solo incertezza e sconforto.
È questo ciò di cui parla il film di Virzì: la precarietà, la società che non vede i giovani al centro dello sviluppo, la situazione italiana portata alle estreme conseguenze per mostrare il modo chiaro e diretto ciò a cui la nostra società ci sta conducendo.
Il film si apre con una aperta critica al mondo universitario; siamo in una sessione di laurea, da una parte lei: Marta giovane e vitale che sta esponendo la sua tesi, dall’altra i professori, che a guardarli sembra di stare al museo delle cere, vecchie cariatidi che si reggono a malapena in piedi a mostrare come il mondo accademico sia chiuso e morente.
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Quando ero giovane chiesi a mia madre: cosa diventerò? Sarò bella? Sarò ricca? E questo lei mi disse: mia cara bambina tu sarai una precaria… tu sarai una precaria; si perde non poco l’entusiasmo per il futuro, si perde non poco la poesia, si acquista solo incertezza e sconforto.
È questo ciò di cui parla il film di Virzì: la precarietà, la società che non vede i giovani al centro dello sviluppo, la situazione italiana portata alle estreme conseguenze per mostrare il modo chiaro e diretto ciò a cui la nostra società ci sta conducendo.
Il film si apre con una aperta critica al mondo universitario; siamo in una sessione di laurea, da una parte lei: Marta giovane e vitale che sta esponendo la sua tesi, dall’altra i professori, che a guardarli sembra di stare al museo delle cere, vecchie cariatidi che si reggono a malapena in piedi a mostrare come il mondo accademico sia chiuso e morente. Talmente tanto chiuso che non basta neanche esserne usciti cum laude per essere accettati e per rimanervi, anche se pagati solo poco più di trecento euro. Così la protagonista, Marta, si ritrova a lavorare in un call center, precaria; e sia lei, sia le altre ragazze che lavorano lì non si riescono a rendere conto di quanto sia grave la loro precarietà e del tipo di “lavaggio del cervello” che i loro trainer, i loro capi gli stanno facendo. È così che nella storia entra un sindacalista coerente negli ideali ma non troppo nella vita che cerca di aiutarle, ma finirà per creare solo problemi, specialmente alla coinquilina di Marta, una giovane ragazza madre che, è evidente, ha qualche problema con il senso di responsabilità, perché figlia di una società cresciuta con i reality e senza cultura. Alla Multiple la legge del più forte domina, la concorrenza è spietata: ti denuda per umiliarti, ti fa urlare, impazzire, sbraitare e ti fa arrabbiare; ma il sistema non cambia; ma il sistema non lo cambi perché ce n’è già un altro come te dietro pronto a sostituirti se non rendi abbastanza o se perdi il controllo. È il precariato, è il futuro dei giovani, è l’Italia. E il mondo balla nel film, ogni cosa ha un suo suono, ha una sua musica e le persone, i lavoratori, devono comprenderne il ritmo, ma mica è facile… Marta non sembra mai a suo agio nei balletti incitatori dell’azienda per cui lavora, Marta non è mai a suo agio in quel posto…ma infondo capire il ritmo delle cose e uniformarcisi è poi giusto? Non è meglio un valzer solitario con la propria madre che quello frenetico di un luogo e di una società competitiva e spietata? Ma infondo è tutta filosofia: politica dei call center, Grandi Fratelli e Heidegger si uniscono in uno strano agglomerato che serve a definire i contorni della nostra società, ma questi contorni non ci vengono raccontati nel film, come se ci fosse impossibile coglierli del tutto. Alla fine tutto scoppia in un caos che fa sorgere un sorriso amaro perchè infondo non è un happy end, perché c’è tutta una vita di precarietà ancora davanti purtroppo.
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alberto g
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martedì 8 aprile 2008
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non ci credo
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impressione totalmente negativa del nuovo lavoro di Virzì. Pur conservando una ammirata capacità di fare cinema, l'argomento trattato mi lascia perplesso.
Rappresentare il mondo del lavoro precario in quell'ambiente non corrisponde a verità; certo in italia ci saranno due o tre Call Center di quel tipo, ma quello preso ad esempio è più un'associazione a frodare che lavoro, poteva ambientare il film negli uffici di Vanna Marchi, il risultato sarebbe stato più divertente.
Oggi un regista con le capacità di Virzì dovrebbe scandagliare il mondo del lavoro parassita, nella RAI, negli Enti di Stato dove sicuramente esistono personaggi del tipo rappresentato dai "carnefici" Ferilli e Ghini che provocano danni ben maggiori sia ai loro dipendenti che alla società.
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impressione totalmente negativa del nuovo lavoro di Virzì. Pur conservando una ammirata capacità di fare cinema, l'argomento trattato mi lascia perplesso.
Rappresentare il mondo del lavoro precario in quell'ambiente non corrisponde a verità; certo in italia ci saranno due o tre Call Center di quel tipo, ma quello preso ad esempio è più un'associazione a frodare che lavoro, poteva ambientare il film negli uffici di Vanna Marchi, il risultato sarebbe stato più divertente.
Oggi un regista con le capacità di Virzì dovrebbe scandagliare il mondo del lavoro parassita, nella RAI, negli Enti di Stato dove sicuramente esistono personaggi del tipo rappresentato dai "carnefici" Ferilli e Ghini che provocano danni ben maggiori sia ai loro dipendenti che alla società.
Comunque se la nostra sinistra guarda al mondo del lavoro con l'ottica di Virzì siamo fritti.
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alice
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martedì 8 aprile 2008
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bellissimo!
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finalmente un bel film!chi ha un'età come la mia,31 anni, si identifica,tragicamente, nella povera ingenua Marta,nella speranza della laurea,nella disillusione della relatà, e nell'accettazione del lavoro come strumento per sopravvivere...due ore in cui ho potuto rivivere l'angoscia della ricerca del lavro, ma anche la solitudine di chi non si identifica nei non valori di oggi, e che quindi sis ente tagliato fuori...
lo consiglio a tutti!
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markerbet
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martedì 8 aprile 2008
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tutta la viata davanti
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Viene utilizzato il cinema per portare alla ribalta il problema del precariato. Probabilmente lo scopo è stato raggiunto con efficacia ma tutto il resto è veramente da buttare. Per quello strumentale realismo fasullo, per quella gran fastidiosa cagnara che pervade tutto il film e per il solito binomio di derivazione italocattolica per cui il povero è nobile ed il ricco no (vedi Miseria e Nobiltà). Il binomio in questo caso per compiacere il popolazzo diventa semplicisticamente un trinomio, per cui il povero non solo è nobile ma ora anche positivamente istruito ed il ricco non solo è vigliacco ma è anche della ignoranza più becera. Non ha caso a Massimo Ghini viene fatto dire “Brutus filius mius” e non “Brute fili mi”.
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Viene utilizzato il cinema per portare alla ribalta il problema del precariato. Probabilmente lo scopo è stato raggiunto con efficacia ma tutto il resto è veramente da buttare. Per quello strumentale realismo fasullo, per quella gran fastidiosa cagnara che pervade tutto il film e per il solito binomio di derivazione italocattolica per cui il povero è nobile ed il ricco no (vedi Miseria e Nobiltà). Il binomio in questo caso per compiacere il popolazzo diventa semplicisticamente un trinomio, per cui il povero non solo è nobile ma ora anche positivamente istruito ed il ricco non solo è vigliacco ma è anche della ignoranza più becera. Non ha caso a Massimo Ghini viene fatto dire “Brutus filius mius” e non “Brute fili mi”. Una fastidiosa cantilena poi la voce fuori campo di Laura Morante. Peccato per Paolo Virzì l’ autore della “la bella vita”, uno dei più bei film italiani di sempre, ma utilizzare in fretta e furia e solo strumentalmente il linguaggio cinematografico può portare a risultati senz’altro efficaci ma cinematograficamente penosi. o
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[+] "non ha caso"?
(di ghini)
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